Importazione illegale di benzina, scatta l’inchiesta

Si teme un mercato parallelo con diramazioni in Siria e Libia, passando per Malta

La Procura di Modena, seguendo prevalentemente, ma non solo, l’ipotesi di una evasione fiscale da svariati milioni di euro, sta indagando su un possibile vero e proprio mercato parallelo della benzina, un mare magnum dove di legale c’è davvero poco se non nulla, che, evidentemente, ha invaso anche il nostro territorio e dunque il suo mercato.

Oggetto anche di un recente servizio giornalistico del programma di Rai 3 ‘Report’, il fenomeno in questione è estremamente complesso e variegato; è possibile, però, riassumerlo in questi termini: da quando il governo Monti ha liberalizzato il mercato dei carburanti, correva l’anno 2012, in tutta Italia sono nate e hanno proliferato le cosiddette ‘pompe bianche’. Si tratta di stazioni di servizio con nomi ai quali non eravamo abituati, non necessariamente collegati ai principali distributori (i cosiddetti ‘colossi’, per intenderci), dove il risparmio è evidente quanto immediato.

Già, ma, senza fare di tutta l’erba un fascio (perché non è che la liberalizzazione abbia aperto soltanto all’illegalità presunta o tale), come avviene l’approvvigionamento della materia (il carburante), per poter poi immettere sul mercato un prodotto a così basso costo? Prima di Report la domanda se la sono posta diverse altre procure, andando ad approfondire i casi in cui emergeva via via il sospetto dell’esistenza di canali di approvvigionamento tutt’altro che legali, quali, tra i principali, l’asse Libia-Malta-Italia. In Veneto, quest’anno, uno dei principali casus belli, quando cioè la guardia di finanza ha intrecciato nomi, cognomi e società presumibilmente coinvolte. Restando ai nomi, quelli di Darren e Gordon De Bono (due imprenditori maltesi di 44 anni, cugini tra loro).

Gli stessi che già comparivano, con annesse misure cautelari, in un’inchiesta datata 2017 concretizzatasi a Catania. L’ipotesi della magistratura? Petrolio libico rubato (col sospetto coinvolgimento dell’Isis) tra il 2015 ed il 2016 appunto in Libia e fatto arrivare in Italia: un giro da 51 milioni di euro, si diceva, con articolazioni fino a Cosa Nostra.

Questa premessa è necessaria perché in Corso Canalgrande si starebbe indagando proprio sugli interessi legati a società riconducibili ai De Bono, nell’ottica sia di una possibile, e notevole, evasione fiscale, sia appunto di verifica della presenza di queste società sul territorio modenese ed anche oltre. Non sappiamo a che punto sia arrivata l’inchiesta della procura, perché il riserbo in merito è massimo, ma sappiamo che c’è e che si è mossa in questo ambito. In tale ottica il fatto che una delle società collegate ai De Bono abbia sede in città, dimostra che di punti di partenza per fare quanto meno delle verifiche la magistratura le ha eccome. A dare supporto ai nostri pubblici ministeri nel lavoro svolto, e così torniamo ai contenuti dell’inchiesta giornalistica di Report, ci sarebbe un ex socio dei De Bono, già indagato (dalla procura di Udine) per fatture false sempre nell’ambito dell’importazione illegale di carburante in Italia.

Carburante rubato in Libia o anche in Siria (con il sospetto di un contributo fattivo da parte delle milizie del Califfato dell’Isis), fatto transitare fino a Malta per arrivare in Italia, al distributore sotto casa, dopo aver ottenuto certificazioni in modo illegale direttamente nell’isola al centro del Mar Mediterraneo. Questo il quadro che è stato ricostruito recentemente in una puntata del programma ‘Report’ su Rai 3, condotto da Sigfrido Ranucci. Tratte illecite più che vive fino a pochissimi anni fa, ma non le uniche, dato che l’oro nero di contrabbando passerebbe anche dalla Turchia, via camion, oppure direttamente dal confine italo-sloveno. Un meccanismo che nel nostro Paese, oltre a rappresentare un evidente ed enorme caso di concorrenza sleale, comporterebbe anche un’enorme evasione fiscale, tra le più ingenti. Secondo i dati più recenti, difatti, il contrabbando del carburante comporterebbe una evasione complessiva di sei miliardi di euro l’anno per il nostro Paese. Ecco perché in diverse procure lungo lo Stivale sono state aperte delle inchieste per tentare di chiudere questi rubinetti dell’illecito approvvigionamento di carburante. Nell’inchiesta di Report (che si può recuperare su Rai Play digitando il titolo, ‘Nero come il petrolio’) si parla di milioni di tonnellate di petrolio fatte arrivare dentro i confini nazionali. «C’è finita di mezzo anche una delle più importanti società del settore che ha rivenduto il carburante di contrabbando a centinaia di stazioni di rifornimento in Italia e all’estero», fa notare il servizi producendo documenti a questo proposito.

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