Le indagini sono durate circa un anno e hanno portato all’esecuzione odierna di 13 ordinanze cautelari (6 in carcere e 7 ai domiciliari) per interrompere una frode quantificata in 700mila euro al giorno. In poco più di due anni, l’organizzazione criminale (contestata l’associazione semplice) avrebbe sottratto circa 100 milioni di Iva, con un giro di fatture false per complessivi 400 milioni di euro.
A far scattare le indagini, come illustrato nella conferenza stampa che si è tenuta questa mattina, al comando provinciale della Guardia di finanza di Pavia, dal procuratore capo Giorgio Reposo, affiancato dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal sostituto procuratore Alberto Palermo, e dal comandante provinciale delle Fiamme gialle pavesi, colonnello Luigi Macchia, è stato il volume d’affari della società Tecno Petrol, con sede a Milano ma deposito di carburante a Vigevano, che nel 2019 ha fatturato circa 250 milioni di euro. Acquistavano il carburante all’estero (Repubblica Ceca, Croazia e Slovenia) e con una frode carosello, con società ‘cartiere’ che emettevano fatture false, lo rivendevano a prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, attraverso distributori non solo in Lombardia ma anche in Piemonte e Veneto.
Attraverso la falsificazione dei bilanci (ai domiciliari anche un commercialista di Casorate Primo), gli introiti della frode fiscale venivano in parte spartiti e usati per acquistare orologi preziosi, auto di lusso (Porsche, Ferrari e Lamborghini) e vacanze (a bordo di yacht da 15.000 euro al giorno), e in parte reinvestiti nella stessa e forse anche in altre attività illecite, per le quali le indagini sono ancora in corso.
A capo dell’organizzazione criminale sono risultati soggetti vicini alla camorra e alla criminalità romana: L. V. romano di 45 anni, chiamato dagli altri coinvolti il “semidio” o “Gesù” era la mente pensante del gruppo; D.G.N. detto “Romeo” romano di 41 anni domiciliato in una lussuosa villa nel quartiere della periferia di Roma est storica roccaforte dei Casamonica; D.B. S. detto “Stefano” napoletano di 47 anni, fratello di un soggetto organico al clan camorristico Polverino attivo nei comuni a nord di Napoli. I 3 sono considerati i veri promotori dell’associazione: amministratori di fatto e soci occulti della società al centro delle indagini nonché di molte altre società coinvolte e avevano il ruolo di dare “copertura criminale” e di ripulire il denaro sporco riciclando i proventi illeciti tramite delle società non direttamente a loro riconducibili per poi dividerlo in parti uguali.
chiusura di tutti i depositi che comprano il carburante dall’estero