
La notizia è rimbalzata sulle pagine de Il Secolo XIX, ma per molti gestori non è una novità, bensì l’ennesima conferma di una situazione che si vive — letteralmente — giorno per giorno: Europam è in crisi di liquidità e i gestori a marchio sono spesso senza carburante da vendere.
Per mesi, in Liguria e Piemonte, gli impianti Europam hanno ricevuto forniture “a singhiozzo”. Non stiamo parlando di piccoli ritardi, ma di centinaia di migliaia di litri mai consegnati. Un disservizio che non solo svuota i serbatoi, ma anche i conti correnti dei gestori, che si ritrovano senza merce da vendere, ma con i costi vivi ancora tutti da sostenere: affitti, bollette, personale, sicurezza. La domanda sorge spontanea: chi risarcisce chi lavora per conto di un marchio che smette di rifornire?
La replica dell’azienda, affidata a una nota, parla di “limitati disservizi” e assicura che tutto si risolverà “a brevissimo termine”. Ma la realtà del piazzale è un’altra: camion che non arrivano, clienti che si spostano altrove e gestori lasciati a spiegare l’inspiegabile.
Nel frattempo, l’amministratore delegato Francesca Costantino non commenta direttamente e cresce l’ombra di una possibile cessione della rete. Voci insistenti parlano di trattative in corso per la vendita, mentre l’accordo avviato con Q8 Quaser per il canale extrarete è visto da molti come una mossa più strategica che commerciale.
Parliamo di un gruppo con oltre 50 anni di storia, 500 dipendenti, 250 impianti e 12 depositi nel Nord Italia. Una realtà che ha giocato un ruolo importante nel panorama della distribuzione indipendente. Oggi, però, sembra ostaggio di una crisi profonda e strutturale, che mette in difficoltà anche la fiducia di gestori e partner.
Ancora una volta, a pagare il conto di una strategia (o della sua assenza) sono i gestori: quelli che ogni giorno aprono, tengono pulito, gestiscono la clientela, garantiscono un presidio reale sul territorio. Quelli che vendono carburante “per conto” di aziende, senza poterne decidere il prezzo, la qualità o — come oggi — nemmeno la disponibilità.
Mentre si rincorrono voci di vendita, ristrutturazione o accordi commerciali “salvifici”, gli unici ad averne pagato il prezzo sono al momento i Gestori. Eppure, se salta quell’anello, non resta nulla se non un’insegna spenta su un impianto abbandonato.
Se la crisi esiste, va comunicata, gestita, condivisa con chi ogni giorno ne subisce gli effetti. Far finta che nulla stia accadendo, mentre gli impianti restano a secco, è un insulto all’intelligenza e al lavoro di centinaia di professionisti.
Ai gestori non serve una rassicurazione generica, serve una strategia chiara, impegni concreti e — soprattutto — il riconoscimento di un ruolo che non può essere ridotto a “ultimo della catena”.