
Staffetta Quotidiana – C’è una fronda anti-petrolio che ha occupato i livelli apicali del Mise dall’inizio della legislatura, cioè con l’arrivo dei Cinque Stelle, prima con Di Maio e ora con Patuanelli? Livelli presidiati dai crociati dell’elettrico? L’accusa non è in un sussurri&grida che lascia il tempo che trova, raccolto da chi ogni giorno frequenta per mestiere i ministeri, ma figura nero su bianco in un comunicato diffuso giovedì scorso da Fegica e Anisa, due delle organizzazioni storiche dei gestori carburanti, che raccontano le ultime travagliate ore che hanno preceduto la sera del 19 maggio la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto-legge Rilancio approvato sei giorni prima, il 13 maggio, dal Consiglio dei Ministri. Quando hanno potuto apprezzare quanto sia stata irriducibile fino all’ultimo questa “posizione pregiudiziale” nel tentativo di impedire qualsiasi misura di sostegno ai gestori carburanti autostradali. Posizione superata in zona Cesarini grazie anche alla ragionevolezza, nota sempre il comunicato, di chi nel ministero si ostina, malgrado tutto, “a lavorare con razionalità”.
Un’accusa, se fosse provata, molto grave contro chi all’atto di assumere la guida del ministero ha giurato nelle mani del Capo dello Stato che avrebbe esercitato le sue funzioni nell’interesse esclusivo del Paese, non di questa o quella lobby. E non, soprattutto, contro una categoria di operatori (circa 20.000) che in questi mesi di emergenza stanno garantendo sia sulle autostrade che sulle strade ordinarie, statali, provinciali e comunali, un servizio essenziale e capillare per garantire, a tutti e in tutto il Paese, il rifornimento dei carburanti. Un’accusa a cui dovrebbe rispondere non solo il ministro dello Sviluppo economico, ma anche il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia e delle Finanze che hanno proposto il decreto e che prima e dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri hanno dovuto sostenere l’assedio di chi voleva alterare “pro domo sua” lo spirito e il contenuto di un provvedimento mirato a far ripartire il Paese dopo i giorni più duri dell’emergenza e gli effetti nefasti provocati su tutto il sistema economico e sociale.
Per smentire che in uno dei gangli più delicati del Governo ci siano fronde o complotti che lavorano a penalizzare un settore, quello petrolifero che, piaccia o non piaccia, “in disarmo e disgregato che sia”, ha ancora un compito importante da svolgere. Un ruolo prezioso per assicurare, tramite le sue filiere e le varie fasi dell’importazione, della produzione, del trasporto, dello stoccaggio e della distribuzione, la continuità e la sicurezza della fornitura dei prodotti petroliferi all’industria, all’agricoltura, al terziario, al settore domestico, al complesso sistema dei trasporti: un servizio, per definizione, di pubblica utilità ed essenziale. Di pari livello a quello della fornitura dell’elettricità e del gas naturale. Da garantire e aiutare con misure in grado, in questo particolare momento, di sostenere e salvaguardare il lavoro delle imprese presenti e attive nelle sue diverse filiere e dei suoi addetti, gestori carburanti compresi.
Con un compito delicato di raccordo e contatto affidato nel marzo scorso dal ministro Patuanelli alla direzione generale per le Infrastrutture e la Sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del Mise, guidata da Gilberto Dialuce. Che nel caso fosse a conoscenza che ci sono fronde o complotti che remano in senso contrario a questo obiettivo, e al suo mandato, avrebbe il dovere di segnalarlo al ministro. Per evitare anche solo il sospetto, parafrasando Shakespeare nell’Amleto, che, Dio non voglia, a Via Veneto ci sia del marcio.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana
Se abbiamo tutti capito che anche nei magistrati ci sono correnti di corruzione immaginate cosa mai ci sta sotto a questo fiume di soldi pubblici per l’elettrico.credo che la cosa sia palese.