Accise, il Governo accelera sull’allineamento sui prezzi bassi. Ma il vento è già cambiato

Una manovra decisa in un momento di stabilità dei prezzi, che ora però rischia di trasformarsi in un boomerang

Quando il prezzo dei carburanti sembrava finalmente essersi stabilizzato, il Governo ha deciso di intervenire in un colpo solo sull’allineamento delle accise tra benzina e gasolio, anticipando una misura che, secondo i piani originari, avrebbe dovuto essere scaglionata in cinque anni.

Un’operazione che arriva in un momento paradossale: i mercati petroliferi non avevano registrato aumenti significativi, ma ora la situazione sta rapidamente cambiando.

Alla data del 3 novembre 2025, il prezzo medio della benzina self ha superato 1,70 euro al litro, con punte di oltre 2,30 euro/litro in modalità servito sulla rete autostradale.
Il diesel, da parte sua, si attesta intorno a 1,64 euro/litro, ma dal 1° gennaio 2026 è destinato a salire ancora, proprio per effetto della nuova manovra fiscale.

Con la Legge di Bilancio 2026, il Governo ha stabilito che le accise su benzina e gasolio vengano portate entrambe a 0,6729 euro/litro.
In termini pratici:

L’accisa sulla benzina si riduce di 4,05 centesimi al litro;

L’accisa sul gasolio aumenta della stessa cifra, cioè +4,05 centesimi/litro.

Una misura che, secondo le stime del Ministero dell’Economia, garantirà un gettito aggiuntivo di oltre 550 milioni di euro già nel 2026, ma che avrà effetti diretti e immediati sulle tasche degli automobilisti e sugli operatori della rete carburanti.

Il Codacons ha già fatto i conti:

un pieno di gasolio da 50 litri costerà 2,47 euro in più rispetto a oggi;

la spesa annuale media per un automobilista salirà di 59,3 euro, ipotizzando due pieni al mese;

se si somma anche l’incremento di 1,5 centesimi già scattato lo scorso maggio, il rincaro complessivo per il diesel arriva a +3,38 euro a pieno, ovvero oltre 81 euro in più all’anno per ciascuna delle 16,6 milioni di auto diesel in circolazione.

Un colpo tutt’altro che trascurabile in un Paese dove il gasolio è ancora il carburante dominante per trasporti, lavoro e mobilità privata.

La scelta di procedere subito e integralmente con l’allineamento delle accise desta più di una perplessità:

arriva in un momento in cui il mercato petrolifero è tornato in tensione, con il prezzo del Brent che mostra segnali di risalita;

non considera gli effetti combinati dell’IVA, che amplifica ulteriormente il rincaro;

penalizza il diesel, carburante che alimenta il trasporto merci e una parte essenziale dell’economia reale.

Il rischio concreto è che, invece di una razionalizzazione fiscale, la manovra si traduca in un effetto inflazionistico indiretto, con ripercussioni su prezzi, logistica e consumi.

Per i gestori e gli operatori della distribuzione, l’aumento delle accise sul gasolio rappresenta l’ennesima sfida in un contesto già complicato da margini ridotti, costi di gestione elevati e fluttuazioni di mercato.

In un settore in cui ogni centesimo fa la differenza, la decisione di colpire il gasolio proprio mentre i prezzi tornano a salire rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà della rete e di alimentare tensioni con la clientela, già provata dal continuo saliscendi dei listini.

Il Governo giustifica la misura come un “riallineamento” necessario per uniformare la tassazione tra benzina e diesel. Ma la tempistica appare infelice: la decisione arriva proprio mentre il mercato internazionale cambia direzione, e rischia di trasformare una misura tecnica in un nuovo boomerang politico e sociale.

In un Paese dove il pieno è già diventato un lusso, il 2026 potrebbe aprirsi con un’altra ondata di rincari — questa volta non per colpa del petrolio, ma del fisco.

Sottoscrivi
Notificami
guest
0 Commenti
più vecchi
più nuovi più votati
Feedback in linea
Vedi tutti i commenti