Un ‘margine’ minimo garantito per i gestori degli impianti stradali di carburante, lo chiedono dall’Umbria con una nota ufficiale di Confcommercio. Si paragonano ai pastori sardi in protesta sui prezzi del latte, perchè come loro, si ritengono “asfissiati” dalla progressiva riduzione dei margini di guadagno.
Siamo «schiacciati – scrivono – dal peso fiscale più alto d’Europa, da un mercato sempre più selvaggio, da una burocrazia pesantissima, da campagne di disinformazione che partendo da singoli casi di cronaca assolutamente da censurare finiscono con il pesare negativamente su tutto un settore, che comunque garantisce un servizio indispensabile alla comunità».
La nota “I nostri imprenditori – commenta Giulio Guglielmi, presidente Figisc Umbria Confcommercio – oggi stanno letteralmente lottando per la sopravvivenza, e hanno sempre più difficoltà a garantire un servizio di qualità a tutela dei consumatori. E’ da questa condizione che nasce la nostra richiesta di un margine minimo garantito, che ci possa consentire di restare sul mercato, scongiurando la chiusura di strutture distributive”.
“Anche se il prezzo della benzina è aumentato – scrive Confcommercio -, negli ultimi anni i margini per i gestori sono andati man mano calando. Basti pensare che in epoca lira (fino al 2001) il margine medio per un litro di erogato era intorno alle 70 lire (fra benzina e gasolio) in una quasi assenza di self service, mentre oggi – dove la modalità self è fortemente maggioritaria rispetto a quella del servito – la media del margine si aggira intorno ai 2 centesimi per litro”.
“Alle difficoltà economiche – aggiunge Giulio Guglielmi – si aggiungono quelle burocratiche. I nostri gestori, ad esempio, sono stati i primi a sperimentare la fatturazione elettronica, in un Paese all’ultimo posto per digitalizzazione, e oggi spesso stanno fino alla mezzanotte sui gestionali, a impianti finalmente chiusi. Per non parlare del clima di ostilità che si respira, con la criminalizzazione di una intera categoria a seguito di fatti isolati di truffa ai consumatori.”
Un clima, conclude la nota, alimentato anche dalla superficialità con la quale si parla di costi dei carburanti. Se in Italia costano di più è perché in Italia pesano di più tasse e accise, che risalgono perfino agli Anni 30. In campagna elettorale i partiti di governo si erano impegnati ad abbassare le accise sulla benzina e gasolio. Questa è una misura da adottare al più presto: ci guadagnerebbero, in primo luogo, i nostri utenti. Secondo le ultime rilevazioni Figisc Confcommercio, sul prezzo finale della benzina, le imposte pesano per il 64,96%. Sul gasolio del 58,93%”.
Bellissima disamina sulle condizioni economiche del ” gestore a libertà’ commerciale limitata” , volgarmente ” benzinaio”, la storia parte da lontano, ricordo i giorni felici del prezzo amministrato , strano ma eravamo almeno commercianti anche di fette di angurie sul piazzale , OGGI con la liberalizzazione dei prezzi , noi siamo sempre commercianti a libertà’ parziale mentre le società’ petrolifere e gli investitori privati, strani investitori ,hanno assistito alla chiusura di distributori fino al 2000, perché’ troppi ,loro coraggiosamente hanno investito in nuovi impianti per spartire la stessa torta, hanno potuto scorazzare. sul mercato italiano stringendo alla gola CHI? il ricco benzinaio , ogni millesimo di euro percepito DAL GRANDE GESTORE E’ MALEDETTO.
Ed ecco che per dare uno schiaffo ancora più’ violento hanno inventato i SELF, come dire ” con te e senza di te noi venderemo sempre ” , pero’ e’ strano se il grande imprenditore gestore fa il servito sotto il controllo della società’ petrolifera lo stesso CARBURANTE costa da 14 a 20 centesimi in più perché’ servito, mentre anni or sono il massimo margine concesso era 3,5 centesimi litro, ovvio servito, , comprando sempre i carburanti dalla società’ e dovendo vendere al prezzo che imponeva la società’ petrolifera, CHE GRANDE LIBERO COMMERCIANTE E’ STATO IL GESTORE.