Conto alla rovescia per l’entrata in vigore dell’obbligo di fattura elettronica. Tra privati, dal prossimo 1° gennaio, sarà necessario usare la nuova fatturazione digitale che prenderà il posto di quella di carta.
Non tutti però sono pronti. Anzi, la novità si sta trasformando in un grande caos che ha messo in allarme piccoli imprenditori e partite Iva (complice anche il breve margine di tempo per adattarsi alle nuove disposizioni).
Da gennaio saranno costretti a nuovi adempimenti e, alla fine, a più complicazioni. «Le difficoltà maggiori le incontreranno i più piccoli, che senza una adeguata assistenza saranno i meno preparati a gestire la novità in arrivo» afferma Umberto Bocchino, professore ordinario di Economia aziendale all’Università di Torino e direttore di AbiRel, Accounting for Banking & Insuranche Research Lab.
In pratica, l’idraulico che aggiusta il tubo del lavandino di casa nostra, dall’anno prossimo, dovrà emettere una fattura digitale. Avrà dieci giorni di tempo per inviarla al suo cliente. Per fare tutto questo dovrà armarsi di conoscenze informatiche e di archivi digitali. Occorre, infatti, operare con software appositi che creano il formato Xml (Extensible markup language) che è quello delle fatture elettroniche.
Ce ne sono diversi in circolazione: l’Agenzia delle Entrate ne mette a disposizione uno gratuito sul proprio sito. Non basta però. Queste fatture poi dovranno essere trasmesse, archiviate e conservate. L’idraulico dovrà inoltre registrare il proprio indirizzo telematico presso il servizio dell’Agenzia delle Entrate (Pec o codice univoco). È anche necessaria la firma digitale (il programma che crea la fattura però mette a disposizione la firma digitale).
I passaggi aumentano e sono complessi, soprattutto per le fasce di età che sono più avanti negli anni e che non hanno dimestichezza con la tecnologia. Anche i commercialisti dovranno aggiornare la propria professionalità ed essere preparati anche sul fronte tech.
I labirinti in cui si rischia perdersi sono tanti. Per esempio l’idraulico, così come altri artigiani o lavoratori autonomi, dovrà anche aderire al sistema di interscambio nazionale (Sdi) per inviare i file digitali. Infine dovrà essere dotato di archivi digitali per conservare le fatture digitali a norma per diversi anni (non è chiaro se cinque o dieci). La soluzione? È quella di rivolgersi a studi e professionisti esterni. Si tratta però di costi che vanno a sommarsi a tassazioni già elevate e a una burocrazia ingombrante. Anche solo la conservazione delle fatture ha una spesa che finisce per diventare un peso in più per un piccolo artigiano, per un estetista o per un elettricista.
Perché la fattura elettronica? L’obiettivo è di arginare il fenomeno della mancata emissione di fatture. L’Erario conta di riuscire ad arrivare a un maggiore incasso di 1,9 miliardi con questa misura. «Almeno nella fase iniziale, nei primi mesi, è facile pensare che questi obiettivi non saranno conseguiti, ma anzi potrà esserci una minor emissione di fatture – dice Bocchino -. Molte partite Iva che si dovranno adattare alla nuova norma dovranno affrontare maggiori oneri, non solo in termini di costi ma anche di operatività».
Di sicuro il caos è grande e i timori della platea di imprenditori e piccoli artigiani sono tanti. A poco serve la moratoria di sei mesi sulle sanzioni per chi sgarra (le multe partiranno solo da luglio). Molti aspetti sono ancora da definire in attesa della conversione definitiva del decreto legge 119/2018 (per ora sono esonerati dall’emissione della fattura elettronica i soggetti che rientrano nel regime di vantaggio, nel regime forfettario e i piccoli produttori agricoli). A ciò si aggiungono le perplessità del Garante per la privacy che ha definito la fattura elettronica una «sproporzionata raccolta di informazioni con relativi rischi di usi impropri da parte di terzi»