Disastro di Calenzano: le verità nascoste dietro l’esplosione

A un mese dalla tragedia di Calenzano, che ha causato cinque morti e 26 feriti, emergono inquietanti dettagli sull’incidente che ha scosso le porte di Firenze. L’inchiesta, condotta da Marco Grasso per Il Fatto Quotidiano, mette in luce un quadro di gravi mancanze nella sicurezza e pratiche operative discutibili all’interno dell’impianto gestito da Eni.

Secondo le indagini della Procura di Prato, il disastro è stato innescato da un errore umano: una squadra di operai ha effettuato lavori di manutenzione su una linea attiva di rifornimento, nonostante questa dovesse essere dismessa. I manutentori hanno rimosso i bulloni di sicurezza di un tubo ancora pieno di carburante, provocando il surriscaldamento e l’esplosione fatale. Tuttavia, ciò che emerge è un quadro più ampio di totale disattenzione verso le regole di sicurezza fondamentali.

Regole ignorate e sopralluoghi fantasma

Il Documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze (Duvri) sequestrato dai carabinieri di Firenze indica chiaramente che lavori di manutenzione come quelli in questione non avrebbero dovuto essere effettuati contemporaneamente alle operazioni di carico e scarico delle autobotti. Tuttavia, le norme sono state disattese.

Le indagini hanno rivelato l’esistenza di un “sopralluogo fantasma” avvenuto poche settimane prima dell’incidente, condotto da personale di Eni e della ditta subappaltatrice Sergen. Di questo sopralluogo non esiste alcun verbale ufficiale, nonostante nelle mail tra i dirigenti delle due aziende si faccia chiaro riferimento a tale attività. Come sottolineato da Marco Grasso su Il Fatto Quotidiano, i consulenti della Procura ritengono che durante questo sopralluogo siano state prese decisioni operative rischiose, mai formalizzate.

Un disastro annunciato

L’esplosione del 9 dicembre scorso è stata solo l’ultima manifestazione di una serie di segnalazioni ignorate. Vincenzo Martinelli, una delle vittime, aveva denunciato “anomalie continue” nelle linee di rifornimento e chiesto l’intervento dei responsabili della sicurezza. Queste richieste, secondo fonti sindacali, non sono mai state prese sul serio. Addirittura, chi chiedeva il rispetto delle norme di sicurezza veniva escluso dagli impianti.

Un altro punto cruciale è il documento che avrebbe dovuto descrivere le modalità di intervento sui tubi in manutenzione: è stato trovato in bianco. Gli inquirenti sottolineano che, in un impianto complesso come quello di Calenzano, procedure di manutenzione di tale portata devono essere rigorosamente documentate e pianificate.

L’ombra di responsabilità aziendali

Le telecamere interne dell’impianto hanno ripreso i manutentori di Sergen al lavoro mentre le autobotti erano incolonnate presso le linee di rifornimento. Durante le perquisizioni, sono state trovate mail che mettevano in evidenza la necessità di un drenaggio delle linee, poiché non erano state adeguatamente bonificate. Nonostante ciò, le operazioni sono state condotte senza le necessarie precauzioni.

Dopo l’incidente, Eni ha dichiarato che i lavori si stavano svolgendo su una linea non attiva. Tuttavia, le prove raccolte dagli inquirenti raccontano una storia diversa. Gli strumenti utilizzati dagli operai, inclusi carrelli elevatori, potrebbero aver generato una scintilla che ha innescato l’esplosione.

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