Al di la’ di ogni improvvisazione. Poi bisogna ottenere e coltivare il consenso. Quindi, lottare tutti insieme per costruire una nuova stagione di diritti. Solo cosi’ si cambia lo stato di cose presente. Le scorciatoie demagogiche non portano lontano.
Le grandi trasformazioni non sono “un pranzo di gala, un disegno o un ricamo”: queste comportano la rottura dello stato di cose esistente.
Immaginare che ci sia qualcuno (o qualche avvenimento esterno) che possa aiutare la nostra Categoria ad uscire dalla situazione di estrema difficoltà nella quale si trova (le responsabilità individuali e collettive dovranno essere analizzate compiutamente in un secondo momento) è come se ci aspettassimo che la “cicuta” fosse un farmaco per la cura del mal di denti.
Continuare a dire: se avessi(mo) fatto; se avessi(mo) detto; se ci fossi(mo) comportati diversamente ed avessi(mo) resistito al canto delle sirene o ci fossi(mo) opposti, forse non saremmo in questa condizione, fa parte di quella vocazione all’autocommiserazione che è nemica di ogni forza sociale che abbia la voglia ed abbia maturato coscienza, idea e consapevolezza che il mondo che ruota intorno a noi può essere cambiato. Non c’è niente di immutabile se si ha la coerenza e la capacità di mettere al centro della riflessione politica la volontà di non arretrare di fronte alle difficoltà.
Con un’avvertenza, però: i rapporti di forza possono essere invertiti solo se esiste la volontà di combattere, tutti insieme, una battaglia per i diritti. Per cambiare lo stato di cose presente, quindi, è necessario che ciascuno di noi smetta di auto-commiserarsi o nascondersi dietro litigi da pollaio. C’è bisogno che, con coraggio, ciascuno abbia la voglia di scegliere. Di schierarsi dalla parte giusta della “barricata”. I queruli piagnistei o le affermazioni di chi sostiene (sempre dietro l’anonimato di chi ha paura di scegliere) che tutto quello che si fa’ e che si propone sia un’inutile chiacchiera a vuoto, sono esattamente la somma teorica del disimpegno, cui alcuni tengono: vuoi perchè si sentono privilegiati, vuoi perchè non hanno il coraggio di affrontare la battaglia.
Quante volte ci siamo sentiti dire: “chiudere gli impianti quando altri rimangono aperti è fare un favore ai “crumiri”; oppure quando si propone di non accettare, per protesta, le carte di credito, spesso ci si sente rispondere: “come faccio, rifornisco la Croce Rossa, piuttosto che i carabinieri. Ci vuole un’altro modo di protestare (magari con una fascia al braccio come facevano i giapponesi)”. E via disimpegnandosi. In questo modo, deve essere chiaro a tutti, non si va da nessuna parte: si continua ad affidare la protesta verbosa ai social, si continuano ad indicare le Organizzazioni di rappresentanza come la “genesi del male” ma senza mai fare una proposta o mettere in discussione le proprie certezze.
Un modo un po’ vigliacco di nascondersi sotto le sottane rassicuranti della propria angusta visione del mondo. Un Mondo che spesso non coincide con l’interesse della stragrande maggioranza degli altri colleghi.
E’ la scelta del “si salvi chi può”. Della sopravvivenza. Della corsa sfrenata ad avere un prezzo più basso del collega più avanti. Della scarsa considerazione che, invece, la battaglia è per avere, tutti un prezzo (e un margine) competitivo attraverso la pratica del coinvolgimento di tutti.
E’ il trionfo dell’egoismo più becero. E’ la condanna all’auto-isolazionismo più dannoso e pericoloso perchè può diventare una scelta culturale irreversibile. Ma, che importa -è la considerazione che va per la maggiore- il Mondo è mio e me lo raffiguro come voglio. Un Mondo nel quale io (sempre alla prima persona singolare) non mi devo confrontare con alcuno. Un Mondo nel quale trovo certezze e rassicurazioni. E quando tutto il mio ragionamento dovesse mostrare la corda, posso sempre scaricare sugli altri, scegliendo un capro espiatorio (magari il Sindacato) la mia incapacità di scegliere. Di lottare. Di mettermi al servizio degli altri. Di praticare la solidarietà. Di avere la speranza di costruire un domani migliore.
Come diceva Bob Kennedy a chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto per l’America una volta eletto Presidente rispondeva che era poco corretto porre la domanda in questi termini: piuttosto chi pensava in questo modo doveva chiedersi cosa poteva fare lui per l’America. E’ troppo comodo, al di là delle ragioni di ciascuno (che pure non storicizzate hanno pieno diritto di cittadinanza), rifugiarsi all’interno del proprio “piccolo mondo”, lasciando che altri combattano anche per me. Altro che il coraggio delle scelte e della capacità di schierarsi, come dicevamo prima!!!!! E’ proprio per superare questo “guasto culturale”, caratterizzato da un’assenza di (realistiche) proposte e da (accattivanti) proclami roboanti che indicano la luna (cioè l’universo dei rapporti di forza) e poi guardano al dito di un timido miglioramento delle condizioni economiche, che è necessaria una forte ripresa dell’iniziativa sindacale. Una stagione di ascolto e di rilancio di proposte e strategie che sappiano cogliere, e coniugare, gli interessi generali e quelli individuali.
Viene da pensare che senza il quadro normativo definito dalla lotte che questa Categoria ha fatto, unitariamente ed all’interno delle Organizzazioni di Categoria, le richieste che circolano in queste settimane sarebbero ancor meno che velleitarie. Non ci sarebbe, cioè, nemmeno la “piazza” sulla quale andarle a discutere avendo la ragionevole certezza di essere ascoltati. Eppure c’è ancora chi -con un atteggiamento masochistico ed ignorando una letteratura normativa e giuridica- sostiene che gli Accordi sindacali valgano solo per gli iscritti al sindacato, senza porsi la domanda su quale vaso di Pandora tale posizione potrebbe aprire. Quanti accordi one to one potrebbero essere (legittimamente) fatti e quante cancellazioni ispirate dai titolari di impianti raggiungerebbero le Organizzazioni di Categoria.
Eppure lo stesso Tribunale di Roma, in sede collegiale, ha recentemente emesso un provvedimento -inappellato-che ribadisce la titolarità delle Organizzazioni di Categoria più rappresentative a sottoscrivere Accordi con validità erga omnes, insieme al divieto di proseguire nelle intese one-to-one che sono prive di validità. Siamo proprio sicuri che questa posizione è esattamente nell’interesse della Categoria e non di qualche ufficio legale che avrebbe tutto l’interesse a seguire la contrattazione individuale?
Siamo proprio sicuri che un futuro senza rappresentanza sia il futuro che la stragrande maggioranza della Categoria desidera?
Viene da chiedere dove erano questi grandi “innovatori” ed interpreti della “volontà popolare” quando, faticosamente, si costruiva quel sistema di regole che fanno dei Gestori italiani quelli con la normativa più avanzata di tutti i loro colleghi: non solo d’Europa ma, forse, anche del mondo intero. Il problema è che le norme (ed i diritti) ci sono ma l’incuria, l’approssimazione e la superficialità della Pubblica Amministrazione non riesce a farli applicare. Abbiamo bisogno di migliorare le regole che ci sono per costringere tutti, proprio tutti i fornitori, a rispettarle. E chi non le rispetta deve essere messo ai margini del sistema. Questo è il primo dei provvedimenti che devono essere assunti se si vuole davvero perseguire l’illegalità. Altro che moltiplicare adempimenti a carico dei Gestori! Per perseguire questo (ambizioso) disegno, c’è però bisogno che la Categoria -compatta e coesa- sia pronta ad iniziare una lotta i cui esiti non appaiono scontati ma che deve necessariamente essere avviata e combattuta. Mettendo da parte gli egoismi e le visioni di “nicchia”. Offrendo al collega vicino non una piatta elencazione di pii desideri ma una visione strategica complessiva nella quale sia chiaro a ciascuno quali sono le forze da mobilitare e quali gli obiettivi da raggiungere. In questa visione non c’è spazio per rivendicare anacronistiche egemonie: tutti siamo in discussione e tutti sul medesimo nastro di partenza. Il futuro può essere misurato solo sui fatti.
La Fegica è a disposizione per iniziare questo viaggio, consapevole delle difficoltà ma anche della possibilità di raggiungere il traguardo.
ecco il mio presente è di m…a immaginatevi voi cosa sarà il mio futuro la canna del gas o la corda x impiccarmi?