Figisc, con un’analisi dettagliata, mette il dito nella piaga del settore: il 68,1% dei gestori con contratto tipizzato ha oggi un accordo aziendale scaduto, mentre per il 31,9% restante – in gran parte IP – la scadenza arriverà a metà 2026, quando la compagnia sarà già nelle mani di SOCAR.
«Sta di fatto che in poco più di un mese sulla rete c’è stato un giro di passaggi di mano per 3 miliardi di euro, ossia grosso modo il 30% del valore di cessione dell’intera rete nazionale, e poco importa se si tratta di operazioni più o meno “strutturate”», scrive Figisc.
Il riferimento è doppio: da un lato la cessione di EG Italia al consorzio di retisti, dall’altro l’annuncio della vendita di Italiana Petroli (IP) a SOCAR. Due operazioni che, pur di natura diversa, hanno in comune un effetto destabilizzante per il sistema delle relazioni tra compagnie e gestori.
Secondo il dossier Prezzi di Staffetta, in Italia ci sono 24.200 impianti, di cui oltre 15.800 marchiati dai grandi brand (ENI, IP, Q8, Tamoil, Esso). I gestori “veri” – quelli con comodato o contratto di commissione – sono circa 11.000, a cui si applicano gli accordi economico-normativi di categoria.
Ed è qui che iniziano i problemi:
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IP: accordo valido fino al 30/06/2026, dopo il passaggio a SOCAR.
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EG: accordi scaduti il 31/12/2024.
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ENI: accordo scaduto il 31/12/2023.
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Q8: accordi scaduti il 31/12/2024.
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Tamoil: ultimo accordo valido nel… 2010 (sì, 15 anni fa!).
«Facendo una mano di conti – nota FIGISC – il 68,1% dei gestori autentici ha oggi un accordo aziendale scaduto, mentre per il restante 31,9% la scadenza è imminente.»
Figisc critica duramente le controparti aziendali, accusandole di aver “fatto sparire dai tavoli” il tema del rinnovo degli accordi, spostando l’attenzione su altri dossier: prezzo medio, riforma del settore, appalti di servizi.
«Nel frattempo le controparti hanno avuto buon gioco nel far sparire dai tavoli il tema del rinnovo degli accordi, prendendo alibi dalla urgenza di discutere di altro o scommettendo su soluzioni normative che rendessero sorpassata o inutile la contrattazione come sin qui condotta.»
E intanto circa 7.800 posizioni restano nel limbo della “contrattazione anomala o abusiva”.
Secondo Figisc, il rischio è evidente: senza accordi rinnovati e senza una riforma complessiva del settore, i gestori resteranno esposti a soluzioni peggiorative imposte unilateralmente dalle compagnie.
«Serve rimettere anche questo tema sul tavolo, mobilitarsi in maniera complessiva per la negoziazione degli accordi, perché ormai la questione riguarda la gran maggioranza delle gestioni residuali, ed è necessario superare una visione frammentata.»
La conclusione è amara e sarcastica: il settore continua a passare di mano per miliardi di euro come fosse un giocattolo finanziario, ma non esiste ancora un disegno stabile che garantisca regole certe per chi ci lavora.
«Non esistono zone franche in un settore in cui si passano di mano miliardi e cospicui pezzi di rete senza che si intraveda un disegno ragionevolmente stabile che non sia solo un’operazione del tipo “esplora, mordi, specula e fuggi”.»

Ma POSSIBILE CHE I SINDACATI NON CHIEDANO UNA DATA CERTA PER LA RIFORMA ? COSA ASPETTANO?