Staffetta Quotidiana – Chiudere con le frodi e tornare a creare valore
Tra prevenzione e repressione, pare – diciamolo sottovoce – che da alcuni mesi a questa parte il fenomeno delle frodi nella distribuzione carburanti abbia manifestato qualche segnale di riflusso. L’entrata in vigore a regime del Das telematico da una parte e le inchieste coordinate della magistratura dall’altra sembrano aver intaccato una dinamica che sembrava inarrestabile. Nella speranza che non sia solo un’altra “fase” del fenomeno criminale, si può provare a fare un punto della situazione, per capire se e come possa esserci un “nuovo inizio” per la rete carburanti.
I nomi e i rapporti che sono venuti alla luce in queste settimane hanno fatto alzare il livello di allarme – già alto da qualche anno – in tutto il settore, chiamando tutti a un surplus di responsabilità e determinando una generale presa di distanza da chi in questi anni ha pescato a piene mani dal “mercato parallelo” in tutte le sue forme.
La strada da fare è ancora lunga e tanti sono ancora i canali di approvvigionamento sospetti. Anche per questo l’assunzione di responsabilità non deve essere episodica o passeggera. Se una lezione si può trarre dalla tempesta delle frodi, è che, oltre alle eventuali conseguenze penali, partecipare in qualsiasi modo al mercato parallelo determina nel medio-lungo termine una distruzione di valore. Puntare esclusivamente al guadagno di brevissimo termine, avere come orizzonte massimo i conti di fine anno rinunciando dedicarsi a costruire rapporti imprenditoriali e lavorativi solidi con partner seri e affidabili (magai rinunciando a raschiare il barile dei profitti), alla lunga non paga.
Il punto è che se invece ciò ha prevalso, è anche perché quello della distribuzione carburanti è da un po’ di tempo considerato un business “a esaurimento”. Consumi in contrazione progressiva e strutturale, necessità di una razionalizzazione, scarsa attrattività sia per i capitali che per le persone, marginalità compresse da una concorrenza drogata, futuro incerto per l’evoluzione della mobilità.
Nei giorni in cui l’Italia si appresta a inviare a Bruxelles il Piano di ripresa e resilienza, vale la pena fare una riflessione a partire da questo stato di cose per capire su quali elementi si può far leva per ridare una prospettiva alla rete carburanti.
Il Parlamento ha chiesto di intervenire sulla rete come asset centrale della transizione nell’ambito dei pareri sul Pnrr. Nell’ultima bozza del Piano trovano spazio lo sviluppo del biometano con 1,92 miliardi di euro, le stazioni di ricarica di idrogeno con 230 milioni di euro e lo sviluppo delle infrastrutture d ricarica elettrica con 750 milioni di euro. Il biometano è già una realtà per tante aziende del settore e ha il pregio di coniugare lo sviluppo agricolo, la circolarità e la mobilità a basse emissioni, sempre che l’offerta di auto, furgoni e mezzi pesanti a gas tenga il passo, e che le norme europee sulle emissioni inizino a tenere conto dei carburanti utilizzati. L’idrogeno sembra più destinato a una nicchia, nel comparto del trasporto pesante. Sull’elettrico, infine, la rete carburanti dovrà ritagliarsi uno spazio che sarà complementare – se non marginale – rispetto a soluzioni come la ricarica domestica, quella sul posto di lavoro o nelle destinazioni come supermercati e cinema, dovendo far leva oltre tutto su uno sviluppo del non oil (per occupare il tempo della ricarica) che in Italia è sempre rimasto poco più che una chimera. E dovendo sciogliere i nodi delle soluzioni tecnologiche (collegamento diretto alla rete elettrica o con batteria-cuscinetto) e di quelle commerciali (il cliente sarà del marchio petrolifero o dell’utility elettrica?).
Candidare la rete carburanti a essere infrastruttura portante della transizione energetica è un’idea brillante che deve però trovare negli elementi che abbiamo detto una sua concretizzazione. Partendo dalla necessità che il riflusso delle frodi porti a una prima razionalizzazione della rete per via economica, facendo chiudere gli impianti inefficienti e lasciando in vita quelli che si prestano a farsi portatori della transizione energetica, per spazi, collocazione e capacità imprenditoriale. Dando inoltre respiro a un settore in cui i margini si sono sempre più assottigliati per chi non ha fatto compromessi con il mercato parallelo.
Solo recuperando questi elementi sarà possibile tornare a creare valore sulla rete. Le associazioni dei gestori si sono fatte avanti in questi giorni con una proposta su cui sarebbe opportuno si esprimessero anche le altre articolazioni della filiera. Proprio i gestori sono tra le categorie che più hanno sofferto la distruzione di valore di questi anni e la mancanza di prospettive di medio lungo termine: se quello che conta è il ritorno sul brevissimo, il gestore non è un valore aggiunto ma solo un peso. Se invece tornano i margini e si torna a guardare al futuro per creare valore, per i gestori – e per tutta la filiera – si può aprire una nuova fase.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana
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