A poche settimane di distanza dall’operazione congiunta con le Dda di Napoli, Roma e Reggio Calabria, sono scattati i nuovi provvedimenti e arriva la convalida per 11 dei fermi già eseguiti
Nuova tranche calabrese dell’inchiesta Petrolmafie. A poche settimane di distanza dall’operazione congiunta delle Dda di Napoli, Roma, Catanzaro e Reggio Calabria che ha scoperchiato il gigantesco affare del petrolio di contrabbando che l’ereditiera Anna Bettozzi, meglio conosciuta nel mondo dello spettacolo come Ana Bettz, gestiva insieme agli uomini dei clan di ‘ndrangheta e camorra, in Calabria scattano nuovi arresti.
Su richiesta della procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, e per ordine del Tribunale, Ros e Guardia di Finanza hanno notificato questa mattina all’alba 45 nuove misure cautelari, più la convalida di 11 dei fermi già eseguiti. Il bilancio finale è 28 arresti in carcere, 21 ai domiciliari, 4 provvedimenti di obbligo di dimora e 3 interdittive.
Accusati a vario titolo di associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti di estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (Foi), contraffazione ed utilizzazione di documenti di accompagnamento semplificati (Das), per i magistrati tutti gli indagati sono direttamente o indirettamente legati al potente casato mafioso dei Mancuso e ai loro affari.
Al centro dell’indagine, gli interessi del clan nel settore della vendita e distribuzione di carburante, che fanno emergere – si legge nelle carte – “uno spaccato assolutamente allarmante della compenetrazione della ‘ndrangheta nel mondo dell’imprenditoria, perpetrata attraverso l’uso di metodologie – per certi versi – meno violente del tipico agire mafioso, ma comunque particolarmente insidiose, che vedono l’attivo coinvolgimento di numerosi imprenditori e professionisti, i quali, attraverso sofisticate pratiche fraudolente sono stati capaci di assicurare l’insinuazione del clan Mancuso in diversi settori dell’economia, riempendone le casse”.
Preset with id 9 does not exist!Strategie seguite quasi in streaming dagli investigatori di Ros e Guardia di Finanza, che hanno registrato passo dopo passo le trattative fra imprenditori e uomini dei clan, documentando modi e metodi attraverso cui la ‘ndrangheta oggi si espande nel circuito economico. In nome del business – è emerso dalle indagini – cadono anche i confini fra mafie. Intere famiglie di ‘ndrangheta e camorra, insieme al clan di Afragola dei Moccia, hanno fattivamente collaborato alla distribuzione su tutto il territorio nazionale di gasolio di contrabbando. Un fenomeno – scrivono i giudici – “assolutamente allarmante, anche in virtù della capacità delle singole realtà criminali di fondersi nella realizzazione di progetti illeciti particolarmente remunerativi e certamente lesivi della concorrenza e, più in generale, del mercato”.
Che i Mancuso avessero da tempo messo gli occhi sul business del petrolio lo ha confermato di recente in aula anche il pentito Emanuele Mancuso, il primo e al momento l’unico del potente casato mafioso di Limbadi. Affari, ha raccontato il collaboratore al processo Rinascita Scott, che sarebbero stati al centro anche di un incontro fra suo padre, Pantaleone, e l’ambasciatore del Congo. “La mia famiglia – ha detto il collaboratore – aveva rapporti con esponenti politici del Paese africano e in quel periodo l’ambasciatore e un alto funzionario vennero ospitati per due volte a pranzo nella mia abitazione. Mio padre, conoscendo il mio carattere, ricordo che la mattina del primo incontro mi disse: ‘Mi raccomando, oggi comportati bene perché è un giorno importante’. Quando chiesi i motivi della visita di quelle persone, mia madre mi riferì che mio padre sarebbe entrato ad investire nel business del petrolio. E ricordo inoltre che in una delle due occasioni, l’ambasciatore ci portò anche numerosi passaporti diplomatici”.
Contatti internazionali emersi anche nel corso dell’inchiesta. Nel gennaio 2019, a Vibo Valentia, gli investigatori sono riusciti a monitorare una riunione un rappresentante dell’azienda di idrocarburi Kmg, la KazMunaiGaz del Kazakistan, due broker arrestati adesso a Milano, Luigi Mancuso dell’omonima famiglia e altri personaggi in odor di mafia. L’argomento è chiaro: fare arrivare il petrolio in Calabria. Al centro dell’incontro, la possibilità di creare un attracco per le petroliere che permettesse di evitare la fin troppo monitorata zona del porto di Gioia Tauro.
Fonte: La Repubblica
quando i magistrati ,e i politici ci spiegheranno cosa fà Giggino a purpetta, ovvero l’autista di Raffaele Cutolo nuova camorra organizzata , in parlamento ,ci spiegassero cosa fà impartisce ordini ai nostri politici ,per mandare l’Italia sull’astrico e far emergere le mafie di tutti i tipi ,la domanda è chi lo ha messo li????????????
lo dicevano quelli che gridavano onestà .di Giggino a purpetta.