TRA CONTI IN ROSSO, MARGINI INSUFFICIENTI, EROGATI SOTTO I LIVELLI DI SUSSISTENZA E TRANSIZIONE ENERGETICA, ILLEGALITÀ, DUMPING CONTRATTUALE E MANCATA RISTRUTTURAZIONE, L’INDUSTRIA PETROLIFERA ANNASPA IN UNA CRISI AL LIMITE DELL’IRREVERSIBILITA’: SENZA IDEE E SENZA STRATEGIA.
LASCIATO CADERE L’APPELLO DEI GESTORI PER L’AVVIO IMMEDIATO DEL CONFRONTO SULLA RIPARTENZA, PARTENDO DALLA RISOLUZIONE DE TOMA APPROVATA ALL’UNANIMITA’ DALLA CAMERA DEI DEPUTATI LO SCORSO DICEMBRE.
La crisi profonda, ai limiti dell’irreversibilità, che sta attraversando il settore sembra sconosciuta ai piani alti dell’industria petrolifera che non vede, non sente e non parla ma rinvia, rimanda, aggiusta le sue cose sperando in tempi migliori.
I titolari di impianti sembrano non accorgersi di un’illegalità diffusa, limitandosi ad un contrasto di “maniera” (da sempre scaricato sui Gestori). Nessuno sembra prendere in considerazione che tali comportamenti “omissivi” determinano una concorrenza inquinata e rovinosa, per il settore e per la collettività; mettono sotto il tappeto il dumping contrattuale che è elemento costituente della stortura del mercato ed insieme violazione delle regole e delle norme di settore; che rappresenta una violenza sui più deboli; una competitività al ribasso che configura un caporalato.
I titolari di impianti hanno perciò confinato il tema della ristrutturazione in qualche raro dibattito fra addetti ai lavori, vittime dello stimolo pavloviano all’accaparramento fine a se stesso. Intanto la rete (o quel che ne resta) va verso una polverizzazione progressiva, una dequalificazione delle controprestazioni rese al cittadino conducendo, al buio, il settore verso una transizione energetica carica di incognite e priva di chiari ed apprezzabili elementi che consentano una valutazione economica e scientifica. Siamo, cioè, all’improvvisazione pura assunta come elemento sistemico solo in quanto frutto di una esasperazione delle problematiche (basterebbe confrontare i Pniec di Italia e Germania per rendersene conto).
I titolari di impianti, da un lato, fingono di non accorgersi dell’insostenibilità delle gestioni e la conseguente chiusura di centinaia di aree di servizio che restano senza Gestori, perché falcidiati dai conti in rosso; da erogati ridicoli ed insufficienti; da spese incomprimibili in continua lievitazione; da adempimenti che continuano ad aumentare; da margini fermi da anni; da un sistema di prezzi che continua a premiare gli operatori più “disinvolti” ma dall’altro sono forti, determinati ed intransigenti verso i Gestori, vigili sui prezzi e sui differenziali in barba ai tanti consumatori che ancora apprezzano il servizio reso dai Gestori di fatto diventati schiavi dei titolari degli impianti. Il tutto supportato da un carosello di marketing allegro e
spensierato.
La lezione derivata dalla pandemia da Covid-19 è già archiviata e non è servita a promuovere alcuna riflessione. La risposta di queste settimane, mentre i Gestori si avvitano in difficoltà inestricabili, tra rinvii e negazionismo delle evidenze economiche, stanno lì a dimostrarlo.
Si riparte con le solite pretese: obiettivi irraggiungibili e traguardi sulle vendite, come ai tempi del boom economico. Come se la pandemia avesse portato ricchezza e non crisi profonda dei modelli perseguiti per anni ignorando cosa stesse accadendo intorno al settore. In fondo, qualcuno pensa ancora di continuare col vecchio registro, non accorgendosi di essere fuori dal mondo reale.
Bene, per le Associazioni dei Gestori la stagione della solidarietà è finita. Indietro non si torna. Il sistema così come si è preteso di regolarlo da parte dei titolari di impianti e dalla politica (anch’essa miope e schiacciata sul contingente) non regge più. Si è realizzato uno squilibrio contrattuale impari e insostenibile, che richiede una ristrutturazione significativa del numero del punti di vendita stradali ed autostradali per ridare competitività alla rete; una riforma delle regole, con sanzioni per chi le viola; riconoscimento di uno spazio ai Gestori che aggiunga elementi qualificanti in tema di imprenditorialità vera; una rivisitazione dell’architettura dei prezzi al pubblico: su questi temi o si va al confronto negoziale subito o ciascuno
prenderà la sua strada.
Magari partendo dai contenuti di quella risoluzione De Toma, approvata all’unanimità nel dicembre scorso dal Parlamento che costituisce un’utile base di partenza per qualsiasi approfondimento di merito. Per le Organizzazioni di Categoria dei Gestori quanto approvato dal Parlamento non può essere ridotto ad una “farsa”.
E Se qualcuno vorrà continuare a vivacchiare scegliendo di “non scegliere”, sarà un danno per tutti anche per coloro che, oggi, si sentono i più forti.
Sarebbe bene capire cosa si vuole dire con “ciascuno prenderà la sua strada ” ,perchè le strade da prendere non sembrano molte ,una potrebbe essere quella del continuare a ragionare con chi non vuole sentire ,l altra potrebbe essere quella di : uniamoci contro il padrone oppressore e “spacchiamo tutto ”
Una cosa è certa ,senza l unità sindacale non si va per nessuna strada ,questo è certo .
Letterine come questa ne abbiamo lette a decine ,oggi Figisc domani tutte le altre ,tanto per non essere da meno ,il risultato ? nulla ,per adesso nulla !!!
Oggi la risoluzione De Toma è vecchia ,dopo il covid le strategie di mercato stanno cambiando ,e cambieranno (come anzitempo pronosticato )in peggio ,per i gestori in primis ,ancora una volta succubi delle decisioni imposte dalle compagnie ,,con ENI come apripista
il vero problema è che come detto da Figisc ,le compagnie sono allo sbando ,non tanto meglio sembra il sindacato incapace a gestire la situazione ,incapace a “dettare legge” ,
Portateci allo sciopero generale in modo serio ,se non oggi quando ? unendo tutte le sigle sindacali ,solo allora ci potremmo contare e pretendere ,
Pretendere una seria lotta all evasione ,pretendere più margine ,pretendere più diritti ,altrimenti si può scegliere l al tra strada tutti a casa