
Cosa c’è (e cosa no) sul tavolo per il riordino
La trattativa sulla razionalizzazione della distribuzione carburanti rischia di naufragare. E, per quanto a un occhio distratto potrebbe sembrare un’eventualità di poco conto, per il settore sarebbe un grave fallimento: per la crescita e l’ammodernamento del settore, per il suo rapporto con le istituzioni e con il governo, per il suo ruolo in una delicata fase di transizione.
Solo qualche anno fa sarebbe stato fantascienza poter lavorare a un disegno di riforma che coinvolgesse da una parte il governo e dall’altra tutte le articolazioni della filiera: un po’ perché la rete carburanti era considerata un’infrastruttura a perdere, nell’ottica della transizione energetica; un po’ perché dominante era ancora una visione basata sulla deregulation, sulla liberalizzazione purchessia, sulle “mani libere”. Approcci, entrambi, che hanno mostrato la corda.
Tanto più rilevante è l’occasione che si è aperta un anno fa, parallelamente alla sciagurata vicenda del “cartellone”: tornare a governare il settore, con attenzione a una sostenibilità di lungo termine, da tutti i punti di vista.
L’ordine del giorno unitario approvato in settimana da Faib, Fegica e Figisc, oltre a portare la notizia della ritrovata unità, ha bisogno, come a volte accade, di una parafrasi e di una contestualizzazione.
Lo scorso anno, il governo si era presentato con una formazione di tutto rispetto alle associazioni di settore per illustrare le linee del Ddl di razionalizzazione: erano presenti i ministri Urso e Pichetto, il sottosegretario Bitonci e i vertici delle rispettive amministrazioni. Un investimento politico importante, accompagnato dalla richiesta di presentarsi con una posizione unitaria sul disegno di legge di riordino. Richiesta cui compagnie, gestori e retisti hanno risposto nei mesi successivi aprendo un tavolo di confronto. Tavolo che, da ultimo, avrebbe dovuto riunirsi in settimana e che è stato invece rimandato a dopo Pasqua.
Il punto di frizione è quello dei contratti tra proprietari e gestori, come si legge nella nota unitaria e come hanno ripetuto a più riprese i rappresentanti del governo, sollecitando un accordo. Ma più che la definizione di nuovi rapporti tra proprietari e gestori, più che quello che è sul tavolo, il problema è quello che sul tavolo non c’è. Ovvero, come scrivono i gestori, la decisione di alcune compagnie (Eni e Q8, soprattutto) di non rinnovare molti dei contratti di comodato in scadenza per poter poi passare alle gestioni dirette dei punti vendita. Scelta, ovviamente, del tutto legittima, che le aziende vogliono tenere fuori dal tavolo della trattativa, e che i gestori, va da sé, vivono come un aggiramento.
La vicenda si presta a una serie di riflessioni. A partire dalla presentazione del nuovo piano Eni, ieri a Milano. Enilive, la società che comprende tra l’altro le attività di bioraffinazione e di distribuzione carburanti, vedrà, secondo i piani di Eni, un aumento della redditività, un’espansione rete con 300 punti vendita premium in aree strategiche con una completa ristrutturazione, un raddoppio delle vendite di Hvo in oltre mille punti vendita entro la fine del 2024, un’espansione del non oil che rappresenterà il 40% dei profitti al 2027. Il tutto è ricompreso nel “modello satellite”, quello di Plenitude, la società delle rinnovabili e del retail elettrico e gas, con la possibilità di far entrare nuovi soci o andare in Borsa.
La coincidenza della presentazione con l’intoppo nella trattativa sulla rete porta a chiedersi: quanta di questa redditività è legata alla re-internalizzazione delle gestioni? E soprattutto, cosa c’è sull’altro piatto della bilancia?
Sull’altro piatto della bilancia c’è un impegno preso con la politica pochi mesi fa, di presentarsi con una posizione unitaria sul Ddl di riordino. Un impegno su cui il governo ha già richiamato diverse volte i protagonisti.
Le compagnie sono sicuramente l’anello forte della filiera, ma è d’altra parte ancora fresco il ricordo dello sciopero dei gestori, dei grattacapi che portò al governo – da Giorgia Meloni in giù – ma anche al settore, visto che ebbe tra i suoi frutti l’irrigidimento sulla questione del cartellone (ancora irrisolta, peraltro).
C’è sempre da tenere a mente che, purtroppo, i carburanti guadagnano le prime pagine dei giornali – e un posto sull’agenda dei politici – essenzialmente quando la benzina supera di due euro al litro e quando i benzinai scioperano. È discutibile ma è così. A maggior ragione è importante sfruttare l’occasione di essere sull’agenda dei ministeri competenti per un’iniziativa di riforma, per cercare di ridare redditività a un settore che deve prepararsi a una difficile transizione. E per lasciarsi definitivamente alle spalle la logica del più furbo, del più spregiudicato, che abbiamo visto fare gravi danni nel decennio passato.
La creazione di valore non è solo la riga alla fine di un bilancio. Abbiamo visto negli anni scorsi che è possibile creare (e distruggere) valore in vari modi. Quello che conta è un valore che resta, e condiviso. La costruzione di rapporti solidi e di fiducia tra le articolazioni della filiera, ciascuna nel proprio ruolo, è un valore di questo tipo. Tutto il resto può interessare a un investitore mordi e fuggi.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana
LA SCELTA PER CHI È AL COLLASSO È TRA UN ACCORDO NELLA LEGGE DI RIORDINO PER UN INDENNIZZO E CHIUSURA ACCOMPAGNATA DA UN CONTRIBUTO ECONOMICO . ….OPPURE COME LEGGO IN MOLTI MESSAGGI SCIOPERI CONTESTAZIONI NON FIRMARE NESSUN ACCORDO E….. CHIUDERE SENZA UN EURO DI CONTRIBUTO PER ASFISSIA LENTA. AI GESTORI LA SCELTA.