In un momento in cui il mondo è testimone degli eventi sconvolgenti che coinvolgono l’Ucraina, è essenziale considerare il coinvolgimento e la responsabilità dell’Occidente in questo scenario.
L’analisi di Davide Tabarelli, presidente e fondatore di NE Nomisma Energia, società di ricerca indipendente sull’economia dell’energia e dell’ambientepubblicata, in un articolo su il Sole24ORE, getta luce su una realtà che molti conoscono ma non hanno il coraggio di dire: il ruolo dell’Occidente nel finanziamento delle armi utilizzate nella guerra in Ucraina.
Tabarelli pone l’attenzione sulla fonte di finanziamento di Putin per l’acquisizione di armi: le esportazioni di gas verso l’Unione Europea. L’Arabia Saudita, altamente dipendente dall’industria petrolifera, incassa ingenti quantità di denaro grazie ai pagamenti dei consumatori europei alle pompe di benzina. Queste autocrazie dei combustibili fossili dipendono in modo significativo dalle esportazioni di petrolio e gas, di cui l’Unione europea è uno dei principali acquirenti.
Tuttavia, ciò che emerge in modo inequivocabile è la dipendenza continua dell’Unione Europea dai combustibili fossili. Nonostante gli sforzi e gli incentivi per promuovere le energie rinnovabili, il consumo di combustibili fossili rappresenta ancora il 75% della domanda mondiale di energia. Il petrolio è al primo posto con il 28%, seguito dal carbone al 25% e dal gas al 22%. Le energie rinnovabili, pur in aumento, contribuiscono solo al 7% del totale elettrico, lasciando il restante 75% dei consumi finali nel settore dei trasporti, riscaldamento e industria ancora dipendente dai fossili.
Inoltre, Tabarelli mette in evidenza il recente aumento dei prezzi del petrolio causato dalle manovre dell’Arabia Saudita per alzarne il valore sul mercato. Questa situazione influisce pesantemente sui consumatori europei, che vedono aumentare i costi della benzina, in particolare in Italia, dove si è superata la soglia dei 2 euro per litro. Tale escalation ha origine dalle decisioni di Riyadh di tagliare ulteriormente la produzione di petrolio, unendosi a questa iniziativa anche la Russia.
Parallelamente, i prezzi del gas in Europa stanno subendo notevoli fluttuazioni, influenzati dallo scenario geopolitico e dalle scelte di produzione dei paesi produttori. L’Europa sta cercando alternative alle importazioni di gas dalla Russia, ma il processo è rallentato dalla limitata produzione interna. Questo quadro dipinge una situazione preoccupante: mentre si cerca di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, l’Europa potrebbe, paradossalmente, continuare a finanziare le autocrazie del petrolio e del gas, contribuendo indirettamente all’acquisto di armi utilizzate in conflitti come quello in Ucraina.