Mentre tento di scrivere questo ennesimo “pezzo” mi tornano in mente moltissimi aneddoti di quello che è stato il mio cammino al fianco di Roberto. C’è stata qui su GC anche una nostra rubrica di racconti, di vita vissuta sugli impianti, scritti qualche tempo fa. Una raccolta di pensieri e di racconti del vissuto di molti di noi sui piazzali. Uno di questi racconti, che vi ripropongo, è stata la Storia di vita di Roberto Timpani. Un giovane studente, con l’innocenza e le aspettative che la vita riserva a quell’età che si trovava nel piazzale del distributore gestito dal padre per aiutarlo, quando arriva l’ispettore della compagnia. Nella sua ingenuità, pensava che la visita fosse per premiare l’impegno del padre. Rimase invece sconvolto nel vedere il volto di suo padre cambiare, trattenendo a stento le lacrime alla fine della visita: gli era stata consegnata una lettera di disdetta. Roberto, raccontando questo episodio, i suoi occhi tradivano una tristezza mai del tutto superata, ma non alimentata da rabbia o vendetta. Al contrario, il suo desiderio di riscatto per tutti i Gestori era fondato su quel fatto e su una serena consapevolezza del proprio valore oltre a un’ostinata ricerca di dialogo costruttivo, animato dalla gentilezza e dai valori di un uomo d’altri tempi. Ecco, questo era anche Roberto Timpani
Il ragazzino stava infreddolito tentando di convincere il padre a chiudere il distributore, dopo che già il suo dipendente era stato mandato a casa . Faceva veramente freddo in quel dicembre del 1968 e i giorni che precedevano il Natale potevano costituire per la loro famigliola, pagato tutto ed anche la ulteriore mensilità per il collaboratore, una occasione per mettere da parte qualche lira in piu’.
Ecco che il padre indugiava a tenere aperto l’impianto – non c’erano ancora i self service ovviamente- aspettando qualche cliente che, aprendo una piccola fessura dal finestrino dell’auto, avrebbe consegnato le chiavi per aprire quel maledetto tappo del serbatoio che, tra le dita gelate e i soliti imperscrutabili meccanismi , non voleva spesso venire via, facendo bestemmiare, a volte sotto la pioggia ed il vento, il benzinaio malcapitato.
Nonostante le avverse condizioni, a sera già inoltrata, il ragazzino cercava di indurre il padre a mettere quei benedetti lucchetti alle pompe ( non solo gli erogatori erano americani, dal nome di un famoso attore di western, ma anche i lucchetti richiamavano nomi di blasonate e prestigiose università oltre oceano, cosi’ possenti, vigorosi e solidi da essere inespugnabili) e di chiudere quell’angusto chiosco nel quale, non senza difficoltà, trovavano posto il compressore, le lattine di lubrificante, la calcolatrice, i calendari, i tappi, i filtri e le spazzole tergicristallo.
Il ragazzino si stupiva ogni volta come se fosse la prima volta a capire con quale artigianale e complessa ingegneria il padre riuscisse a stipare tutte queste cose in un metro quadrato, ovviamente senza bagno, di locale concepito da qualche oscuro geometra delle compagnie petrolifere. In fondo, i benzinai facevano un lavoro umile, che bisogno c’era di progettare uffici, spazi e comodità ?. C’erano benzinai anche meno fortunati in verità, che non avevano neanche quello: il cofano della piccola utilitaria serviva ad accogliere il minimo indispensabile per un lavoro cosi’ degradante. E cosi’, mentre i due attendevano qualche ultimo cliente, si avvicino’ una persona amica : l’ispettore di zona. Era una qualifica con la quale solerti rappresentati di compagnie petrolifere si facevano chiamare. In verità, questo uomo apparentemente mite e buono, non era mai piaciuto al ragazzino. Ma si sa : gli adolescenziali ardori devono subire prima o poi una repressione, altrimenti non si potrebbe avere una vita di relazioni. Ma a pensarci bene non piaceva nemmeno alla madre del ragazzino, nonostante fosse stato invitato molte volte a mangiare le famose tagliatelle fatte in casa o ad assaggiare il salume piu’ stagionato o l’olio piu’ naturale che il benzinaio si faceva mandare dai parenti del paese del sud per poterli poi regalare all’ispettore.
Quindi, un amico, anzi, un confidente, forse poco meno di un fratello colto e preparato sempre pronto a spronare il padre benzinaio che ahimè, venuto dal sud e dopo alcuni anni di dura prigionia, non aveva certo avuto il tempo ed il denaro per istruirsi. Bisognava lavorare e a testa bassa. La famiglia cresceva e solo la determinata opposizione della madre del ragazzino aveva impedito che il padre facesse pubblicare una sua foto , con una cappello a visiera enorme ed una tuta penzolante, mentre avvicinava la pistola ad minuscolo pertugio del serbatoio. Foto che doveva essere diffusa sul “Giornale del benzinaio” che la multinazionale petrolifera inviava a tutti elogiando coloro che si contraddistinguevano per dedizione, subalternità e incondizionata adesione alle strategie della compagnia. Non esistevano le norme sulla privacy, ma la madre del ragazzino aveva intuito, nella sua primitiva sensibilità, che non si potevano pubblicare foto di adolescenti vestiti come a carnevale solo per rappresentare come intere famiglie – si sarebbe detto di un lontano e sottopagato proletariato – fossero nelle mani di quel Marchio.
Eppure quel Marchio evocava libertà, le ali di quel cavallo ispiravano leggerezza e voli sopra le Galassie, perchè invece sulla Terra, tutto era faticoso, duro, ancorato a lunghe e robuste catene sia pure non percettibili ad occhio nudo, per quelle famiglie che ogni giorno rappresentavano ai clienti la compagnia ? Mentre il ragazzino rimuginava questi temerari pensieri, appunto, l’ispettore di zona si stava avvicinando. Il padre diede una piccola stretta alla mano del figlioletto e gli disse in un orecchio : ” Vedi, sta venendo a farci gli auguri di Natale !”. Lo disse con ingenuo orgoglio, mettendosi a posto quel ridicolo cravattino che la compagnia faceva acquistare congiuntamente alle divise. Non era proprio un vero cravattino : aveva il nodo finto e un elastico dietro che consentiva di ornare le ruvide camicie che la stessa compagnia imponeva di acquistare . Benzinai certo, ma dovevano essere impeccabili alla vista di chiunque. Il Marchio esigeva questi rituali.
Il Marchio esigeva questi rituali.
Non appena arrivato al cospetto dei due, l’ispettore di zona assunse un aspetto tra il malcelato dispiacere e il tono minaccioso : ” Buonasera, volevo comunicarle che dal prossimo 1 gennaio la nostra compagnia ha ritenuto che lei debba riconsegnarci il “nostro” impianto. Le ragioni sono tutte nostre ed irrevocabili !” Il padre gli dette una benevola pacca sulle spalle – quell’ispettore di zona avrò avuto almeno venti anni meno di lui : e poi che ne sapeva dei sacrifici, delle bollette da pagare, della guerra vissuta, del dramma di lasciare il paese natio per cercare un lavoro nella grande citta’ ? – e il suo viso si apri’ in un sorriso franco, sincero, quasi affettuoso : “Sta scherzando vero ? Andiamoci a prendere un aperitivo “.
Ma l’ispettore di zona, divincolandosi dal quel moto di intimità che il benzinaio aveva voluto trasferirgli, disse con tono solenne :” Mi dispiace, lei il primo gennaio ci dovrà riconsegnare il tutto libero da persone e cose di sua proprietà, altrimenti pagherà pesantissime penali e se la vedrà in tribunale ” . Lo disse di un fiato, come se fosse una frase imparata a memoria che qualche oscuro e lontano legale della compagnia aveva impartito e diffuso in tutta la filiera commerciale. Non erano tollerate integrazioni che la nostra bella madre lingua impone a volte, per rendere piu’ piacevole qualche espressione : un avverbio di modo, un aggettivo, un intercalare, magari un condizionale. Il ragazzino penso’ di come poteva suonare meglio ed essere piu’ suggestiva una frase del tipo : ” Siamo addolorati, lo creda, e ove lei ritenesse di non condividere con noi un percorso commerciale piu’ adeguato, saremo costretti nostro malgrado a richiedere, con il dovuto rispetto per i suoi venti anni passati con il nostro prestigioso Marchio , in tempi ragionevolmente brevi che lei ci riconsegni l’impianto, una volta ovviamente definiti tutti i rapporti con i clienti, le banche e il suo collaboratore “. Una altra immagine vero?. Miracoli della lingua.
In effetti un miracolo ci fu’ quella sera. L’ispettore di zona si allontano’ incolume dall’impianto, mentre il benzinaio impietrito era stato colto di sorpresa . In altre occasioni avrebbe impugnato la inossidabile chiave inglese – ironia della sorte : anche essa era di fattura americana – e avrebbe sferrato un colpo micidiale al caro ex amico, ex confidente, ispettore di zona che con una frase sola, gelida ed impersonale, aveva interrotto un sogno, rubato il destino, spezzato il futuro.
Ecco comportamenti dei funzionari aziendali oggi non sono mutati. Ovvero, non sono piu’ presenti come prima e si avvicinano solamente in rare occasioni. Ma,anche oggi, non per porgere gli auguri di Natale…
ONORE ALL’UOMO CHE CI HA LASCIATO PREMATURAMENTE .CIAO ROBERTO