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L’articolo pubblicato dalla FIGISC sotto la firma del presidente Bruno Bearzi sembra l’ennesimo capitolo di una narrazione che, agli occhi dei Gestori, appare sempre più come una resa mascherata da negoziato. Parlare di “tregua” e della necessità di “deporre le armi” suona come un invito a inchinarsi davanti a un sistema che ha già portato la categoria sull’orlo dell’estinzione.
Bearzi invoca una tregua con Enilive per tentare di negoziare. Tuttavia, come si può parlare di negoziazione quando la controparte prosegue, senza alcuna remora, nella trasformazione unilaterale dei contratti, precarizzando il lavoro dei Gestori e demolendo il loro ruolo storico all’interno della rete distributiva? Questa strategia, portata avanti con ostinazione, spesso danneggia la stessa Enilive, pur di perseguire un progetto che ha già distrutto la parte più vulnerabile della filiera: il Gestore. La presunta “buona volontà” di Enilive appare un’illusione irraggiungibile, mentre migliaia di Gestori subiscono quotidianamente l’erosione dei propri diritti e vedono la propria dignità professionale trasformarsi in polvere sotto il peso di decisioni unilaterali e insensibili.
Siamo sinceramente sorpresi dalla posizione attuale della FIGISC, considerando che, nei lunghi mesi trascorsi al tavolo delle trattative in UNEM, la voce più determinata e radicale nel contestare i contratti di appalto considerati illegittimi è sempre stata proprio quella della FIGISC e del suo presidente, Bruno Bearzi. Questa linea è stata ribadita più volte, anche nel corso delle numerose riunioni svolte in diverse località italiane, che rendono ancora più difficile comprendere il recente cambio di rotta.
Se il “mestiere del sindacato” è difendere i propri rappresentati, risulta difficile comprendere quale possa essere l’evoluzione della situazione alla luce della posizione assunta dalla FIGISC. È evidente che una tregua richiede il coinvolgimento attivo di entrambe le parti, ma nel nostro caso Enilive non ha mai mostrato disponibilità all’apertura di un confronto prigioniera di un management che ha progressivamente isolato l’azienda, disperdendo pure quel patrimonio storico di autorevolezza e credibilità non solo nei confronti dei suoi Gestori, ma anche di buona parte del settore.
Il negoziato c’è stato fino a quando è esistito un tavolo di trattativa che è stato interrotto dalla posizione intransigente di Enilive.
Oggi i Gestori non hanno più nulla da perdere, se non le proprie catene. Catene fatte di contratti capestro, condizioni economiche insostenibili e una totale mancanza di prospettive. Continuare a parlare di mediazione senza un reale piano di contrapposizione vera è una presa in giro nei confronti di chi, ogni giorno, si sacrifica per mandare avanti il proprio impianto.
Quella che viene chiamata “tregua” è, a detta di molti Gestori, di fatto, una capitolazione. Se FIGISC vuole davvero rappresentare i Gestori, deve smettere di cercare accordi impossibili con un controparte che non lascia spazio alla contrattazione e iniziare a combattere per ottenere il rispetto e i diritti che spettano ai Gestori. Non è il momento di deporre le armi, dividendo (ancora una volta) la compagnie sindacale, ma di affilare le unghie di quella contrapposizioni che per onestà intellettuale fino ad oggi non è mai realmente decollata.
I Gestori hanno bisogno di un sindacato che li protegga davvero, non di un mediatore disposto a barattare quei pochi diritti rimasti. Continuare a negoziare al ribasso significa scavare un solco profondo, dove seppellire non solo gli ultimi diritti rimasti, ma anche la dignità di un’intera categoria.
Le battaglie decisive non si vincono in solitudine, ma unendo le forze contro le minacce che minano diritti e dignità. È per questo che l’unica strada oggi percorribile, con una prospettiva solida e concreta, senza mai abbandonare una posizione negoziale di prospettiva, è quella rappresentata dalle iniziative poste in essere da FAIBe FEGICA. È il momento di agire con coesione e fermezza, trasformando la contrapposizione in un’opportunità per ridefinire il futuro della categoria.
Il DL di riforma dovrebbe dare risposte, che fine ha fatto?