Diesel al cloro Benzina allo zolfo, il contrabbando danneggia anche i motori

Dopo i casi del carburante non a norma dei distributori in Calabria, Puglia e Basilicata, giungono segnalazioni anche in Campania, a Caserta, dove i clienti inferociti hanno segnalato gasolio non conforme anche dalla provincia di Caserta, dopo le denunce di centinaia di automobilisti che hanno subito danni alle proprie autovetture in Calabria, Puglia e Basilicata.

Le cronache degli ultimi giorni parlano di un distributore self service di una frazione di Caserta letteralmente assalito da un consistente numero di clienti, inferociti per i danneggiamenti subiti dalle loro macchine. La causa dei problemi alle vetture, rimaste in panne poco dopo il rifornimento, deriva dal tipo di gasolio erogato, non conforme alle normative vigenti. Quasi tutte le automobili hanno evidenziato danneggiamenti alla pompa di gasolio e agli iniettori, come confermato dai meccanici della zona, che hanno dovuto soccorrere i tanti automobilisti rimasti appiedati.

Intanto qualche giorno fa ennesimo intervento dei militari del comando provinciale della guardia di finanza di Napoli che hanno sottoposto a sequestro oltre 218.000 litri di carburante di contrabbando pronto per essere illecitamente immesso in commercio. In particolare, i finanzieri della compagnia di Portici, nell’ambito di un’attività economico-finanziaria nei confronti di un deposito di carburanti sito in Castello di Cisterna, da un immediato riscontro sulla qualità del prodotto, hanno scoperto che i carburanti commercializzati erano delle miscelazioni di benzine e gasolio con una forte componente di zolfo. Il controllo veniva esteso anche ad una autocisterna presente, risultata anch’essa carica di oli minerali.

Per capire meglio l’impatto che questo problema sta avendo, riportiamo di seguito la denuncia che arriva anche da Quattroruote il quale in un’articolo del mese scorso denunciava che in un’ampia area del Centro-Sud, centinaia di automobilisti lamentano gravi danni ai motori diesel delle loro macchine. Colpa di una presenza indesiderata nel combustibile, ovvero, il cloro.

Per comprendere questa sconcertante vicenda, scrive Quattroruote, occorre fare un piccolo passo indietro, più precisamente a metà del 2017, quando le prime vetture sono finite in officina con seri problemi ai motori. Più o meno uguali i sintomi: erogazione irregolare, eccessivi consumi di olio, perdite di refrigerante e un’inquietante polverina rossastra sul terminale di scarico che, quando compare, annuncia all’automobilista l’avvenuto danno.

Il cloro, infatti,continua nell’articolo , è un potentissimo agente corrosivo. Aggredisce le camere di combustione, i catalizzatori, gli impianti di ricircolo e di scarico, lasciando sui componenti di alluminio la sua firma distintiva: macchie biancastre. E i motori sono senza difesa: attraverso il gasolio delle rigenerazioni del filtro antiparticolato, il cloro arriva a compromettere anche il lubrificante e accelera l’usura degli organi in movimento. Per questo motivo, non può essere presente nelle benzine e nei gasoli, oltre a non poter comparire nei processi di raffinazione e distribuzione. Questo in teoria. Ma la realtà, come abbiamo visto, è diversa.

Le Case automobilistiche, alle prese con le richieste di riparazione dei propri clienti, hanno iniziato ad analizzare il contenuto dei serbatoi e delle coppe dell’olio, scovando quantità di cloro variabili. Poi, hanno emesso circolari per informare i dealer su quanto stava accadendo e quali dovevano essere le modalità per trattare questi casi, lasciando agli automobilisti, purtroppo, l’onere di fare riparare i motori.

L’aumento delle segnalazioni, però, ha spinto l’Unrae (Unione nazionale rappresentati autoveicoli esteri), lo scorso marzo, a cercare di capire l’accaduto. Dopo aver raccolto i primi dati, in ottobre l’associazione ha diffuso una circolare interna, comunicando le azioni intraprese e pregando le Case di fornire ulteriori informazioni. Quattroruote, che su segnalazione dei lettori stava già indagando sulla vicenda, essendo a conoscenza del documento, ha chiesto spiegazioni. Un rappresentante dell’Unrae ha ammesso che in sede associativa si stanno studiando le azioni più opportune per sollecitare chi di dovere a indagare sulla vicenda, ma le bocche sono rimaste cucite sui costruttori coinvolti e sull’effettivo numero di automobili danneggiate.

PETROLIERI ALL’OSCURO
Nel frattempo, il mondo petrolifero sembra cadere dalle nuvole. L’Up (Unione petrolifera), interpellata da Quattroruote, ha affermato che in seguito «alle verifiche presso gli associati, non sono emerse le contaminazioni da doro segnalate». L’Up ha comunque assicurato alla stessa Unrae di avere potenziato, per quanto di sua competenza, -> il controllo qualità del diesel su tutto il sistema logistico e distributivo, in particolare nelle aree indicate.

Stessa musica all’Assopetroli (l’associazione degli imprenditori che commerciano in prodotti petroliferi), dove sostengono di non saperne nulla, ringraziano della segnalazione e affermano che terranno gli occhi aperti. E sarebbe il caso: nel momento in cui scriviamo, ci risultano quasi 300 episodi. Per alcuni automobilisti, si tratta del secondo intervento. E anche se si sistema l’auto, nessuno mette il proprietario al riparo da un altro pieno al cloro. Si può chiedere un risarcimento al gestore della pompa. Risalire al colpevole è quasi impossibile: il cloro, infatti, non provoca problemi immediati (come quando t’acqua, per esempio, blocca il motore), ma agisce in silenzio e mostra i suoi effetti esclusivamente dopo svariate centinaia di chilometri. Soltanto i clienti abituali di una stazione di servizio possono avere qualche speranza di risarcimento.

Sin qui, i fatti accertati. Ma come il cloro finisca nel gasolio, andando a corrodere i motori in larghe aree del Centro-Sud, resta un mistero. Sul quale, per ora, si possono solo avanzare ipotesi. Secondo alcuni addetti ai lavori, la necessità di usare biocidi – costose sostanze prive di cloro studiate per gli idrocarburi, così da tenere sotto controllo la proliferazione della flora batterica, favorita dalla presenza di biodiesel – nelle cisterne di stoccaggio potrebbe aver spinto qualcuno a cercare scorciatoie impiegando prodotti più economici nati per altri usi, che invece il cloro lo contengono. Così come, sempre restando nei campo delle ipotesi, non si può escludere l’incuria nella pulizia delle cisterne e delle autocisterne: l’impiego di solventi contenenti cloro, per esempio, potrebbe finire per contaminare il prodotto distribuito dalie stazioni di servizio.

Trascuratezze e turbate al limite della frode, tuttavia, potrebbero non essere le uniche ipotesi da valutare. Il gasolio per autotrazione, infatti, è uno dei combustibili che si presta maggiormente all’adulterazione fraudolenta. Escluso il coinvolgimento dei gestori, sia per la vastità dell’area dalla quale provengono le segnalazioni sia per il fatto che il cloro danneggerebbe pure le cisterne interrate delle stazioni di servizio, è evidente come il problema sia a monte. Non sarebbe la prima volta che, sfruttando la frammentazione della filiera distributiva, a qualcuno viene in mente di prelevare una certa parte del gasolio in transito (da vendere poi al mercato nero) e sostituirlo con sostanze di scarto provenienti dall’industria, che invece avrebbero dovuto essere smaltite, secondo la legge, come rifiuti speciali. Quali sostanze? Solventi a base di cloro utilizzati in vari processi produttivi oppure fluidi per trasmissioni idrauliche e altri oli.

Ipotesi fantasiose? Non troppo: è già successo in passato e: anche se oggi i vari passaggi sono molto più controllati, sostituzioni fraudolente di questo tipo possono ancora avvenire con la complicità di aziende e autotrasportatori. Non importa se i mezzi sono forniti di Gps e contatori, se quando escono da raffinerie o depositi hanno sigilli sui boccaporti la sottrazione del prezioso liquido, a quanto pare, è sempre possibile.

A questo punto, conclude l’articolo, la palla passa agli inquirenti. La guardia di finanza si trincera dietro il riserbo, ma non si può escludere che qualche indagine sia in corso. E, proprio mentre andiamo in stampa, spuntano le prime prove della presenza di cloro anche nella benzina. Insomma, l’affare s’ingrossa

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