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Fattura elettronica, anche Quattroruote fa il punto sulle commissioni dei Gestori

L’obbligo della fattura elettronica sta inducendo molti gestori di stazioni di servizio a richiedere per il rilascio del documento una “commissione” che oscilla tra 0,50 centesimi e 2 euro. Si tratta di un fenomeno particolarmente diffuso in Veneto, ma che sta prendendo piede in altre zone del Paese come, per esempio, il Mantovano e l’hinterland di Firenze.

Ad affrontare lo spinoso tema è Quattroruote che, nel numero di marzo da domani in edicola, fa il punto sul problema, raccogliendo la testimonianza della categoria e l’opinione dei professionisti.

La richiesta, giuridicamente illegittima, troverebbe fondamento nei costi supplementari, materiali e in termini di tempo, che gli addetti ai rifornimenti sono costretti a sostenere: questa, almeno, è la tesi di rappresentanti di categoria come Moreno Parin, presidente della Gisc (Gestori impianti stradali di carburanti) di Treviso che, interpellato da Quattroruote sul tema, ha affermato che “la legge obbliga i gestori a rilasciare il documento digitale, ma non a sostenerne i costi, che incidono in media per 98 centesimi a fattura”.

Contrario, invece, è il parere dei commercialisti, che si rifanno all’art. 21, comma 8, del Dpr 633/72, laddove afferma che “le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.

Intervistato da Quattroruote, Andrea Ferrari, presidente dell’Aidc-Associazione italiana dottori commercialisti, spiega come “sia normale che all’inizio vi sia un po’ di resistenza, ma a regime tutti apprezzeremo i vantaggi della fattura elettronica. Inoltre, mettendosi dalla parte del cliente, ci si chiede perché dovrebbe pagare per esercitare un diritto, quello di ricevere la fattura, necessaria ad adempiere a un obbligo fiscale”.

La legge conferma, quindi, l’illegittimità della richiesta. Quattroruote, tuttavia, sottolinea come i costi della nuova semplificazione burocratica – che ha eliminato i vecchi sistemi di certificazione (schede carburante con timbri e importi) – ricadano effettivamente sugli operatori per le spese di software, connessione telematica, impegno del commercialista e tempo dedicato dall’operatore.

Resta però difficile quantificare il reale ammontare di questi costi, che si sono andati a sommare agli altri già sostenuti dagli operatori del settore della distribuzione dei carburanti, come le commissioni su carte di credito, bancomat e carte delle società petrolifere, erodendo il margine dei gestori.

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