Ovidio Marras, il coraggioso pastore sardo, è stato un eroe silenzioso nella difesa di un tratto incontaminato della costa sud-occidentale della Sardegna. La sua storia è quella di un uomo che ha affrontato un gigante immobiliare per proteggere il suo patrimonio familiare e l’identità della sua comunità.
Il conflitto ha avuto inizio quando un colosso immobiliare ha pianificato la costruzione di un mega resort di lusso in riva al mare, proprio in uno dei tratti più belli e intatti della costa sarda a Capo Malfatano. Il progetto prevedeva anche la deviazione dell’antico sentiero del podere di Ovidio, scatenando una disputa legale che ricorda la mitica lotta tra Davide e Golia.
Affiancato dall’associazione Italia Nostra, Ovidio ha portato la Sitas (Società Iniziative Agricole Sarde), dietro la quale si celavano potenti gruppi finanziari e immobiliari italiani, tra cui Benetton, Toti, e Caltagirone, in tribunale. Questi rappresentavano praticamente l’élite del settore, con il sostegno di Monte Paschi Siena, e avevano puntato gli occhi su una delle aree marine più affascinanti e protette paesaggisticamente dell’isola.
La risolutezza di Ovidio risale al 2010, quando ha rifiutato cifre considerevoli per cedere la terra di famiglia alla Sitas, dichiarando con fermezza: “Questa è la terra di mio padre e del padre di mio padre, e me la tengo. Voi qui intorno non avete il diritto di costruire.”
La battaglia legale si è conclusa con la dichiarazione di fallimento della società nel 2018 da parte del tribunale di Cagliari. Le imprese coinvolte nella costruzione del resort, a soli 312 metri dalla spiaggia di Malfatano-Tuerredda, avevano richiesto il fallimento dopo lo stop ai lavori causato dalle vittorie giudiziarie di Ovidio e Italia Nostra.
Ovidio Marras, che all’età di 93 anni ci ha lasciato nella sua Teulada, rimarrà per sempre un simbolo di coraggio e determinazione. La sua storia ha oltrepassato i confini nazionali, catturando l’attenzione persino del New York Times. Il suo impegno nel difendere la sua terra e l’identità di allevatore è un ricordo indelebile che ispirerà le generazioni a venire.
La sua storia ci ha subito ricordato quella di tanti colleghi impegnati a difendere la propria dignità, il proprio lavoro e i propri diritti.
“Un caso che induce all’ottimismo e alla voglia di combattere….”
La voglia di combattere di alcuni gestori manca molto.
Quando ci sta uno sciopero si tirano subito indietro ,questa non e’ solidarieta” verso alcuni colleghi ma e approfitto di clienti.