Indicate quattro aree di intervento con la possibilità di creare da 70 a 100 mila posti di lavoro all’anno
AGI – Eni è coinvolta nel Recovery Plan e ha indicato quattro aree di intervento con la possibilità di creare da 70 a 100 mila posti di lavoro all’anno: lo ha affermato l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, in un’intervista al Corriere della Sera.
“Ho indicato quattro aree”, ha spiegato Descalzi, “c’è una parte che riguarda la cattura di CO2, per dare continuità alle infrastrutture e salvaguardare l’economia e l’occupazione in Italia. Tra queste ci sono il sequestro di CO2 in giacimenti esauriti, la sua mineralizzazione, la biofissazione dalle microalghe e altre tecnologie mature. Inoltre c’è un’area sulla mobilità: Hvo-biodiesel e bio jet, alimentazione elettrica, a idrogeno e sostituzione del gas con biogas”.
“Investiremo 350 milioni di euro, potenzialmente anche dal Recovery fund, per rifare in questo senso le stazioni di servizio”, ha aggiunto l’ad di Eni. “Infine ci sono la crescita delle rinnovabili su terreni nostri e di Cdp, una tecnologia sviluppata con il Politecnico di Torino per produrre energia dal moto ondoso e tutto il capitolo riguardante l’economia circolare”.
La riduzione delle emissioni
“Parliamo di investimenti di miliardi”, ha sottolineato Descalzi, “l’obiettivo di queste quattro aree è ridurre le emissioni di 6,5 milioni di tonnellate l’anno. E nei sei anni di sviluppo dei progetti, solo nell’indotto e nell’impatto indiretto, creeremmo fra 70 mila e 100 mila nuovi posti di lavoro all’anno”.
Sulla possibilità di impegnare con efficacia e in tempi stretti gli 80 miliardi dei fondi europei per l’Italia che vanno al Green New Deal, “la sfida è questa”, ha detto l’ad di Eni. “La prima per la verità è ottenere i fondi, poi averli in tempi utili”, ha precisato, “ma credo che l’Italia abbia un tempo sufficiente per organizzarsi e definire i processi che permetteranno di metterli a terra”.
“Da ciò che vedo parlando con tutte le componenti del governo, c’è la massima attenzione e focalizzazione. Tutto dipende dall’organizzazione. Credo che si vogliano evitare lungaggini burocratiche o procedure amministrative eccessive, lecite e comprensibili in una situazione ordinaria ma non in un momento critico come questo”.
L’ipotesi di un commissario
Sulla possibile nomina di un commissario, Descalzi ha osservato che “le persone sono importanti, se sono in gamba, ma ci vuole una forte organizzazione: persone con competenze diverse nei settori dove si investe, e un follow up continuo su progetti, tempi e costi. Molto potrebbe essere lasciato alle società che li sviluppano, abituate a confrontarsi con il mercato e con progetti complessi”.
“Il Recovery plan è assimilabile a un piano strategico, e in pochi mesi abbiamo dovuto accelerare e allineare tanti progetti e tante tecnologie, selezionando soprattutto quelle mature, con un impatto reale sulla decarbonizzazione”, ha spiegato l’ad, “gli investimenti fatti in nuove tecnologie negli ultimi anni e la nostra capacità di calcolo ci hanno aiutato nell’accelerare questi processi”.
“Anche il Recovery plan a livello nazionale comporta un’accelerazione”, ha aggiunto Descalzi, “una composizione e integrazione di diversi progetti fatti da differenti società, che vanno realizzate rapidamente. Teniamo conto che a un’azienda per realizzare un piano strategico, e il Recovery è un piano strategico nazionale, servono mesi. Se non anni”.
Italia preparata
Per l’ad di Eni l’Italia può arrivare preparata al Recovery fund: “Penso che le diverse componenti dell’industria italiana siano pronte, ma il tutto va aggregato in un piano nazionale, e per come sta lavorando il governo sono ottimista”. “Per quanto ci riguarda, abbiamo lavorato sei anni per costruire tecnologie in grado di ridurre la componente di CO2 in tutte le nostre operazioni, per trasformare parte del nostro business, investendo oltre quattro miliardi di euro”.
“Alcuni prodotti decarbonizzati non hanno ancora mercato”, ha osservato Descalzi, “non hanno domanda. Il Recovery fund è una parte dell’equazione. Poi però bisogna capire di quali incentivi avranno bisogno i prodotti decarbonizzati che ne deriveranno”.
“Abbiamo visto quanti incentivi sono stati giustamente dedicati alle rinnovabili, ma quale scarsa penetrazione hanno avuto in proporzione e come hanno impattato il mercato dell’energia”, ha sottolineato l’ad di Eni. “Tutto ciò implica che nel coordinare i diversi progetti si debba avere un forte e competente centro di coordinamento, un’amministrazione efficace, le migliori teste che abbiano esperienza di mercato, di prodotti, di tecnologie e d’innovazione. Saranno loro a dire quali progetti dovranno entrare, con l’obiettivo di soddisfare non solo i criteri d’innovazione, ma anche di sostenibilità economica, sicurezza energetica e impatto ambientale. Si dovrà trovare un giusto equilibrio fra il sussidio che premia la penetrazione di nuovi prodotti rispettando il principio del mercato della domanda e dell’offerta”.
Le presidenziali Usa
Infine, un commento sul voto americano: “Guardo al mercato. L’esito delle elezioni ha dato un impulso positivo all’andamento del mercato perché è stato percepito come un fattore di stabilità”. “In un mondo così volatile e complesso gli investitori hanno bisogno di orizzonti più prevedibili”, ha osservato Descalzi, “pandemia a parte, hanno bisogno del minor numero possibile di conflitti, perché ognuno di essi mette a rischio degli investimenti. Ogni guerra dei dazi, ogni tweet, ogni parola sopra le righe fa traballare il mercato”.
“In venti giorni il titolo Eni ha guadagnato il 43%, e sapete perché? Per i nostri risultati del trimestre, sì, e poi per i vaccini e per le elezioni negli Usa. Cioè per prospettive di maggiore stabilità”, ha sottolineato l’ad.
Fonte Agi.it
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