Sono sempre di più i distributori di carburante costretti a rimanere chiusi per la mancanza di operatori del settore (Gestori) ricercati allo scopo di fare investire (e molte volte perdere) risorse economiche e professionali utili a riaprire attività, spesso antieconomiche e che non hanno quelle autonomie imprenditoriale reclamizzate nello slogan dei cartelloni pubblicitari.
Il problema è molto diffuso e spesso viene mitigato dalle aziende petrolifere con formule contrattuali al limite della legalità. Alcune aziende si sono inventate tipologie di gestioni affidate ad un unico soggetto chiamato a rimpiazzare i Gestori spesso estromessi anche da condizioni di mercato inique e discriminatorie.
Ma questo mestiere è, nella sua forma contrattuale più comune (contratto di comodato) un lavoro semi-parasubordinato, spacciato per imprenditoriale, dove all’impegno finanziario e professionale molto spesso non corrisponde un adeguato compenso economico. Anche il rapporto contrattuale di comodato, nonostante le leggi che lo regolamentano e nonostante gli accordi economici con le Associazioni di categoria, ha ormai da tempo le caratteristiche di un rapporto medioevale tra il “principe” indiscusso, rappresentato da qualsiasi funzionario si interfacci, ed i servi della Gleba.
Questo articolo vuole essere anche un monito per quei pretendenti sprovveduti che sono tentati dalle sirene ammaliatrici di compagnie petrolifere e Retisti, i quali hanno come unico scopo quello di trovare sprovveduti kamikaze a cui affidare un puntovendita spacciandolo per la migliore delle opportunità. A tal proposito, in molti casi, basterebbe la consulenza “elementare” di un commercialista per scoprire che sono solo illusorie prospettive utili a rianimare un punto-vendita che per le leggi del buonsenso andrebbe definitivamente chiuso, a vantaggio di quella ristrutturazione della rete rimasta solo sulla carta delle buone intenzioni.
Anche perchè, se non in casi del tutto particolari, gli impianti con maggiori erogati (e prospettive commerciali interessanti) sono ormai gestiti direttamente dalle aziende petrolifere tramite l’utilizzo di società satellite riconducibili alle stesse compagnie . Un meccanismo che ultimamente sta estromettendo dalla finestra molti Gestori storici per farli rientrare dalla porta con formule di subappalto con cui il malcapitato viene estromesso di diritti e di buona parte del suo margine.
Chi intende avviarsi a fare questo mestiere, riaprendo un impianto chiuso o rilevandone uno ancora aperto deve capire che l’ultima cosa di cui si dovrà preoccupare sarà quella di conoscere le dinamiche necessarie a fare rifornimento ad un automezzo. Dietro quel rifornimento c’è la maggiore quantità di burocrazia che un essere umano può sopportare. Si parte da un elenco infinito di nozioni commerciali che si sommano ad un altrettanto quantitativo di nozioni tecnologiche per adempiere a burocrazie aziendali e governative che occuperanno almeno la metà del tempo lavorativo che spesso diventerà extra lavorativo.
La contabilità di una stazione di servizio è equiparabile a quella di una azienda medio – grande, con la differenza che difficilmente ci si potrà permettere una segretaria che possa controllare gli innumerevoli movimenti bancari dati dall’utilizzo di molteplici forme di pagamento (contanti, Pos interni, esterni, App Aziendali, buoni carburanti, voucher ecc…) il cui controllo prevede, inoltre, la conoscenza dei sistemi aziendali che spesso possono complicare più che semplificare le cose.
Gli accordi commerciali – quando presenti – con cui vengono stabilite le regole del convivere con le aziende petrolifere, sono accordi spesso determinati in diverse fasi. Ciò che non viene modificato dall’ultimo accordo spesso rimane determinato da accordi precedenti che andrebbero conosciuti anche nel controllo della determinazione di diritti e margine. Spesso le aziende si fanno forti grazie alla poca conoscenza dei diritti maturati dalle associazioni di categoria.
Il titolare di una stazione di servizio è inoltre il responsabile metrico di attrezzatura non di sua proprietà la cui manutenzione è affidata ad una ditta prescelta dalle aziende petrolifere. Attrezzature piena di sigilli metrici il cui accesso è alla portata di tutti ma le cui responsabilità ( anche penali) sono unicamente in capo al Gestore.
Il capitale impiegato è notevole. Il cosiddetto “giro dei soldi”, che serve per acquistare e rivendere il carburante, spesso confonde (e illude) chi non è abituato al giro di operazioni che compie una semplice stazione di rifornimento. Tanto per fare un esempio, con l’incasso di 5.000 € ai prezzi attuali e con il margine medio si ottiene un guadagno di circa 90 euro giornalieri. Meno del 2% a cui si dovranno sottrarre le spese di gestione, di commissione per l’utilizzo della moneta elettronica, eccc. E’ facile vedere il proprio capitale ridursi nei molti rivoli delle spese di gestione.
Particolarmente difficile poi la nozione di norme che se non rispettate portano ad incorrere in sanzioni efferate come quelle, tanto per citare la più eclatante, delle mancate o ritardate comunicazioni dei prezzi presso l’osservatorio carburanti.
Insomma, questa è solo una minima rassegna delle cose che occorre sapere. Il consiglio spassionato è quello di verificare quanto fin qui esposto e nell’eventualità di chiedere a chi è del mestiere ascoltandone i consigli e soprattutto evitando di farsi illudere dalle parole ( e promesse ) degli assistenti commerciali.
E’ un giro altamente pericoloso, entrare può essere facile ma uscirne senza conseguenze è praticamente impossibile. Pensaci bene…
Solo un consiglio posso dare ai gestori, non fate affidamento su nessuno, ma puntate a divenire esattori dello stato cioè lo stato vi assuma, avrete ferie 13 /14 Tfr, malattie infortuni pagati, e il bilancio non sarà più un problema.
Meditate, tutto il resto è rogna.