Riportiamo di seguito la lettera aperta alla Staffetta Quotidiana con cui il presidente della Fegica, Roberto Di Vincenzo, accusa i professionisti dell’anti-illegalità di ritenere che la soluzione di tutti mali sia il mitico ”vaccino elettronico” mentre questo settore ha bisogno di regole e di programmazione.
Si ricorda, inoltre, che continuano gli incontri di Faib, Fegica e Figisc/Anisa con il Governo, il Parlamento e i Gruppi politici in esso rappresentati, finalizzati all’illustrazione della bozza di ddl elaborato dalle associazioni in vista del ritorno alla concessione sulla rete carburanti. Mercoledi 4 maggio è previsto un incontro con l’on. Davide Crippa, presidente del gruppo M5S della Camera, e con l’on. Luca Sut, capogruppo M5S della decima commissione della Camera (Attività Produttive), e mercoledì 5 nel pomeriggio quello con l’on. Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione.
Di Vincenzo a Staffetta Quotidiana
Nonostante i ripetuti inviti a “battere un colpo” che negli ultimi otto mesi abbiamo lanciato (che hanno trovato puntuale eco sulle colonne del suo quotidiano), pare davvero complicato non arrendersi all’evidenza: le diverse componenti di questo mondo non riescono ad emettere che silenzio.
Persino adesso, che pure questo settore ha saputo risvegliare qualche primo, timido interesse del Governo e del Parlamento, grazie alla Proposta che si sono fatti carico di immaginare i Gestori.
Ci sarebbe da sperare che ciò stia accadendo per distrazione o per un aristocratico atteggiamento snobistico: quel che propongono i Gestori non merita attenzione per il semplice fatto che viene dai Gestori.
Meglio sarebbe poter credere che ciò avvenga perché quel che resta del settore produttivo – che ha consentito la crescita del Paese – si senta impotente o indirettamente “infiltrato” (se non altro in termini di relazioni) con un contesto compromesso e infiltrato.
Ma, forse, sarebbe ingeneroso liquidare così il tema del cupio dissolvi.
L’impressione è che ciò sia frutto di una scelta che ha come risultato quello di negare pervicacemente il Problema.
Così ci si attarda lasciando passare il concetto che la Soluzione di tutti i mali sia il mitico “vaccino elettronico”, cosicché quando ognuno avrà scaricato l’App della Legalità il Problema potrà dirsi risolto. E si potrà, finalmente, tornare alla vita normale, quella di prima.
Il problema, però, non è il contingente (vaccino) ma la ricerca di una cura che metta al riparo dal riproporsi della malattia: in altre parole si guarda all’oggi ignorando che senza la cura, fatalmente, ricadremo nella pandemia dell’illegalità.
L’elettronica è uno straordinario strumento, il naturale e necessario sviluppo di una organizzazione sociale nel suo complessivo progredire.
Ma nessuno può illudersi, né far credere, che possa costituire la soluzione di per sé.
Tanto meno l’obiettivo può essere “tornare alla vita di prima”.
Significherebbe non avere imparato la lezione e, appunto, negare pervicacemente che ci sia un problema, se non quello dei troppi ladri in circolazione, comunque utili da agitare professionalmente per ripulire a buon mercato anche le coscienze e far dimenticare le proprie responsabilità.
Le conseguenze mostruose con cui tutti (alcuni più di altri) dobbiamo fare i conti – oltreché la residualità a cui è stata condannato un intero sistema produttivo, nonostante il suo valore intrinseco, i suoi fondamentali – sono sotto gli occhi di tutti. Degrado generato proprio da quel periodo, nemmeno tanto lontano, in cui non si faticava a incrociare grandi manager e geniali imprenditori che si vantavano orgogliosamente dell’allegro superamento di un limite dopo l’altro, di una regola dopo l’altra; dell’uso disinvolto di mercati fittizi e paralleli; della spregiudicatezza con cui si affondavano impunemente le mani nel barattolo della marmellata della collettività (e nelle tasche degli altri) che gli si era materializzato davanti, senza alcun merito (Iupiter posuit nobis duas peras).
Questo settore ha bisogno di Regole e di Programmazione, non solo perché in loro assenza ne è stato fatto strame, ma soprattutto perché costituisce una risorsa della collettività, strumento essenziale per soddisfare – ancora per qualche decennio – esigenze del singolo individuo e, allo stesso tempo, per raggiungere obiettivi di superiore interesse generale.
Dobbiamo, in altre parole, rovesciare il ragionamento: chiunque voglia muoversi imprenditorialmente nel settore deve avere ben chiaro che ciascuno è un ospite in casa d’altri e, come tale, deve rendere conto dei suoi comportamenti. Non un padrone a cui tutto è consentito.
Lungi dall’essere una limitazione – i lacci e lacciuoli di una certa logora retorica ipocrita – rappresenta il vero punto di forza di questo settore.
Punto di forza che è stato tale fintantoché il ruolo di “moderatore” è rimasto, per impostazione strategica prima ancora che per scelta politica, nelle mani di Agip Petroli. Un ruolo cruciale e di “visione” per il settore petrolifero italiano fino al momento in cui – fattasi largo una certa china giacobina – non è stata prima spacchettata e, poi, ridotta ad un ruolo comprimario dal nuovo avanzante che ha avuto come unica “mission” quella di comprimerne la capacità di attenzione al “sociale” e di invertire la rotta sul piano del mantenimento degli equilibri in un settore che, con il senno di poi, non possiamo nasconderci che sia imploso per mancanza proprio di strumenti di analisi.
In questa fase storica caratterizzata da un disimpegno diffuso, il settore deve tornare ad assumere il ruolo di “moderatore” che, rilanciando un sistema di Regole e Legalità assuma su di sé il compito – insieme ambizioso e coraggioso – di formare, dal nulla di oggi e senza una reale guida, una coscienza collettiva diffusa nei suoi operatori. Senza infingimenti.
E deve farlo subito, perché l’occasione irripetibile della transizione ecologica, se non è il punto di svolta e di rilancio, non potrà che essere l’accelerazione fatale verso la definitiva marginalizzazione.
L’alternativa non è altra se non quella che sta già sorprendendo molti, ciascuno individualmente, chi a pretendere, chi a pietire un posto al ricco tavolo della transizione. Poco importa dove, in realtà, conduca. Poco importa che il Pniec chiarisca, più e meglio di come si racconta, un percorso che ancora deve essere riempito dei contenuti nel Pnrr e soprattutto dei fondi, che qualcuno vuole già ipotecare, del Next Generation EU.
È l’eterna battaglia fra i presunti innovatori – che in realtà sono i più vieti conservatori – e coloro che vengono additati come conservatori ma che, invece, provano a “sporcarsi” le mani immaginando soluzioni possibili. Contro la palude del perbenismo.
Nel mantenimento della situazione attuale caratterizzata da assenza di regole (magari accompagnate da proclami sulla legalità), ciascuno può continuare – senza pagare pegno – a fare indisturbatamente quello che vuole, mantenendo condizioni di privilegio (anche contrattuale nei confronti dei Gestori).
Invece la rete, non chi crede di poterne disporre a proprio personale piacimento, è l’infrastruttura che, adeguatamente riformata nelle regole e nei criteri di sviluppo, si può candidare ad essere parte credibile e propositiva del processo.
Magari, dicendo la verità sull’elettrico, ma non per questo evitando di fornire soluzioni concrete, realizzabili e compatibili con il ruolo che l’elettrico è destinato ad avere nell’autotrasporto nell’immediato futuro.
Magari per impedire che il Paese compia scelte affrettate, ideologiche, draconiane e finanche controproducenti anche da un punto di vista ambientale, riguardo ai veicoli con motori a combustione termica.
Sarà anche questo dovuto all’effetto Draghi, ma dai numerosi colloqui a cui abbiamo avuto modo di partecipare in queste ultime due settimane, la Politica sembra dimostrare una nuova sensibilità e attenzione.
E la proposta articolata e di sistema prodotta dai Gestori ha suscitato un tale grado di riflessione e interesse che l’attenzione si sta allargando anche ad altre competenze ministeriali oltre quella già manifestata dal Ministro Cingolani.
Anche questa è una occasione non proprio facilmente replicabile.
Forse potrebbe essere arrivato il momento che tra un convegno, un salotto e un paio di webinar, anche le altre componenti del settore trovino il momento di confrontarsi con l’unica proposta (confessabile) messa sul tavolo e non esaurire il proprio ruolo nell’esercizio (sterile) della pratica del “professionismo dell’anti-illegalità”.