E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI PROVARE A METTERE IN CANTIERE LA RIFORMA DI UN SETTORE CHE SE NON SARA’ CAPACE DI AVANZARE SERIE PROPOSTE DI AUTORIFORMA SCEGLIERA’ -SUO MALGRADO-LA VIA DELL’OBSOLESCENZA. DELLA RESIDUALITA’ TRASCINANDO, NELLA SUA ROVINOSA CADUTA, LA NOSTRA CATEGORIA.
Non si tratta di lanciare, a poche ore dall’insediamento del nuovo Governo (e senza che si conosca ancora come sarà completata la compagine ministeriale) il (quasi) rituale memento con l’elencazione dei problemi sui quali la nostra Categoria (ed il settore) si sta arrovellando da molti mesi.
Il tema all’esame del settore, prima ancora che della Politica, è quello relativo alle strategie che il settore stesso è nelle condizioni di mettere a punto per uscire dalle “secche” nella quali, prima la crisi e, poi, l’incapacità, l’egoismo e la paura lo hanno ricacciato.
Ci vogliono ricette credibili (e condivise) per individuare tempi, modalità e strumenti per rimontare dal declino nel quale -per nequizia, in primis, dell’industria petrolifera e dei retisti privati abbagliati dal solo profitto nel breve periodo- il settore si è cacciato.
Qualcuno ha pensato che “piccolo” fosse bello solo per il fatto di essere tale; qualcun altro ha pensato di fare cassa a dispetto degli interessi degli altri attori della filiera, fosse l’obiettivo da perseguire senza tentennamenti; qualcuno, ancora, ha ritenuto che ridurre sul lastrico ed in uno stato di diffusa “povertà” i Gestori, fosse il sistema per aprire la strada ad
una nuova fase del settore: senza vincoli e senza limitazioni alla libertà del più forte.
L’analisi degli accadimenti, al vaglio del tempo, è stata impietosa consegnandoci -insieme al fallimento di queste politiche- un settore abbandonato dalle multinazionali; divorato dalla “guerra dei prezzi”; dominato dall’ingresso prepotente di “riders” che sfruttando le contraddizioni del sistema, lo stanno divorando dall’interno; governato a tutto tondo, lungo le Autostrade, dalle società di ristorazione che ritengono complementare la distribuzione carburanti quando non è affidata direttamente alle loro “cure” (con la complicità delle società concessionarie e del MIT che hanno stravolto anche l’insufficiente Decreto Interministeriale del 7/8/2015, aggiungendo -su richiesta della ristorazione- deroga a deroga).
Solo ragionando su questi aspetti possiamo dire che si è trattato di scelte almeno inopportune e disastrose per gli interessi del settore.
Il dilemma che il settore ha davanti è come riuscire a far capire, ancor prima che la liturgia consumi i buoni propositi della Politica e del nuovo Governo, che il nostro settore non ha tempo.
Non ha più quel tempo che ha dissipato in sterili contrapposizioni, in visioni grette e ristrette del futuro, nella difesa acritica di posizioni che qualcuno pensava che fossero di privilegio, nella piatta riproposizione di ricette che andavano bene, forse, quando il “mercato” cresceva e le regole erano uguali per tutti.
Proprio dalle Regole -e la Fegica insiste su questo da tempo immemorabile- bisogna ripartire senza che si faccia ricorso al “bilancino” del farmacista per cercare di mantenere posizioni vantaggio.
Al nastro di partenza tutti i soggetti che compongono la filiera devono essere allineati ed anche il traguardo da perseguire, evidente e definito.
A cominciare dal pieno rispetto della normativa vigente, come precondizione per essere iscritti alla gara (che, diversamente, sarebbe una gara truccata).
D’altra parte lo stesso “nuovo Governo” ha messo fra i punti del programma (punto 4) la necessità che i “contratti” sottoscritti con le Organizzazioni più rappresentative, dovranno avere validità “erga omnes”.
Bene! Nel nostro settore questa prassi è già vigente anche se qualcuno dei soggetti che dovrebbero rispettarlo (o dovrebbero farlo rispettare), in questi anni di riflusso (almeno dal 2012), si è dimenticato di farlo.
Da lì dobbiamo riprendere a ragionare ma senza considerare questo come un punto di arrivo o un moloch da difendere ed al quale piegarsi facendo barricate (e lo abbiamo già dimostrato sottoscrivendo gli Accordi per l’introduzione del contratto di Commissione.
Solo un punto di partenza sul quale innestare, con coraggio, un’azione più ampia di riforma del settore che sia capace di ridisegnare la mappa della distribuzione (e della produzione e dello stoccaggio) in Italia, nei prossimi trenta anni.
Dobbiamo scegliere e scegliere in fretta.
Il settore non ha più il tempo per discutere senza tempo come se il domani fosse una variabile indipendente.
Tanto per fare un esempio calzante, il settore ha a che fare anche con le politiche che regoleranno la transizione energetica in un Paese ed in un contesto globale, nel quale diventa difficile anche spiegare che l’energia elettrica non si trova in profondità o non si ottiene con coltivazioni rinnovabili.
L’energia elettrica si ottiene (e non si stocca) distruggendo, nella stragrande maggioranza dei casi, un’altra fonte energetica (magari con maggior potenziale) e finchè la ricerca ed i progressi della tecnologia non consentiranno di ridurre l’impatto ambientale per ottenerla, dobbiamo tutti essere consapevoli che transizione vuol dire “passaggio da una condizione ad un’altra”, senza demonizzare ma cercando di “programmare”, nel tempo, il cambiamento.
Certo, la traversata oceanica di Greta è uno spot per l’energia pulita e per un Mondo migliore. Ottimo!
Poi ci sono i problemi del quotidiano ai quali, oggi, dobbiamo dare delle risposte.
Ma ogni giorno quante decine di migliaia di navi -da carico o da turismo- solcano i mari (quelle nel solo Mediterraneo, secondo Transport&Environment inquinano più di quanto tutto le vetture che circolano in Europa)? Quante linee ferroviarie anche nel “florido occidente” non sono elettrificate?
Se qualcuno pensasse di replicare, nel breve, questo esperimento, non avrebbe alcun senso della realtà ed il discrimine non possono essere alcune migliaia di “colonnine” che consentano una ricarica rapida delle vetture elettriche (anche perchè ci vorrebbe la media tensione e una capacità di investimento di alcuni miliardi di €uro.
Quindi l’obiettivo è prender atto che il futuro va in quella direzione è quindi necessario abbandonare le guerre ideologiche ed affrontare con raziocinio i problemi.
Vanno ricercate soluzioni che non siano traumatiche per nessuno e che non creino -ancora una volta- false aspettative in chi sarà chiamato -anche attraverso l’energia elettrica- a mettere mano al portafoglio per trovare quei circa 40 miliardi/anno per il mancato gettito che deriverebbe dall’azzeramento dei combustibili fossili (con grande iniquità).
Forse varrebbe la pena, ma certo non in questa sede, di approfondire le problematiche senza preconcetti e guardando al “bene del Paese” (che, non dimentichiamolo, non può segregare aria ed emissioni).
Abbiamo voluto fare questo esempio -un po’ border line- per richiamare l’attenzione di tutti sulla complessità delle sfide che ci attendono e sulla opportunità che il settore, il nostro settore, non si comporti come l’armata Brancaleone che nella quale ciascuno ha una sua ricetta o ha una sua strategia per vincere la battaglia. Magari in conflitto con il suo compagno di avventura.
Se non sono completamente totalmente sbagliate le riflessioni che abbiamo appena proposto, questo dovrebbe spingere tutto il settore a ritrovarsi intorno ad un tavolo per definire una strategia nella quale -almeno sui grandi temi- ci sia la possibilità di convergere e trovare una sintesi.
Scendendo, con il ragionamento, per li rami, riteniamo che al centro della discussione dovrebbe esserci la necessità di arrivare ad una rete più “snella” partendo dalla considerazione che il “volontarismo” che è stato stimolato non ha prodotto i risultati attesi: gli impianti inefficienti (cioè quelli sotto i 3/400 mila litri/anno) vanno chiusi (ove non siano asserviti ad una comunità svantaggiata) e va interdetto, per un periodo di tempo congruo, la realizzazione di nuovi impianti (se non in zone di nuova urbanizzazione).
Anche in deroga ad una normativa Antitrust che, pure, in altre occasioni, si è “modellata” sull’esigenza della comunità di raggiungere un obiettivo indispensabile per il Paese.
Proprio per questo, in Autostrada, dobbiamo avere la capacità di chiudere almeno 70/100 impianti che rendono la rete ridondante e che hanno consentito ad operatori “marginali” di supplire -anche attraverso le attività di ristorazione- l’abbandono dell’industria petrolifera (che, però, ha continuato a rifornirli e, spesso, anche in deroga, a fornirgli marchi ed insegne).
Con una distribuzione carburanti che ha perso oltre il 60% in 10 anni (e che continua nel declino) appiattirsi su posizioni di assoluto privilegio vantato dalle attività di ristoro (che si sono aggiudicate gare andate deserte a pochi centesimi e che rappresentano, per l’economicità ottenuta, un competitor che parte da una condizione di assoluto vataggio), è una resa che va a totale danno del Gestore, della Compagnie e, in ultima analisi, del settore.
D’altra parte appare stridente il fatto che mentre le vendite continuano a diminuire, si continuano a fare nuovi distributori: un controsenso, in economia, a meno che non ci sia così tanta (e nascosta) “ricchezza”. Ed anche le mancate chiusure di impianti marginali forse lasciano supporre che, anche per questi, la marginalità in un sistema aperto ad ogni contaminazione, può rappresentare un’occasione di reddito.
Va quindi chiarito che azioni di dumping economico e contrattuale devono essere bandite: gli operatori seri ed onesti che applicano leggi e regolamenti, che fanno contrattazione e rispettano le regole, non possono essere equiparati a chi si sottrae, sistematicamente alle Regole ed acquisisce maggiori vantaggi da artifici contrattuali che nessuno contesta loro.
Per assurdo, se tutti gli operatori onesti e rispettosi delle Leggi si comportassero come questi accaparratori, il mercato tornerebbe indietro. Ad un mondo primordiale nel quale vige la legge del più forte o del più ricco (senza voler indagare sulle sue fortune).
Occorre avere rispetto per chi lavora, per quelle migliaia di Gestori ed addetti che sono la linfa che alimenta il “corpaccione” della distribuzione carburanti.
Per troppo tempo si è detto che il Gestore non è più indispensabile perchè -con un trucco degno di un mediocre circo equestre- si sono imbrogliati i consumatori che pagano oggi, al self, quanto avrebbero pagato per essere serviti (lasciando nelle mani del fornitore miliardi di €uro/anno).
Eppure è proprio grazie al sacrificio dei Gestori ed ai contratti di “solidarietà” che abbiamo sottoscritto, il settore -sopratutto quello onesto- si è lasciato alle spalle le perdite di bilancio (gli operatori disonesti, invece, si sono arricchiti e continuano ad acquistare, a cifre da capogiro, cascami di quella che era l’industria petrolifera).
Ci vuole, nel nostro settore, per poter essere titolari di impianti una sorta di D(ocumento) U(nico) di R(regolarità) C( ontributiva): chi rispetta i contratti e le condizioni economiche (due sono quelli applicabili, Comodato e Commissione) con i Gestori può continuare ad essere titolare di impianti; chi non li rispetta può solo gestire in proprio e con proprio personale dipendente gli impianti che ritiene di condurre in questa maniera.
Dobbiamo, infine, affrontare seriamente il tema dell’illegalità che, come è a tutti noto, non si batte scaricando sui Gestori -controllori dell’integrità fiscale di tutti i consumatori- nuovi adempimenti. Il più delle volte inutili.
Se ci fosse una seria politica delle regole e ci fosse la certezza del loro rispetto (perchè, i soggetti ritrosi sarebbero esclusi dal settore), nel giro di un anno il mercato cambierebbe radicalmente e ciascun operatore troverebbe la sua convenienza a stare in un mercato sano. Non drogato da “listini orientativi” da sconti inspiegabili, da contratti bislacchi, da appalti, servizi e guardianìe.
Dobbiamo avere, come settore, la capacità e la voglia di scegliere quale strada perseguire sapendo che da una parte ci sono speranze e possibilità di futuro e dall’altra c’è la dissoluzione di quello che fu un settore trainante dell’economia italiana (un cupìo dissolvi).
I Gestori, come sempre sono pronti a fare la loro parte, anche mobilitandosi, per rendere più agevole l’apertura di un ragionamento complessivo: con la Politica e con chi, nel settore, si sente di essere dalla parte degli onesti.
Fonte: Controdistribuzione
parole,parole,parole… cantava Mina