Staffetta Quotidiana – “Numerosi comparti dei servizi risultano inefficienti o crescono poco per via di un’eccessiva regolamentazione, ad esempio la distribuzione di carburanti”. La frase potrebbe benissimo essere tratta da una segnalazione Antitrust di 10-15 anni fa, invece è contenuta nel Programma nazionale di riforma (Pnr) che il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha illustrato nella notte al Consiglio dei ministri.
Il Pnr è un allegato del Documento di economia e finanza (Def) e serve a indicare le priorità del Governo per la crescita nell’arco del prossimo triennio. Quest’anno il documento assume una valenza particolare perché è declinato sulle esigenze della ripartenza dopo la crisi Covid-19. A maggior ragione appare singolare che nel capitolo sulle quattro aree prioritarie (produttività, competitività, giustizia e settore bancario) compaia, al paragrafo “Liberalizzazioni”, la questione della rete carburanti.
Ancor più peculiari i motivi: secondo il Mef la rete di distribuzione dei carburanti “è caratterizzata da margini più elevati e standard qualitativi della rete inferiori rispetto a quelli dei principali Paesi europei”. E questo sarebbe dovuto “alle restrizioni che ancora permangono sia all’ingresso sia all’uscita dal mercato, ad alcuni vincoli alle modalità di funzionamento degli impianti e alle condizioni generali di svolgimento del servizio. La presenza di barriere all’entrata – si legge ancora – blocca lo sviluppo qualitativo del settore in termini sia di diversificazione dell’offerta dei prodotti oil sia di ampliamento della gamma offerta di servizi non oil”.
Tutte affermazioni clamorosamente smentite dall’esperienza quotidiana di chi sulla rete lavora ma anche da un osservatore non particolarmente attento. Nel business della distribuzione carburanti ormai entrano (sono entrati) cani e porci e i margini si sono sensibilmente ridotti per via della maggiore concorrenza (spesso sleale) innescata dalla liberalizzazione del 2012 del Governo Monti. C’è da chiedersi dunque dove siano le barriere all’entrata: sono oltre 220 i marchi registrati all’Osservaprezzi, con le pompe bianche che rappresentano oltre un quarto del totale degli impianti; non si contano depositi e destinatari registrati; spuntano come funghi trader, broker, intermediari, che inondano le scrivanie degli operatori di offerte spesso fuori mercato; e proventi delle frodi degli ultimi anni iniziano a diventare “sistema”, a immobilizzarsi in impianti e infrastrutture. Questa resta la vera emergenza.
Le osservazioni sui carburanti contenute nel Pnr sembrano portare la firma dell’Antitrust, che ancora lo scorso novembre, in un’audizione parlamentare, parlava, tra l’altro, di barriere all’ingresso e prezzi troppo alti. Una visione completamente superata dallo stravolgimento vissuto dal mercato dopo la liberalizzazione del 2012. Anche per questo ci sentiamo di sconsigliare il legislatore dal delegare ancora all’Autorità per la concorrenza il governo o la riforma del settore, visti i risultati conseguiti negli ultimi anni.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana
troppo alti sono gli stipendi di questi burocrati che parlano parlano e parlano,provassero loro a venire sugli impianti,ora mancavano anche la modifica degli ISA