Lettera al direttore di Staffetta Quotidiana del presidente della Fegica, Roberto Di Vincenzo
Egregio Direttore,
è fin troppo semplice prendersela con un Ministro che, come se fosse un comune cittadino che si esprime liberamente con qualche amico al bar, spara nel mucchio l’accusa generica di truffa, non si sa bene a chi e perché.
Non che un Ministro della Repubblica debba essere più cauto nelle sue dichiarazioni pubbliche, soprattutto in fasi tanto critiche e serie.
Ne che abbia la responsabilità di fare nomi e cognomi, agendo di conseguenza, se è a conoscenza di fatti e comportamenti criminosi.
Tuttavia, le responsabilità di un Ministro sono estremamente più gravi e pesanti, in termini di conseguenze sull’economia di un Paese e sull’effetto che le sue decisioni determinano sulle tasche dei cittadini, di certe dichiarazioni pure avventate, tanto da necessitare precisazioni a posteriori.
I lettori del suo giornale hanno la fortuna di potersi confrontare, per esempio, con analisi “controcorrente” come quella esemplare prodotta da Salvatore Carollo sullo stato della raffinazione (link Staffetta), sulla mancanza pluriennale di interventi, anzi sulla distrazione di questi interventi necessari a salvaguardare asset strategici e l’interesse del Paese.
Una mancanza che ora concorre per parte consistente a generare la folle corsa delle quotazioni internazionali dei prodotti finiti e, quindi, dei prezzi alla pompa.
I suoi stessi lettori possono quotidianamente essere informati dei numerosi controlli e sequestri di prodotto “clandestino”, per usare la terminologia del Procuratore di Trento, che sono lì a testimoniare della continua crescita di un fenomeno che non può e non dovrebbe essere lasciato solo all’attività di contrasto degli Organi di Polizia, ma che ha la necessità di un riordino regolatorio profondo e straordinario, oltreché di razionalizzazione ed ammodernamento.
Eppure noi stessi, mentre sollecitavamo attenzione e azione, avanzando proposte articolate, ci siamo trovati a dovere ascoltare un Ministro che tagliava corto perché a “mettere le mani” su un settore ormai destinato alla consunzione naturale, ci avrebbe pensato la transizione inarrestabile.
Eppure, ora, mentre l’inflazione vola e i cittadini “smoccolando” continuano a mettere gasolio e benzina (non la transizione) nei loro serbatoi, chi brinda -oltre gli speculatori finanziari che fanno il loro mestiere- sono proprio quella miriade di operatori che dentro o ai confini con la criminalità più o meno organizzata continuano a frodare (quelli sì) iva e accise.
D’altra parte, con la globalizzazione, sembra davvero che “tutto il mondo è paese”.
Già più di un decennio fa’ certi “meccanismi finanziari internazionali” venivano messi “sotto la lente d’ingrandimento”, se non sotto accusa, persino da ripetute riunioni del G20: la quotazione platts tra questi.
Eppure, nonostante fosse ormai chiaro universalmente che un battito d’ali di una farfalla in Mongolia avrebbe potuto scatenare un uragano devastante in Brasile, non si è trovato il modo per mettere in sicurezza il “sistema” con un piano B, se e quando quella farfalla prendesse il volo.
Un po’ come se un paziente, la cui vita dipenda da un polmone meccanico collegato alla rete elettrica, fosse destinato a morte certa nel caso di una imprevista caduta di tensione, perché nessuno ha pensato di dotarsi di un gruppo elettrogeno o di una batteria tampone.
Insomma, caro Direttore, cosa vuole che sia una dichiarazione imprudente, di fronte ad un Ministro che non fa il Ministro e mette il suo personale contributo per confermare a tutto il Paese l’impressione che siamo tutti, imprese e cittadini, accomodati dentro un’auto lanciata alla massima velocità, alla cui guida non c’è nessuno?
D’altra parte, sarebbe bene che identica e contraria responsabilità assumesse il “settore” nel suo complesso che, inopinatamente, continua a mostrare di non riuscire ad avere alcuna “voce in capitolo”.
Eppure, come si sarebbe detto in altri tempi, finché c’è vita, c’è speranza.
E non rinunciamo a impegnarci perché, magari spinto da una emergenza tanto impellente, anche un Ministro (e magari il settore) si convinca che agire su quel che c’è ed è tuttora indispensabile -sia pure lavorando in prospettiva o, se si preferisce, in transizione- rientra nella sua improcrastinabile responsabilità.
Dispiace, tutto questo, ma certi ministri, ( anche se a me piace quando parla come fosse al bar ) dovrebbero informarsi prima di parlare, ( a vanvera )