
Sulla riforma della distribuzione dei carburanti, i presidenti di Faib, Fegica e Figisc – Giuseppe Sperduto, Roberto Di Vincenzo e Bruno Bearzi – scrivono alla Staffetta per chiarire quanto accaduto al tavolo con i rappresentanti delle aziende petrolifere. I presidenti sostengono inequivocabilmente che non si è riusciti a definire un accordo perché il settore “è prigioniero di un solo operatore, Eni, che ha deciso, da sola e contro tutti, persino contro l’evidenza, di favorire coloro che strizzano l’occhio a ogni violazione contrattuale.”
Di seguito il testo integrale della lettera:
Egregio direttore,
rispetto al suo editoriale del 17 maggio scorso, ci consenta di fare qualche precisazione, partendo dal fatto che non è stata Unem a promuovere il tavolo di filiera ma ha convenuto, su spinta delle organizzazioni di categoria, che era giunto il momento di mettere da parte anacronistici interessi di parte, per tentare di dare vita ad un accordo che offrisse al governo il punto di vista degli operatori. Di tutti gli operatori della filiera.
Con questo obiettivo, il settore si è messo al lavoro affrontando temi “spinosi” sui quali, al momento dell’avvio del tavolo, nessuno era pronto a scommettere.
Sulla parte generale – quella dei requisiti per l’accesso alla titolarità e sull’obbligatorietà dell’applicazione della contrattualistica – il traguardo è stato raggiunto abbastanza agevolmente.
Tale intesa è l’indicatore più evidente che, in una condizione di “liberi tutti”, a soffrire sono gli “operatori onesti” a vantaggio di soggetti che hanno cercato di piegare le norme al loro “particulare” (soprattutto in assenza di controlli puntuali sull’applicazione della normativa vigente).
Proprio per dimostrare che anche i gestori erano pronti a valutare innovazioni contrattuali che da una parte cogliessero i nuovi assetti del mercato e, dall’altra, mettessero fine a questa moltiplicazione di “Appalti” senza diritti, hanno formulato proposte anche su argomenti che sono da sempre considerati tabù. Vincendo riserve ataviche.
In questo contesto e per rispondere concretamente alla pressante richiesta di “flessibilità”, nasce la proposta avanzata al “tavolo” dalle organizzazioni di categoria di ridurre la durata dei contratti di affidamento in uso gratuito con, in aggiunta, l’introduzione di una clausola di recesso (reciproco) a titolo oneroso.
Tale apertura si somma alla possibilità di introdurre su larga scala quei “contratti di commissione” tipizzati, richiesti da sempre dai titolari di impianto, ma applicati solo in minima parte.
Sul piano della “flessibilità”, quindi nessun rilievo può essere mosso alla rappresentanza dei gestori che hanno chiesto, come unica contropartita, che gli accordi economico-normativi previsti dalla legge fossero raggiunti ed applicati a pena di “sanzione” (non lasciati alla discrezione del singolo operatore) e non dopo 18 mesi ricorrendo ad una media fra i margini risultanti dagli accordi depositati che, è di tutta evidenza, nel tempo sarebbero destinati a diminuire progressivamente.
Anche sulla questione dei cosiddetti contratti di appalto – che per noi sono “contratti di affidamento semplificato” – non è stata costruita alcuna barricata: abbiamo solo preteso che la loro applicazione fosse circoscritta a condizioni particolari quali quella degli impianti già oggi “remotizzati” (e collegati direttamente all’Adm); di quelli destinati alla chiusura entro 3 anni; di quelli in “crisi gestionale” per non più di 6 mesi; di tutte quelle attività che non avessero nesso e riconducibilità alle attività di conduzione svolte dai gestori.
Questa possibilità, ovviamente, per evitare abusi o surrettizi svuotamenti della rete, è legata alle durate contrattuali; al trattamento economico (che può anche essere in percentuale rispetto ai margini fissati per gli impianti in “gestione comodataria” sempreché sia introdotto l’obbligo non solo a contrattare ma a concludere come sopra indicato); alla contrattazione temporale (3/5 anni?) degli oneri sopportati dal “gestore dell’affidamento semplificato) ed alle condizioni contrattuali minime. Di garanzia.
Quindi anche da questo punto di vista, pochi sono i rilievi che possono essere mossi alle organizzazioni di categoria: ci piacerebbe che con la stessa laicità, anche le rappresentanze dei titolari dicessero chiaramente qual è il loro reale obiettivo.
Scomodando i padri della logica bisognerebbe che i “titolari” – che hanno avuto tutta la flessibilità che chiedevano – spiegassero come mai si ostinano nel proporre i contratti di “appalto” tout court. Precari e senza diritti.
Che qualcuno spiegasse come mai i “titolari” continuano a pretendere (Eni dixt) di avere le mani libere per cambiare i “gestori” (o assimilabili) che conducono gli impianti, senza alcun vincolo o tutela.
Che qualcuno spiegasse come mai solo una parte (i petrolieri) incassano (come previsto nel Ddl del governo) un vero e proprio “condono” sui contratti, sulle bonifiche, sulla cessazione dell’obbligo di esporre il differenziale fra prezzo self e servito, mentre l’altra (i gestori) deve essere ulteriormente penalizzata. Se volessimo ricorrere ad un titolo ad effetto potremmo parlare di un “vero e proprio regalo ai petrolieri”, pagato da gestori ed automobilisti.
Certo, è più comodo dipingere la categoria come arretrata, retriva e contraria ad ogni modernità (come fa il presidente Unem) per continuare a farsi i “fatti suoi” piuttosto che – con coraggio – affrontare i temi ancora irrisolti: la verità è che il settore non riesce a concretizzare sui punti critici perché è prigioniero di un solo operatore, Eni, che ha deciso, da sola, contro tutti e contro anche l’evidenza, di tirare la volata a tutti quelli che strizzano l’occhio ad ogni violazione contrattuale.
Forse fra qualche tempo, magari, il vertice Eni comprenderà l’errore strategico (come è accaduto con “scontone” e l’Iperself): ma forse sarà troppo tardi.
Qualcuno potrebbe dire che è una vittoria di Pirro: il re dell’Epiro fu un grande stratega, vinse molte battaglie ma non consolidò mai alcun risultato e finì per perdere la guerra coi romani.
Non sappiamo se Descalzi (o chi pretende di parlare a suo nome) vorrà essere ricordato come l’epirota.
Per questi motivi abbiamo cercato di cogliere il momento ma, come sempre, per fare gli accordi bisogna essere in due: senza conigli nel cilindro o volpi sotto le ascelle.