Uno studio di Confcommercio mostra un trend preoccupante per il tessuto commerciale delle città italiane. La riduzione di attività commerciali nei centri storici e la crescita dell’offerta turistica sono i fattori principali che hanno contribuito alla scomparsa di quasi 100mila negozi e 16mila ambulanti in dieci anni.
In particolare, si osserva una diminuzione dei negozi tradizionali di beni come libri, giocattoli, mobili, ferramenta e abbigliamento, mentre crescono i servizi come farmacie, negozi di computer e telefonia, alloggio e ristorazione. Ciò suggerisce una possibile diversificazione dell’offerta commerciale, orientandosi verso servizi ad alto valore aggiunto che possano essere integrati in modo complementare con l’offerta turistica.
Guardando il report di febbraio sulla demografia di impresa nel dettaglio, si vede come il tessuto produttivo e commerciale abbia tenuto molto bene durante la pandemia ma sconti comunque una riduzione dei punti di vendita attorno al 4% tra il 2019 e il 2022, valore che supera il 9% per gli ambulanti. Un dato che peggiora nel confronto con il 2012.
L’analisi sugli ultimi dieci anni interessa soprattutto i centri storici di 120 città, escluse Milano, Roma e Napoli. Sul podio dei negozi fantasma i benzinai a -38,5% e gli store di libri e giocattoli diminuiti rispettivamente del 31,5%. Seguono mobili e ferramenta (-30,5%) mentre l’abbigliamento registra un -21,8% tra negozi di calzature e pelletteria. Male anche l’alimentare segna (- 7,6%) e i tabacchi (-2,8%).
In controtendenza invece i servizi. Nei centri storici aumentano le farmacie che segnano un +12,6% e i negozi di computer e telefonia a +10,8%. In ascesa anche le attività legati al turismo si pensi a hotel e B&b (+43,3%) e alla ristorazione (+4%). Il problema della riduzione della densità commerciale interessa da vicino i cittadini che vedono ridursi l’offerta in quartiere. Basta pensare che negli ultimi 10 anni si è passati da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti nelle città. Un calo quasi del 20%.
La presenza straniera nel commercio è aumentata, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila), mentre si registra una diminuzione di attività e occupati italiani. Questo fenomeno potrebbe essere legato alla maggior facilità di accesso ai finanziamenti e alle licenze da parte dei cittadini stranieri rispetto ai cittadini italiani, come pure alla tendenza di scegliere attività commerciali di servizio che richiedono minori investimenti e una maggiore flessibilità rispetto ai negozi tradizionali.
La riduzione di attività commerciali non riguarda solo le imprese ma anche la società nel suo complesso, poiché si traduce in una diminuzione dei servizi, della vivibilità e della sicurezza. L’associazione propone di accelerare la riqualificazione urbana attraverso un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Pnrr e il coinvolgimento delle parti sociali. Inoltre, per evitare ulteriori chiusure di attività commerciali, si suggerisce di puntare su efficienza e produttività, attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta dei negozi di prossimità, e sull’omnicanalità, cioè sull’utilizzo del canale online che può essere integrato con l’offerta fisica dei negozi tradizionali.
Ottimo, è il risultato di una politica a servizio del popolo