Il Governo accelera sulla “grande riforma verde”: dal 1° gennaio 2026, benzina e gasolio saranno tassati allo stesso modo, con un’accisa unica di 672,90 euro per mille litri.
Tradotto per i comuni mortali: la benzina scenderà di circa 4 centesimi, mentre il gasolio salirà della stessa cifra.
Un perfetto gioco a somma zero, in cui l’unico effetto tangibile sarà che chi lavora pagherà di più e chi decide potrà dire di aver fatto qualcosa per l’ambiente.
Si chiama riequilibrio, ma di fatto è una rimodulazione cosmetica delle tasse, spacciata per misura ecologica.
Da anni il gasolio è il carburante dei lavoratori, degli autotrasportatori, dei piccoli imprenditori, e di chi – semplicemente – deve muoversi per vivere.
Ora, con la scusa di eliminare i “sussidi ambientalmente dannosi”, si aumenta la pressione fiscale proprio su quella fascia di cittadini che meno può permetterselo.
Del resto, era inevitabile: dopo anni di proclami, la “transizione ecologica” doveva pur cominciare da qualche parte… e come sempre si parte dal serbatoio di chi non può scappare.
Il Ministro dell’Economia parla di armonizzazione delle accise.
La traduzione in italiano corrente è: più tasse dove già se ne pagano troppe, e un taglietto simbolico altrove, giusto per fare la locandina.
Il risultato è che:
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Il prezzo della benzina resterà praticamente identico, perché i 4 centesimi “in meno” finiranno dispersi tra IVA, oscillazioni di mercato e margini commerciali.
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Il gasolio, invece, aumenterà immediatamente, perché ogni centesimo in più alla pompa si riflette su trasporti, logistica e beni di consumo.
Insomma, un “riequilibrio” che riequilibra solo i conti dello Stato, non certo quelli di chi lavora.
Già oggi – secondo i dati pubblicati – il gasolio italiano è il più tassato d’Europa, con il 56% del prezzo finale composto da imposte.
Con questa riforma, il nostro Paese conquista il primato assoluto: la fiscalità più pesante del continente in nome della sostenibilità.
Una sostenibilità, però, che vale solo per il bilancio pubblico, non per i cittadini.
L’idea di fondo è semplice: se il diesel inquina, basta farlo costare di più.
Peccato che i camion non si muovano a ideologia e che le merci non viaggino a slogan.
È come dire a un muratore di cambiare il furgone perché “lo vuole l’Europa”, ma senza dargli né un incentivo né un’alternativa.
La manovra sull’accisa è l’ennesimo esempio della matematica aumento delle tasse sul carburante. Alla faccia di chi ne prometteva in campagna elettorale la riduzione.
E mentre qualcuno brinda al “riequilibrio storico delle accise”, ai trasportatori e ai milioni di automobilisti italiani resta solo un altro conto da pagare.
Perché in Italia, alla fine, l’unico carburante davvero rinnovabile è sempre lo stesso: quello delle tasse.
Carburanti: in Italia tasse record, al 56% del prezzo finale per il gasolio

I grandi capitali in questo paese non si toccano ma in compenso i soldi si prendono a coloro che per arrivare alla fine del mese devono fare i salti mortali!!!! praticamente il cetriolo sempre in C…o all’Ortolano, bravi complimenti continuate pure cosi, che avete il vento in poppa????