Nei giorni scorsi Angac ha divulgato una denuncia a tutto campo sullo stato di grave situazione in cui si trovano i Gestori Carburanti. Di seguito riportiamo in forma integrale il contenuto della comunicazione.
Noi dell’ANGAC Associazione Nazionale Gestori Autonomi Carburanti, denunciamo il più grande e palese abuso contrattualizzato e continuato in cui vivono quotidianamente i gestori carburanti, nel silenzio complice delle istituzioni.
Il dimezzamento del margine di guadagno, l’imposizione di prezzi discriminatori, l’abuso di posizione dominante e dipendenza economica hanno ridotto un’intera categoria a livelli di indigenza.
Oggi un gestore lavora minimo 53 ore settimanali, come da contratto, e guadagna mediamente 3 centesimi a litro lordi, con una remunerazione, che tolti i costi minimi di gestione, è di poco più di 1 € all’ora, cioè un caporalato petrolifero peggiore dello sfruttamento dei raccoglitori di pomodori!!! con la differenza che quest’ultimi lavorano in nero e non dovrebbero esistere, noi invece siamo contrattualizzati e lavoriamo sotto gli occhi di tutti.
Il lavoro del gestore era un’attività dignitosa, adeguatamente remunerata. Esisteva un prezzo unico, diversificato per provincia consigliato dalla compagnia, il gestore quale libero imprenditore, stabiliva liberamente il prezzo finale, e lavorava in completa autonomia.
Con i sopraggiunti accordi collettivi nazionali dal 2002, il gestore viene privato del potere contrattuale, infatti non è più necessaria la sua firma e quindi la sua volontà, ma gli accordi vengono siglati al posto suo dai sindacati di categoria definiti maggiormente rappresentativi, (piacerebbe sapere quanto rappresentativi, poiché non è dato conoscere il numero dei loro associati); nati in teoria per difendere il singolo gestore da contratti one to one, in pratica lo hanno consegnato senza nessuna possibilità di salvarsi allo sfruttamento incontrastato delle compagnie. La cosa più sleale è che la maggior parte dei gestori ancora oggi non vengono informati né preventivamente di quanto verrà firmato per conto loro, né successivamente, del contenuto degli accordi stessi ai quali i gestori dovranno comunque sottostare per tutta la validità e la durata.
Con questi accordi viene imposto al gestore un prezzo “consigliato” che in realtà è un vero e proprio prezzo imposto, dal quale non può discostarsene minimamente, a pena di vedersi decurtare dalla compagnia, sino all’ultimo centesimo se decidesse di vendere in sovraprezzo rispetto al prezzo “consigliato”.
Il margine, fissato inizialmente con i primi accordi in circa 5 centesimi a litro, viene ridotto gradualmente da accordi collettivi successivi sino ad arrivare ai 2,5 centesimi di margine medi attuali, cioè praticamente è stato dimezzato mentre nello stesso tempo aumentavano i costi di gestione e del caro vita.
Dapprima la tendenza delle compagnie è quella di “selfizzare” gli impianti, con la figura del gestore ridotta al minimo, poi la compagnia decide di sfruttare ulteriormente il lavoro del gestore e impone la modalità servito con prezzi maggiorati rispetto al self tra i 20 e i 60 centesimi in più, di cui al gestore vengono riconosciuti solo 2 centesimi, ma la restante maggior differenza, la incamera totalmente la compagnia, appropriandosi del valore aggiunto del servito dato interamente dal lavoro del gestore.
Il gestore è obbligato ad acquistare ad un prezzo imposto dalla compagnia superiore al prezzo che la stessa pratica nei propri impianti self e alla GDO subendone la concorrenza sleale e l’abuso di dipendenza economica, deve rivendere ad un prezzo di vendita imposto, con un margine fisso imposto, rispettando un orario imposto, (forse tra i più lunghi che si conoscano di ben 53 ore settimanali), e quindi non è più libero imprenditore ma partita iva/ dipendente mascherato, con però tutti gli obblighi e gli oneri degli imprenditori.
Con il prezzo imposto arbitrariamente e senza nessun limite, la compagnia attua un vero e proprio abuso, perché in questo modo può facilmente reprimere i gestori ribelli e sgraditii; è un’attività prepotente che viene messa in atto, quando la compagnia decide di togliere la gestione per affidarla ad altre ignare vittime spinte dalla necessità impellente di assicurarsi un posto di lavoro per il quale dovranno impegnare capitali accumulati con sacrifici e che perderanno con certezza.
Il gestore poi, è subissato dall’aumento degli obblighi e oneri di gestione, che lo rendono stremato e sfruttato per poco più di un tozzo di pane, esaurito da un lavoro che lo occupa sino allo sfinimento, senza prospettive per un futuro suo e della sua famiglia.
Evidenziamo l’enorme sproporzione tra l’esiguo margine gestore, circa l’1% dell’importo del prezzo del carburante, che genera un elevato rischio per l’incolumità a causa del sempre più crescente aumento di furti/rapine, essendo esattore a titolo gratuito dello Stato e “sorvegliante” h24 per la compagnia.
Ci siamo costituiti in associazione, perché quei sindacati che dicevano di difenderci, in realtà, ci hanno consegnato ad accordi capestro a vantaggio unilaterale delle compagnie, che attuano indisturbate una politica di strozzinaggio nei confronti del gestore con un abuso di posizione dominante e di un cartello tenendo artificiosamente alto il prezzo del carburante a danno degli indifesi consumatori.
E’ necessaria una denuncia collettiva di questo fenomeno che grava sul consumatore finale e sta portando al fallimento migliaia degli oltre 22.000 distributori sul territorio nazionale, che impiega oltre 80.000 lavoratori.
TUTTO VA BENE PUR DI COSTRINGERE LE COMPAGNIE A DARCI UN AUMENTO DI MARGINE CHE ORMAI E’PALESEMENTE INADEGUATO.