
Pubblichiamo un ampio stralcio del commento apparso nell’ultimo numero di Figisc Anisa News, dove il presidente Bruno Bearzi, oltre a fare un’approfondita riflessione sul momento storico in corso e sulla situazione del settore carburanti in relazione alla atipica situazione imprenditoriale dei Gestori, si chiede se “Passata ‘a nuttata” o la tempesta, visti i timidi tentativi di accordo con Eni e IP, precedenti al Covid -19, “questi interlocutori saranno ancora disponibili ad accettare di ragionare su qualche timido miglioramento economico oppure la presente emergenza, che sta falcidiando gli erogati, sarà il paravento congiunturale dietro cui rifugiarsi per non parlarne più?”
In queste settimane, come sopra ricordato, siamo passati dagli accordi “di solidarietà” (come sono stati etichettati alcuni degli accordi concordati negli ultimi cinque anni) agli accordi
cosiddetti di “emergenza”.
Una piccola e sincera riflessione si impone: non è che con un limitato segnale di sostegno (gli accordi “di emergenza”) venga meno, da parte di quelle stesse aziende che li hanno sottoscritti, la responsabilità rispetto all’anomalia delle relazioni commerciali e contrattuali che identificano il rapporto delle aziende con i gestori.
Il collega Massimo TERZI, Presidente di ANISA, ha espresso il seguente concetto, ancorché relativo alla situazione dei gestori autostradali: « Gestori che, va pur detto infine anche questo senza giri di parole, non sono in condizioni, per ef etto dei rapporti contrattuali duramente vincolanti in materia di fornitura e prezzi, di avere alcuna autonomia, e che, alla fine di un esercizio annuale, già in condizioni “normali”, sono costretti a “mendicare” dalle compagnie, che sono proprietarie degli impianti e fornitori in esclusiva, limitati sostegni per non sballare del tutto il conto economico. Gestori che ora in queste settimane di assoluta “anormalità”, con la liquidità finita e la chiusura delle linee di credito, sono ancora una volta costretti a dipendere dalla maggiore o minore magnanimità delle medesime compagnie non per guadagnare, non per salvare il conto economico, ma solo per riuscire almeno a tenere aperto il punto vendita». Ecco, io stesso non saprei dirlo meglio e per questo l’ho citato integralmente.
Allora, per “dopo” riserverei questa riflessione.
In questa situazione, dove tutti i paradigmi a cui eravamo abituati sono saltati, FIGISC, che non ha, (a differenza di tanti “paladini” vecchi o nuovi che siano) la pretesa di detenere in
tasca la verità, la capacità strategica, ecc., ritiene, come già espresso ormai quasi diciotto mesi fa, che forse è venuto il tempo di un cambiamento epocale di mentalità nella visione dei rapporti in questo settore, sdoganando, una volta per tutte, una immagine possibilmente nuova, resiliente e flessibile del gestore-impresa.
Deve rimanere, come ora, subalterno alle Compagnie/Fornitori, senza possibilità alcuna di definire i prezzi dei prodotti, di fatto un “parasubordinato” imbrigliato nella asimmetria contrattuale che solo questo settore ha o, magari, per il tempo che resta alla rete tradizionale, poter essere un “normale” – e per niente “speciale” per carità – operatore come lo sono tutti i soggetti dotati di una partita iva ed organizzati come impresa (nello stretto senso giuridico del termine, e per quanto micro)?
Il Manifesto FIGISC ANISA per un percorso politicosindacale della primavera 2019, il cui testo in formato PDF è consultabile e scaricabile cliccando col mouse sul seguente titolo MANIFESTO FIGISC ANISA PER UN PERCORSO POLITICO SINDACALE aveva posto alcuni punti che non hanno perso alcunché in attualità – malgrado COVID-19 – e che giova per memoria riproporre:
– in prospettiva a medio termine per la liberalizzazione del mercato sostituire, mediante un ampliamento delle tipologie contrattuali, l’«asimmetria» nella potenzialità competitiva sul mercato gravante sull’impresa del gestore, determinata oggi dall’esclusivo controllo della filiera del prezzo in tutte le sue fasi da parte del fornitore, e che si traduce nella espropriazione di ogni autonomia gestionale e commerciale del gestore stesso, per sviluppare e privilegiare quelle tipologie contrattuali che appaiano maggiormente proattive della concorrenza nell’interesse del consumatore, cui deve essere assicurata in tutta la rete una uniforme condizione di accesso a beni, servizi e prezzi, e che prevedano lo scorporo dal prezzo di cessione della parte relativa alla remunerazione degli investimenti della proprietà del punto vendita e dell’uso del marchio, da regolamentarsi con apposito contratto tra quelli ammessi dalla disciplina civilistica, e la possibilità per il rivenditore finale di fissare il prezzo di vendita al pubblico;
– immediatamente in relazione al quadro contrattuale vigente nell’intera rete
a) riconoscere e legittimare, nel quadro delle tipologie contrattuali attualmente tipizzate, il principio della «sostenibilità economica» dell’impresa di gestione e della «remunerazione del gestore», quale componente centrale della determinazione del margine da concordarsi negli accordi;
b) applicare integralmente tutte le disposizioni normative che regolamentano i rapporti nel settore in materia di relazioni e tipologie contrattuali tra gestori ed aziende proprietarie degli impianti, escludendo l’ef icacia di tutte le pattuizioni, collettive od individuali, dif ormi da quelle tipizzate secondo legge ed istituendo opportune forme di tutela «istituzionale» per le situazioni in cui non sia possibile pervenire alla definizione di accordi aziendali;
c) sancire, nella definizione degli accordi aziendali, l’ef icacia del principio di «intangibilità del margine», con riferimento a tutte le problematiche oggetto dell’accordo (flussi finanziari, partite di credito/debito, riconoscimento cali prodotto, determinazione delle politiche di pricing nelle diverse modalità di servizio) che possano modificare negativamente il valore del margine concordato;
d) regolamentare in forme concrete nella definizione degli accordi aziendali l’osservanza del principio normativo delle «eque condizioni per competere» previsto dalla legge 27/2012.
La piattaforma proposta non va una sola direzione, non propone una unica soluzione unica che debba essere valida per tutti (nella logica di una visione contrattualistica innovativa),
ma intende calarsi nella varietà delle situazioni presenti nella rete ed in quelli che possono essere percorsi di tipo alternativo a quelli consolidati.
È, come già detto una riflessione per il “dopo”. Diversamente, non percorrendo indirizzi diversi, ogni relazione aziendegestori sarà fatalmente improntata alla “emergenza”, alla trattativa sulle “sof erenze” o “criticità”, ai temporanei salvataggi, insomma ad una specie di “asfissia assistita“: tutto, insomma, fuorché la normalità di una attività in cui si comprano e si vendono prodotti, in cui anche l’ultimo rivenditore possa avere una sua autonomia per perseguire un obiettivo economico senza essere condannato in via preventiva al fallimento o all’abbandono.
BRUNO BEARZI
Noi di impresa abbiamo solo una cosa,
la responsabilità dei capitali che spostiamo.
Noi non possiamo essere lavoratori subordinati perché l’azienda non avrebbe abbastanza garanzie sui suoi capitali.
Smettiamola di illudere il gestore di essere un imprenditore,
questo è soltanto un modo x confondere i ruoli di un prestatore di manodopera e costringerlo a lavorare senza garanzie a prezzi bassissimi sotto ogni forma di sopravvivenza.
Noi x comodità aziendale non rientriamo in un contratto di lavoratore SUBORDINATO, ma nello stesso tempo nemmeno abbiamo i pregi del PARASUBORDINATO, non siamo lavoratori autonomi perché non possiamo attuare iniziative commerciali secondo le nostre esigenze, non siamo un franchising perché non possiamo usufruire dei loro contratti.
Noi chi siamo ??
Noi siamo tutto e tutti quando dobbiamo dare e
NESSUNO QUANDO DOBBIAMO RICEVERE.
E’ inutile continuare a studiare contratti x aggirare quelli esistenti solo x togliere dignità al gestore.
I sindacati hanno tutte le armi x dimostrare davanti ad un giudice che siamo lavoratori PARASUBORDINATI e le aziende devono assumersi le loro responsabilità.
Non chiedo di essere inquadrato come dirigente di ramo di azienda come realmente sono, ma almeno come un responsabile qualificato.