EG Italia nel caos dopo la vendita al consorzio: lavoratori in agitazione, Gestori appesi a un filo

La chiamano “operazione industriale”, ma per chi lavora e per chi gestisce gli impianti, al momento, somiglia più a un terremoto senza piano di evacuazione.
Dall’11 agosto, giorno dell’annuncio della vendita di EG Italia a un consorzio di operatori (Pad Multienergy, Vega Carburanti, Toil, Dilella Invest e Giap), nella società regna un solo sentimento: incertezza.

In una nota congiunta, i lavoratori e le rappresentanze sindacali di EG Italia Spa e EG 2GO Srl parlano senza giri di parole di “dubbi e grande preoccupazione per il futuro dei circa 450 dipendenti”.

Dopo vari incontri sindacali, i dipendenti hanno posto all’azienda richieste precise su occupazione, sedi, condizioni economiche, prospettive industriali. Risposta? Silenzio.
Da qui la decisione di proclamare lo stato di agitazione, con il blocco di tutti gli straordinari, e di arrivare a uno sciopero il 17 novembre, “attuato dalla stragrande maggioranza dei lavoratori”.

E non è finita: nella stessa nota si avverte chiaramente che, in assenza di risposte certe, non si escludono nuovi scioperi. Insomma: se qualcuno pensava che la vendita sarebbe passata sotto traccia, ha fatto male i conti.

Un’azienda in vendita, ma senza un progetto dichiarato

Il punto più grave non è solo la vendita in sé, ma l’assenza totale di un quadro industriale pubblico.
Nessuno spiega che cosa diventerà EG Italia dentro il nuovo consorzio, quali saranno gli investimenti, come si tuteleranno posti di lavoro e rete.

Si parla di “operazione di rilancio”, ma nei fatti si chiede ai lavoratori di fidarsi sulla parola, senza un piano, senza garanzie, senza numeri.
Nel frattempo si chiede loro di continuare a far girare la macchina come se nulla fosse. Un classico: quando c’è da reggere l’azienda, sono centrali; quando c’è da decidere il futuro, diventano una nota a piè di pagina.

E pensare che sembra già lontana anni luce la foto di Natale 2024 (rilanciata ancora a inizio 2025) in cui l’azienda scriveva trionfante:

“Al termine di un anno ricco di sfide e trasformazioni, ma anche di grandi soddisfazioni, abbiamo trovato il tempo per fermarci, stare insieme e scattare una foto da condividere con voi. Grazie a tutti!  Ora è il momento di rilassarci un po’ per ripartire nel 2025 con nuovo slancio e determinazione! “

Oggi gli stessi lavoratori che sorridevano in quella foto sono in stato di agitazione e parlano di scioperi. Altro che “rilassarsi un po’”.

Sul fronte dei gestori, la situazione non è meno esplosiva.
Le tre Federazioni – Faib, Fegica e Figisc – hanno avuto diversi incontri per:

affrontare bonariamente le controversie in corso;

chiarire la corretta applicazione dell’Accordo, ormai interpretato in modo diverso a seconda della convenienza del momento.

I temi sul tavolo non sono dettagli marginali, ma ossa portanti dei rapporti tra compagnia e gestori:

Accantonamenti Cipreg/FIGE (cioè previdenza e tutele che non possono sparire per “distrazione” contrattuale);

Tipologia dei contratti in uso, spesso utilizzati per scaricare rischi e costi sui gestori;

Interventi di manutenzione sugli impianti, troppo spesso rinviati o scaricati a valle;

Prezzi consigliati, tra “consigli” e condizionamenti commerciali;

Gestione delle transazioni e documentazione delle apparecchiature MASER, tema delicatissimo per controlli e responsabilità.

EG Italia  conosce perfettamente tutte queste criticità. Se non vengono affrontate ora, “alla luce di un costruttivo confronto”, rischiano di esplodere quando la palla passerà alla nuova proprietà, soprattutto sugli aspetti economici e contrattuali.

Tradotto: se non si mettono in chiaro regole e diritti prima, dopo sarà solo più facile scaricare la colpa su “quelli di prima” e pretendere sacrifici da gestori e lavoratori.

Come se non bastasse, si aggiunge un tema che per molti punti vendita non è un semplice dettaglio, ma questione di sopravvivenza: l’uscita delle Esso Card.

Per decine e decine di impianti, soprattutto in aree ad alta presenza di flotte e autotrasporto, questo significa perdere una quota importante dell’erogato, in alcuni casi il 20–25%.
Se alla vendita della società si somma una gestione opaca della transizione sulle carte carburanti, il risultato è semplice: impianti svuotati, gestori strozzati, personale a rischio.

Mentre si parla di “piani di rilancio”, sul piazzale il rischio è un altro: meno volumi, meno margini, meno lavoro.

Il 1° gennaio come data spartiacque

Il 1° gennaio si avvicina e, a oggi, una cosa è chiara:

i lavoratori non sanno che ne sarà del loro posto;

i gestori non sanno che ne sarà dei loro volumi e dei loro contratti;

i sindacati chiedono tavoli, organismi bilaterali, risposte scritte;

l’azienda e i nuovi acquirenti tacciono o parlano per slogan.

La notizia, quindi, non è solo che EG Italia è stata venduta a un consorzio.
La notizia vera è che nessuno si assume la responsabilità di dire come si vuole far vivere – o morire – questa rete e chi ci lavora.

Se non arriveranno risposte chiare, non stupirà vedere nuove giornate di sciopero e piazzali fermi.
Perché, a differenza dei comunicati di vendita, gli stipendi, le rate, le bollette e i mutui non si pagano con le “vision” ma con i fatti.

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