Scrive su Facebook che il benzinaio da cui aveva fatto carburante praticava «un giochetto infame» esponendo sulla strada prezzi diversi rispetto a quelli effettivi delle pompe, accusandolo di fatto di «fregare» i clienti, pubblica anche una foto in cui si vede il marchio Q8, e finisce sotto processo per diffamazione.
È successo a un quarantenne dell’Ovest bresciano, trascinato in tribunale proprio dal gestore del distributore, appunto un Q8 di Chiari, al quale non era andata giù quella frase e aveva querelato l’autore. Il giudice Marco Vommaro però, accogliendo la tesi difensiva, ha assolto l’imputato con formula piena: «il fatto non costituisce reato». Anche la Procura aveva chiesto l’assoluzione per tenuità del fatto. La pubblicazione del post risale all’ottobre 2016. L’automobilista si era sfogato sul social dopo essersi servito in quel Q8 durante un giorno festivo ed essersi reso conto di aver fatto inavvertitamente il pieno con il diesel più caro quando avrebbe potuto optare per un prodotto più vantaggioso, a suo dire non pubblicizzato a dovere.
Per l’avvocato Maurizio Libretti, che assisteva la parte offesa, «la colpa della confusione era solo dell’automobilista. I display delle colonnine indicavano chiaramente il prezzo del diesel semplice, erogato dalla pompa nera, e il prezzo di quello performante, erogato dalla pompa blu. Il suo post tradiva la volontà di offendere. In poco tempo ha ricevuto cento like e oltre 20 condivisioni, ha generato una canea di commenti che rafforzavano la tesi della fregatura, ed è stato letto da centinaia di persone».
Al contrario per la difesa, rappresentata dall’avvocato Gianbattista Scalvi, «il benzinaio ha esposto i prezzi con modalità confusionarie ed illegali. Sul pennone in strada era segnalata solo la modalità servito quando in realtà quel giorno era un festivo, ed era aperto il self service. La legge impone di segnalare il doppio prezzo sia in strada sia in prossimità delle pompe, ma non aveva fatto né l’una né l’altra cosa: il cartello era chiuso dentro il negozio».
E ancora, per la difesa mancavano i presupposti della diffamazione, non essendoci nomi e non emergendo con chiarezza l’identità del presunto diffamato (a Chiari vi sono diversi Q8, anche la foto non sarebbe indicativa). In più, «esercitava semplice diritto di critica, che non esprime un fatto ma solo un giudizio di valore. Per la Cassazione, non dev’essere né asettica, né obiettiva. Basta sia contenuta nei toni». Il giudice gli ha dato ragione.
Al contrario per la difesa, rappresentata dall’avvocato Gianbattista Scalvi, «il benzinaio ha esposto i prezzi con modalità confusionarie ed illegali. Sul pennone in strada era segnalata solo la modalità servito quando in realtà quel giorno era un festivo, ed era aperto il self service.
Se le cose sono andate esattamente come dice la difesa il cliente doveva ritenersi fortunato visto che il prezzo esposto era servito presumibilmente più alto di quello self.
Il benzinaio avrebbe truffato se esponeva il prezzo self e vendeva al prezzo servito, ma dal momento che ha esposto il prezzo più alto non capisco dov’è l’inganno.