I carburanti tra frodi e transizione

Staffetta Quotidiana – Si terrà la prossima settimana a Bologna la prima edizione di Fuels Mobility, la manifestazione dedicata alla “stazione di servizio del futuro”. Di “nuovi” carburanti si parlerà al convegno di apertura in programma mercoledì. Una sfida importante e tutta da decifrare, tra gli scossoni del caro energia, l’allarme crescente per la crisi climatica e il concomitante e continuo rilancio sugli obiettivi, in Italia e in Europa. Una sfida che può fare leva sui fondi e sulle politiche introdotte con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il cui dispiegamento prende piede proprio in queste settimane, dopo l’arrivo dei primi fondi europei in estate.

Il settore petrolifero – che fornisce la quasi totalità dell’energia al settore dei trasporti – può e deve giocare un ruolo importante nella transizione. Sia dal lato della produzione, con la conversione delle raffinerie, sia nella distribuzione, con l’evoluzione della rete carburanti verso prodotti sempre più sostenibili. Un discorso che riguarda anche la logistica, come sottolinea il presidente di Assocostieri Diamante Menale nell’intervista che pubblichiamo oggi, in un senso molto concreto: gli spazi della logistica petrolifera lasciati liberi dal calo dei consumi possono essere riconvertiti alle energie rinnovabili, senza nuovo consumo di suolo e senza nuove frizioni con i territori. Ma servono semplificazioni perché gli operatori che hanno garantito gli approvvigionamenti in passato possano farlo anche in futuro, con energie diverse – come già successo con il passaggio dal carbone ai prodotti petroliferi al gas.

Ma la transizione non riguarda solo le fonti di energia. In gioco, soprattutto per quanto riguarda il downstream petrolifero, c’è anche l’assetto delle imprese del settore. Compagnie e retisti sono un po’ alla finestra, in attesa di sapere dove andrà il mercato, quali saranno gli spazi e i margini, con quale realtà si avrà a che fare e quanto tempo durerà la transizione. Non mancano le eccezioni, come le ultime acquisizioni da parte di Ludoil (diventato ormai un operatore sistemico e sempre più integrato verticalmente tra logistica e rete), mentre dal lato delle compagnie gli ultimi mesi hanno visto l’uscita di Repsol (e la conseguente crescita di Tamoil). E un momento di possibile svolta per tutto il sistema, come segnalato di recente su queste pagine, potrebbe affacciarsi anche per il modello grossista Esso.

Tra le incertezze che bloccano l’evoluzione del settore resta purtroppo la presenza ingombrante delle frodi, fenomeno ormai endemico che alterna momenti di riflusso a fasi acute – come sembra essere quella attuale, con i traffici in gran ripresa nonostante gli ultimi aggiornamenti normativi.

Nella consueta relazione annuale sull’economia sommersa, allegata alla nota di aggiornamento del Def approvata in settimana dal Consiglio dei ministri, vengono descritte con dettagli inediti le evoluzioni del fenomeno nel 2020 e 2021. Numeri e analisi che il ministero dell’Economia, responsabile del documento, ha chiesto all’Agenzia delle Dogane e alla Guardia di Finanza. Analisi da cui si viene ad apprendere ad esempio che il picco delle istanze per l’autorizzazione a svolgere l’attività di trader si è avuto nel 2020 – alla faccia dell’emergenza pandemica – e che ancora nei primi mesi del 2021 le richieste sono state superiori all’intero 2019. Un fortissimo interesse a entrare nel trading petrolifero in Italia che è quanto meno sospetto, con un mercato in contrazione strutturale, margini assottigliati dalla concorrenza – leale o meno – e prospettive tutt’altro che chiare, tra necessità di razionalizzazione e transizione energetica. Ancora nel 2020 l’Agenzia ha autorizzato oltre la metà delle istanze pervenute – probabilmente la legge non consentiva una stretta – mentre nel 2021 le autorizzazioni si sono ridotte a poche unità.

Dalla Relazione viene fuori inoltre che le deroghe che accompagnavano gli interventi normativi sono state, come alcuni avevano prontamente segnalato, le brecce attraverso cui il fenomeno delle frodi ha continuato a dilagare sul mercato. L’analisi delle Dogane restituisce bene la natura degenerativa del fenomeno, nel momento in cui rileva che negli ultimi tempi le organizzazioni criminali vanno a rilevare quelle attività che la stessa illegalità, con la sua concorrenza sleale, ha mandato fuori mercato. Altro aspetto segnalato da tempo.

Mancano forze alle amministrazioni deputate ai controlli, c’è un gap tra i controlli e i processi, la digitalizzazione procede ma con i suoi tempi (si segnalano proprio in questi giorni blackout del sistema e-Das), le banche dati non comunicano a sufficienza, i processi non arrivano a meta, i sequestri vengono annullati. Con il risultato che le persone che tirano i fili delle frodi sono per lo più le stesse da anni. E questo genera scoramento e, alla lunga, sfibra anche il tessuto imprenditoriale più sano.

Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana

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pippo
pippo
3 anni fa

,I processi non arrivano a meta, i sequestri vengono annullati. Con il risultato che le persone che tirano i fili delle frodi sono per lo più le stesse da anni
Questo è il sistema di contrasto alle frodi in ITALIA ,e si fanno pure i congressi con politici e sindacati ,mancassero mai i petrolieri
A questo punto sarebbe da dire evviva le frodi e peccato non parteciparvi
Leggevo anche della prima edizione di Fuels Mobility, “stazione di servizio del futuro”. e non trovo nessun accenno al ruolo del gestore ,non trovo cosa succederà a collaboratori ,camionisti ,lavoratori di tutta la filiera carburanti ,forse un milione di addetti .
Disoccupati ? ricollocati? licenziati ? li metteremo tutti a pulire le colonnine ?
Ricordatevi cari sapientoni che se il popolo non ha i soldini ,non lavora ,le vostre colonnine, saranno inutili ,i vs bar vuoti ,i lavaggi secchi ,
In Italia il problema è il lavoro ,non il profitto a tutti i costi ,tanto e subito State creando un mostro in nome del green a tutti i costi che produrrà carestia nel mondo del lavoro
Spero ?? di sentire cosa dirà il sindacato ,attualmente zitto come una tomba ,sulla tutela di chi paga loro una tessera per essere DIFESI .

Alex
Alex
3 anni fa

Questo articolo sembra l’inizio di un “ODISSEA” per la partecipare alla spartizione dei fondi Europei arrivati questa estate.
Se il governo non vi da nulla, non preoccupatevi, potete sempre adottare il piano “B” e perseguitare i vostri stessi dipendenti come fate con i gestori,
fino a quando li riducete come i gestori avete ancora diversi anni di lavoro.
Se non funziona, c’è il piano “C”.
Prendete l’anti trust e mano nella mano andate al governo e dopo avervi chiarito le idee sulla legalità ripercorrete tutti i passi dalla liberalizzazione ad oggi, dal capire chi ha subito questo pessimo scherzo, chi ne ha pagato le conseguenze e chi si è accollato gli oneri di un governo sempre pronto ad approfittare delle disgrazie altrui.

Alex
Alex
3 anni fa

Volevo fare una piccola osservazione,
SE I RETISTI, LE COMPAGNIE E I POSSESSORI DI DECRETO SONO ESCLUSI DAL COMUNICARE I PREZZI AL MISE, mi sembra che restano solo quei fessi dei gestori ??
Quindi dal momento che il prezzo al gestore viene imposto dalla compagnia,
la pompa bianca in qualità di proprietario non è tenuto a comunicare il prezzo,
noi per quale motivo siamo obbligati ???
PER INFORMARE IL CLIENTE DEL NOSTRO PREZZO PIU’ ALTO?
PER VEDERE SE SIAMO ATTENTI NEL COMUNICARE I PREZZI?
PER MANTENERCI ALLENATI MENTALMENTE OHHHH,
PER ESSERE MESSI ALLA MORSA DEI COLLETTI BIANCHI X AVERE ALTRE MOTIVAZIONI X SANZIONARCI.
Chiedo x un amico….

claudio
claudio
Rispondi a  Alex
3 anni fa

Scusa Alex, ma chi ha detto che il possessore del Decreto è escluso dal comunicare i prezzi al Mise?

Alex
Alex
Rispondi a  claudio
3 anni fa

Sarebbero le compagnie a dover comunicare i prezzi dei propri impianti e non il gestore.