Il costo di un litro di benzina verde ha superato ieri i due euro al litro. Il motivo principale dell’aumento è la speculazione (Cingolani Cit.).
È ormai evidente quale sia la speculazione che genera questo incremento.
Il prezzo del greggio è definito in prima battuta dai grandi produttori mondiali, che appartengono all’Opec (l’organizzazione che riunisce i principali Paesi esportatori di petrolio) un cartello monopolistico, o sono fuori da tale cartello e contribuiscono all’esportazione mondiale. Da tempo la produzione complessiva oscilla tra 90 e i 95 milioni di barili al giorno.
Su questo prezzo prende corpo la speculazione dei derivati finanziari che scommettono sulle aspettative: se si immaginano le sanzioni contro la Russia, si scommette al rialzo e il prezzo del barile di greggio sale subito anche se le sanzioni poi non vengono approvate o è prevista la loro entrata in vigore otto mesi dopo. Sul prezzo del petrolio vengono definiti quelli della benzina e del gasolio, in base ai dati forniti da una agenzia privata, Platts, con sede a Londra, di proprietà di grandi fondi hedge come Barclays flobal investors, Goldman sachs asset management, Vanguard group, Deutsche asset management america, Barclays global investors. Questa agenzia, ogni giorno, fornisce quotazioni che sommano alle speculazioni sul mercato del greggio le “valutazioni” espresse dalla stessa agenzia, certo non insensibile agli interessi dei propri azionisti, solerti a tener conto, di nuovo, delle aspettative in essere. Se c’è il rischio di sanzioni, le aspettative salgono.
Dunque nella determinazione del prezzo della benzina e del gasolio non pesa la realtà (ovvero l’offerta e la domanda reale di petrolio e benzina) ma una doppia speculazione fondata sulle aspettative. Più nello specifico, riguardo al prezzo della benzina definito da Platts, si aggiungono poi i margini della distribuzione e gli oneri fiscali, che nel caso dell’Iva si applicano come percentuale al prezzo della benzina stessa. Se oggi paghiamo la benzina verde più di due euro al litro, questo non dipende da dinamiche reali ma dagli artifici della finanza che garantiscono ampi margini agli speculatori e generano pesanti costi per i consumatori.
Verrebbe da chiedersi cosa c’entra tutto questo con il mercato che dovrebbe consentire le condizioni migliori per i consumatori. Il problema è che il mercato ormai non esiste più: inghiottito da una brutale e vorace finanziarizzazione, in cui la guerra in Ucraina (ma ogni fatto condiziona e favorisce tale speculazione) è una formidabile occasione di profitto e una delle cause di una feroce inflazione destinata a portarci in una fase nuova, davvero difficile. Oltre a costituire una tassa indiretta che colpisce in maniera indiscriminata tutti, senza alcuna distinzione di reddito, producendo quindi effetti pesantemente regressivi, ha un’altra rilevante conseguenza in termini fiscali.
A proposito di tasse secondo i dati diffusi nei giorni scrosi dal Mef sulle entrate tributarie ed elaborati dalla Staffetta Quotidiana, in aprile scorso sono entrati nelle casse dello Stato dalle accise sull’energia 2 miliardi 239 milioni di euro, in aumento del 5,4% (+123 milioni) rispetto ai 2 miliardi 266 milioni di euro dello stesso mese del 2021.
In questo senso l’inflazione agisce sui redditi in duplice modo, erodendo il potere d’acquisto e aggravando il carico fiscale a parità di reddito.
Qualcuno svegli il ministro cingolani dal torpore.. . E gli spieghi che le petrolifere stanno truffando una intera nazione.