“Coloro che vanno a morire, ti salutano”. Questa è la frase che i gladiatori indirizzavano all’imperatore romano, prima dell’inizio dei combattimenti nell’arena.
E’ la stessa frase che i Gestori, moderni gladiatori, rivolgono al Presidente del Consiglio ed al Ministro dello sviluppo economico: vi salutiamo, noi che siamo destinati a “morire” (in senso figurato, s’intende), insieme alle nostre attività.
Questa è la verità. Questa è la realtà di una Categoria i cui problemi sono stati, sistematicamente, sottovalutati.
Quanto accaduto nelle scorse settimane la dice lunga sulla capacità di ascolto di un Governo e di un Ministro dello Sviluppo Economico che continuano a considerare la nostra Categoria come residuale, destinata a scomparire: solo carne da macello utile esclusivamente a far funzionare -in silenzio- la macchina della mobilità.
Del trasporto su gomma.
Eppure i Gestori hanno ampiamente dimostrato, per l’ennesima volta, di essere una Categoria affidabile. Composta di persone serie che hanno mantenuto aperte (anche perché obbligate) le loro attività facendosi carico di garantire la mobilità -quella poca che c’è stata-in condizioni “disperate”.
Ma i Gestori, è noto, non sono una lobby e non sono rappresentati da alcun contro-potere che riesce ad entrare, con le tasche vuote, nelle stanze del potere dove si premiano -a secondo della convenienza politica e della (presunta) convenienza elettorale- “gli amici”. I fedeli. Quelli che gridano a voce più alta.
Purtroppo i Gestori sono una Categoria di gente pacata, sempre pronta ad offrire una mano a chi sta in difficoltà e, forse per questo, spesso scambiata con il segnale stradale posto lungo la carreggiata. Invisibili.
Durante il primo lockdown, è vero, ai Gestori (come ad altre categorie) è stato riconosciuto un contributo a “fondo perduto” che in qualche maniera compensasse la diminuzione della loro marginalità a seguito del mancato traffico derivante dalle chiusure generalizzate: ed è grazie a questo provvedimento che i Gestori, ancora, non sono affogati.
E dire che anche in quella circostanza il Ministro si è ricordato della nostra Categoria solo dopo essersene dimenticato per due mesi (nonostante i video incontri e le formali assicurazioni), all’ultimo momento e dopo numerose iniziative assunte dalla Categoria, riconoscendo, in Parlamento, il ruolo dei Gestori. Poi, otto mesi senza alcuna interlocuzione.
I comunicati della Presidenza del Consiglio, le tabelle pubblicate a corredo dei DPCM, hanno insistito su attività che possono essere definite marginali, dimenticando che, in mezzo alla strada (nel senso letterale del termine), rimaneva un’intera Categoria senza presidi sanitari, senza litri da distribuire, senza protezioni di sorta: una Categoria di dimenticati, figlia di un dio minore, obbligata a mantenere gli impianti aperti anche senza vendite (indipendentemente dai colori con i quali sono state dipinte le singole Regioni).
E quando abbiamo posto il problema -anche con uno sciopero che, certo, poteva andare anche meglio- ci è stato riposto che “i ristori erano destinati alle attività che erano rimaste chiuse”. Giustissimo. Ineccepibile.
Ma bloccare la mobilità e, poi, sostenere che i “ristori” debbano andare solo a chi ha chiuso l’attività è veramente un atteggiamento spregevole. E’ come dire: ti obbligo a stare aperto ma ti blocco la circolazione e la mobilità. Ma, poiché non hai chiuso, non hai diritto ad alcun ristoro. La plastica trasposizione, in chiave Covid del famoso comma 22.
Capiamo benissimo che il Ministro (ed il Governo) sono in altre “faccende affaccendati” ma ignorare un’intera Categoria non può essere definita una semplice dimenticanza: dietro ci deve essere, per forza, un ragionamento politico che intende affossare i carburanti “fossili” a vantaggio di quelli elettrici. E la chiusura forzata, per mancanza di risorse delle attività svolte dai Gestori, secondo la fervida immaginazione di chi non ha alcuna competenza in merito, potrebbe accelerare il processo.
Ma se per un attimo (e senza troppo sforzo) il dubbio attraversasse le “menti” di coloro che stanno accarezzando questo insano progetto, forse le riflessioni del signor Toyoda e dell’AD di Bosch (mica del sindacalista trinariciuto dei “benzinai”) che hanno chiarito come le vetture elettriche siano, oggi, addirittura, più inquinanti di quelle a combustibili fossili di nuova generazione, potrebbero aiutare ad essere meno ideologici e più realistici (avete visto la Francia che sta prorogando al 2035 la chiusure delle centrali nucleari?). Il problema è scegliere e non continuare a mischiare le carte, piegando la verità per dimostrare una tesi precostituita.
In fondo, sembra che la riflessione dominante sia quella di “distrarre l’attenzione” confidando sul fatto che, domani (magari al momento di mettere la scheda nell’urna), tutti avranno dimenticato quello che è accaduto nei mesi/anni precedenti.
Eppoi la classe politica italiana si scandalizza sullo scollamento con la società civile. Sulla distanza che c’è fra i problemi del popolo e su come la politica (con la p minuscola) tende ad affrontarli (nel segreto della sua stanzetta). Ovviamente insistendo sul fatto che la colpa di tale distanziamento è da ascrivere ai cittadini ed alla loro scarsa comprensione delle problematiche in atto.
La verità è un’altra: in una società complessa come la nostra, se non si presta attenzione ai problemi dei cittadini, si finisce per essere la parodia di se stessi. Inutile sperare che l’oblio cancelli l’incapacità di dare risposte politiche a temi che sono vitali per il Paese, o inventarsi cinghie di collegamento con la nascita pilotata di realtà dal nulla. Se non fosse drammatico, sarebbe almeno infantile.
La nostra Categoria, diciamo le cose come stanno, ne ha le tasche piene (per mantenere il linguaggio entro i limiti della decenza) di essere continuamente bistrattata, “venduta” in ragione delle macro aree di business che si sono aperte e si stanno aprendo su un mercato parzialmente inventato dal nulla (e frutto solo di incentivi, quelli sì!, statali) ed ha in animo di recuperare la sua dignità non solo contestando il sistematico assalto ai Gestori (ed all’intero, silente, settore) ma anche proponendo all’opinione pubblica – già stressata dalla situazione- un’altra lettura degli accadimenti di queste settimane.
I Gestori, deve essere chiaro al Ministro -ma anche a tutti gli altri attori- non sono qui con il cappello in mano ad elemosinare qualche spicciolo: i Gestori rivendicano il loro diritto ad essere trattati nello stesso modo in cui sono trattate altre micro-imprese. Altri lavoratori.
Forse il Governo, non si è accorto che, nel 2020 le vendite sono diminuite drammaticamente (nonostante i primi due mesi dell’anno e la mobilità consentita nel periodo estivo) fino a sfiorare il 60% sulla viabilità ordinaria e l’80% sulla viabilità autostradale.
Una catastrofe per i Gestori con i loro 30 €uro lordi percepiti ogni mille litri di carburante venduti (e con contratti assenti o fatiscenti, frutto dell’esasperazione di un’altra impostazione ideologica che ha portato alla parcellizzazione del settore ed all’abbandono del mercato italiano da parte di aziende industriali strutturate). Gli stessi Gestori in queste condizioni sono, ormai, fuori da ogni possibilità di sopravvivenza, se non si inverte la tendenza.
Per le micro-imprese di gestione che pure hanno l’OBBLIGO DI RIMANERE APERTE, non c’è cassa integrazione, né possibilità di chiudere (almeno per risparmiare sui costi di sistema) non ci sono indennizzi (tranne quello ricordato) e pure quando il Parlamento approva una Legge (n°77/2020) devono aspettare oltre sei mesi per un Decreto attuativo che se non avessimo scioperato si sarebbe ancora una volta perso all’interno delle stanze di Via Molise (ma che ancora è all’omologazione del Corte dei Conti dopo la provvida sollecitazione della Sottosegretaria Morani).
Possibile che nessuno si sia accorto di questa banale realtà? Possibile che nessuno presti attenzione al fatto che un settore che consenta allo Stato di incassare circa 40 Miliardi di imposte non è degnato della purché minima attenzione? E’ possibile continuare a sostenere che il nostro è un servizio di pubblico interesse (o pubblico servizio) solo quando c’è da fare la “chiamata
alle armi” o fare appello all’orgoglio nazionale dimenticando subito dopo di dare conseguenzialità alle politiche, se non per “distruggere” sistematicamente l’intero settore?
Un atteggiamento schizofrenico che sarebbe generoso scambiare solo con la follia.
Per rimanere al tema di più immediato impatto con la nostra Categoria (lasciando i ragionamenti generali ad altre occasioni, se mai ce ne saranno, considerata la pavidità di chi sfugge al confronto), lo vogliamo dire con altre, più semplici parole: i Gestori hanno diritto ad ottenere quei ristori -con le stesse modalità e nella stessa (o maggiore se la situazione dovesse continuare a caratterizzarsi cin la riduzione forzosa della circolazione) misura di quelli ottenuti a Maggio 2020- senza si continui a menare il cane per l’aia ed a cincischiare! E’ una questione di giustizia sociale in generale ed una questione di dignità per la nostra Categoria.
Ed accanto a questo il Governo si deve predisporre a dare adempimento a quella “risoluzione De Toma”, approvata all’unanimità dalla Camera dei Deputati lo scorso dicembre 2019, che lo impegnava ad intervenire per riformare concretamente il settore della distribuzione carburanti e riportare, anche in questo settore la “certezza del diritto” che viene calpestata ogni giorno senza che alcuno (tranne i rappresentanti della Categoria) si opponga.
Occorre inaugurare una nuova stagione nella quale torni la contrattazione (anche orizzontale) per garantire che le leggi speciali di settore vengano rispettate e tutelato l’anello più debole della filiera petrolifera; che fissi nuove regole con le quali a chi si macchia di “illegalità” nel traffico di carburanti (e di accise) venga applicata la legislazione antimafia con il sequestro totale dei beni (altro che cambio di ragione sociale!) perché, deve essere chiaro, chi adotta questi comportamenti non può che essere “mafioso” (in senso lato); che rilanci una politica di investimento – anche compatibile con l’ambiente- e che sia elemento essenziale da cui partire per una “ragionata” e deideoligizzata transizione energetica.
D’altra parte se il Procuratore Generale presso la Procura della Repubblica di Trento ha dichiarato nell’audizione alla Camera lo scorso dicembre 2019 che il 30% dei carburanti è oggetto di evasione in mano alla criminalità organizzata, è almeno ovvio che la situazione non può più essere affrontata con la legislazione normale.
Abbiamo detto che, per la nostra Categoria è una questione di dignità: lo è per i Gestori ma anche per il resto degli operatori della filiera che non possono continuare a volgere la testa dall’altra parte, come se la situazione (di degrado) cui siamo giunti non fosse di loro interesse.
Abbiamo detto altre volte: chi vuole rimanere in questo settore deve farlo rispettando le regole: chi vuole delinquere deve scegliere un’altra strada. Quella della solitudine e della condanna sociale.
Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni pronti, ove le nostre richieste dovessero ancora una volta essere disattese, a dare vita ad una mobilitazione straordinaria ricordando ai Gestori che non è più tempo di “guardarsi l’ombelico” ma quello di partecipare attivamente alla difesa dell’esistente ed alla speranza di un altro futuro. Possibile.
Fonte: Controdistribuzione edizione Flash. Periodico di informazione economico sindacale Fegica
almeno i gladiatori prima di morire lottavano i benzinai no
colpevole anche le organizzazioni che nel tempo si sono trasformate da sindacati veri a scrivani contabili,nonostante continuino a dividersi le royalti del cipreg,non facendo mai sapere gli importi e la destinazione dei fondi