Carburanti, spigolature dall’indagine Antitrust

Staffetta Quotidiana – È sicuramente cambiato il settore dei carburanti da dieci anni a questa parte, ma forse un po’ è cambiato anche il vento all’Antitrust.

La conclusione dell’indagine conoscitiva sui prezzi avviata in gennaio rappresenta una correzione di rotta rispetto ai precedenti del 1996, del 2001 e del 2012. Con una sostanziale promozione della distribuzione carburanti in Italia per quanto riguarda i profili di concorrenza e, piuttosto, con una particolare attenzione sia ai profili problematici al livello internazionale, sia alla qualità e legalità sulla rete, sia, infine, al ruolo che la rete può giocare nella transizione energetica. Considerazioni niente affatto scontate, se si considera che fino a pochi anni fa l’azione del garante rispetto al settore dei carburanti si limitava alla richiesta di una sostanziale deregolamentazione.

C’è un punto su cui l’indagine si sofferma e rileva qualche criticità, ed è quello della logistica, del mercato all’ingrosso e dell’extrarete. Nel documento conclusivo si legge che, dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, sul mercato extra-rete si è verificato un problema di “scarsità fisica dei prodotti, con conseguente razionamento delle forniture, e un forte incremento dei prezzi, dovuto non solo all’aumento della componente Platts ma anche a un aumento dei c.d. delta Platts”. Una contingenza segnalata tempestivamente e approfonditamente su queste pagine.

Quanto alla struttura logistica, secondo le informazioni raccolte nel corso dell’indagine, in Italia vi sono circa 250 depositi fiscali, che detengono carburanti in sospensione di accisa, e 2.800 depositi commerciali, che detengono carburanti ad accisa assolta. Non emerge, scrive l’Antitrust, “una carenza di strutture logistiche in Italia” ma “la disponibilità di prodotto all’ingrosso, intesa anche come disponibilità a prezzi non eccessivamente elevati” può rappresentare “un fattore critico nelle fasi di carenza (relativa) di offerta. Ciò vale in particolare per gli operatori diversi dalle principali società petrolifere verticalmente integrate come, peraltro, evidenziato dalla elevata variabilità dei relativi costi di approvvigionamento, sia per la componente quotazione Platts che per il differenziale (delta Platts), successivamente allo scoppio della crisi russo-ucraina”.

In questo senso, si legge ancora, “lo sviluppo di un mercato (wholesale) più liquido e meno vincolato a formule di acquisto spot può contribuire a creare condizioni di approvvigionamento più stabili e strutturate per gli operatori indipendenti” e “lo sviluppo di un vero e proprio mercato all’ingrosso dei carburanti potrebbe favorire il ricorso da parte dei gestori che siano anche proprietari dell’impianto alla possibilità di approvvigionarsi liberamente (senza vincolarsi a rapporti di fornitura in esclusiva con le principali società petrolifere verticalmente integrate), introdotta dal DL n. 1/2012”.

A questo punto l’Autorità ricorda che il Dlgs 249/2012 ha previsto la costituzione di tre piattaforme di mercato (logistica petrolifera, mercato all’ingrosso e mercato a termine), la cui attuazione “è stata tuttavia solo parziale”. Per l’Antitrust “appare auspicabile che si arrivi ad una piena e concreta attuazione delle previsioni contenute nel Dlgs 249/2012, volta a completare l’iter per la creazione e l’avvio delle piattaforme di mercato per favorire l’incontro tra domanda e offerta di capacità logistica e tra domanda e offerta all’ingrosso di prodotti petroliferi anche a termine. L’implementazione di tali piattaforme potrebbe contribuire allo sviluppo e al rafforzamento della fase di approvvigionamento all’ingrosso di carburanti con effetti positivi sulla capacità di risposta degli operatori alle situazioni di tensioni dal lato dell’offerta nonché sulla capacità degli operatori indipendenti di instaurare rapporti di approvvigionamento più stabili e strutturati per i propri impianti”.

Da rilevare, tra le “spigolature” dell’indagine, anche le osservazioni sull’assetto della rete. Per le principali società petrolifere verticalmente integrate, “emerge una prevalenza del modello proprietà/gestore terzo, seguita dal modello convenzionato/gestore terzo”. A fronte di circa 15.000 impianti recanti il marchio di una delle compagnie, circa 5.000-6.000 sono di proprietà ma gestite da un soggetto terzo, circa 4.000-5.000 di proprietà di terzi (dunque convenzionate) e gestite da un soggetto terzo, circa 2.000-3.000 sono proprietà e gestite direttamente. I restanti 2.000-3.000 impianti sono riconducibili al “modello grossista”. Vi è infine, conclude l’Antitrust, un numero limitato di impianti di cui le società petrolifere dispongono in forza di contratti di affitto e che sono per lo più affidati a gestori terzi. Secondo l’Autorità, è opportuno valutare una revisione della normativa relativa alla gestione degli impianti di distribuzione volta a favorire la definizione di tipologie contrattuali diversificate.

Infine, l’indagine propone anche una nota sulla “polverizzazione” della rete: un “elemento di differenziazione dell’Italia è costituito dal grado di frammentazione dell’offerta, data la più alta presenza di reti di punti vendita di modeste dimensioni: nel Paese, infatti, sono circa 5.000 le reti composte da meno di 30 punti vendita, a fronte delle circa 3.000 in Spagna, 700 in Francia, 600 in Regno Unito e 400 in Germania”.

Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana 

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