Fegica: “L’anno che verrà”

L’articolo che vi accingete a leggere rappresenta un bilancio e una riflessione profonda sul 2024, un anno che si è rivelato cruciale per la Categoria dei Gestori degli impianti di carburante. Fegica, con il consueto spirito analitico e combattivo, ci invita a guardare al futuro con consapevolezza, tracciando un quadro che unisce memoria storica, denuncia sociale e una chiamata all’azione.

Il 2024 ha segnato un confine netto tra un “prima” ancora caratterizzato dalla speranza e dai sogni, e un “dopo” in cui i gestori sono stati messi sotto pressione da politiche che mirano alla destrutturazione della rappresentanza e all’asservimento della Categoria ai poteri delle compagnie petrolifere. L’articolo riprende il monito di Tacito, “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant” (Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace), come una metafora incisiva per descrivere le dinamiche attuali: se i gestori non resisteranno, rischiano di essere spazzati via insieme al patrimonio di diritti e dignità costruito negli anni.

Il testo offre una ricostruzione dettagliata degli eventi e delle scelte che hanno condotto alla situazione attuale, dal celebre “scontone” del 2012 alle politiche di ristrutturazione aziendale delle compagnie petrolifere, evidenziando gli effetti disastrosi di una visione di mercato cieca e priva di lungimiranza.

Concludendo, l’articolo lancia un appello alla Categoria per affrontare il 2025 con determinazione e unità, invitando a prepararsi per una battaglia decisiva per la sopravvivenza e il futuro dei Gestori.

Buona lettura e buon anno a tutti i Gestori: che sia un anno di consapevolezza e riscatto.

Il 2024 sarà un anno che la nostra Categoria ricorderà a lungo. Un anno che ha segnato il confine fra un prima e un dopo. Un prima nel quale ancora era possibile percepire tangibilmente la speranza e nutrire ancora “sogni” di futuro ed un dopo, sottratto senza destrezza, da chi sta immaginando di essere autosufficiente e “forte” per il clima che si è determinato nel Paese.

In altre parole c’é chi di dalla parte petrolifera ha scommesso sulla destrutturazione dei corpi intermedi, sulla vaporizzazione della rappresentanza; sulla sconfitta definitiva del Sindacato, sulla restaurazione di un potere (anche disciplinare) assoluto concentrato nelle mani del “padrone”.

Ubi solitudinem faciunt, (ibi) pacem appellant, ammoniva Tacito: hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace.
Questa è la locuzione utilizzata dal grande storico romano che, sinteticamente, ha narrato il discorso fatto alle truppe (scozzesi?) che si sarebbero di lì a poco scontrate con l’esercito di Roma. Se avessero vinto i romani ci sarebbe stata una pace basata sulla distruzione delle identità territoriali: quindi l’alternativa era quella di combattere e vincere se avessero voluto conservare oltre ai territori, almeno la dignità di popolo. Abbiamo ritenuto che questa citazione, meglio di tante altre parole, rendesse la situazione: se i Gestori abbasseranno la guardia le compagnie petrolifere distruggeranno -insieme ai singoli Gestori- tutto quanto costruito dalla Categoria.

D’altra parte lo smembramento della Categoria e l’attacco frontale ai Gestori, ha una genesi precisa che non può essere liquidata con un’analisi superficiale. 

Poiché la storia è un divenire che ha radici profonde nei comportamenti, dobbiamo ricordare che, l’aggressione ai Gestori, ha inizio -anche se adesso molti fanno finta di non ricordare- da due avvenimenti: il primo è stato lo “scontone” del Luglio 2012 con il quale l’AD di Eni, Paolo Scaroni, intendeva in questo modo fare una “campagna reputazionale” (ed ottenere la conferma per il quarto mandato) ed il secondo, il riassetto dell’eni con l’acquisizione della parte migliore della rete IP e la vendita di migliaia di impianti (i famosi pacchetti) con i quali l’AD intendeva costruire una rete portante lasciando che gli impianti marginali finissero nella mani di operatori privati. Alcuni dei quali storicamente operanti nel settore ma molti -anche in fase di secondo passaggio- a soggetti che si sono affacciati in questo settore attratti da guadagni semplici. Intanto le forniture ai “nuovi” erano garantite al Platt’s (a volte anche meno) e si avviava la scomposizione del settore immaginando, comunque, che l’eni sarebbe stata in grado di gestire questa miriade di rivoli.

Il risultato è stato disastroso (come sempre accade quando soggetti che pretendono di applicare la “dottrina” senza conoscere i meccanismi del corpus sul quale intervengono): un po’ di major hanno lasciato il mercato (con la scusa di dover quadrare i conti senza avere dietro le risorse dello Stato); alcune hanno resistito cercando di dare vita ad una struttura che avesse una capacità di reazione rapida alle sortite di eni, altre hanno eseguito la politica dei “pacchetti”, dimagrendo a favore di soggetti terzi. In questo contesto nascono gli impianti “totalmente selfizzati”, senza Gestori, vera incubatrice di quello che si sarebbe trasformato in appalto col tempo e grazie all’indifferenza dei Governi e della Pubblica Amministrazione preposta al controllo ed alla vigilanza sul settore volute dalla Legge. Ed oggi sono gli stessi che provano a farci la morale!!!

Rimane una costante: a pagare il fio per la superficialità di un’industria petrolifera che ha perso le sue caratteristiche, per l’ennesima volta, sono solo i Gestori, stretti fra ristrutturazioni aziendali, pricing di vantaggio ai concorrenti (con lo steso marchio) per aiutarli a pagare il conto dei “pacchetti” e voglia di confermare l’assoluto ed incontrastato possesso degli impianti (oltre alla proprietà). Per questi signori i Gestori non sono più utili: meglio obbedienti servitori da cambiare secondo i capricci del capo di turno! Chi oggi dice, come fa eni, per le vie “confidenziali”, che l’obiettivo della sua azione è quello di ristabilire una parità nella struttura della rete, dice il falso. Mente sapendo di mentire. Ed ancora una volta può contare sul fatto che la storia di questo settore è, ai più, sconosciuta.

Ecco perché abbiamo il dovere -e l’onere- di reagire e di raccontare la nostra versione. Certo, possiamo scegliere una resa disonorevole ad una battaglia difficile avendo, però, la piena consapevolezza che chi pretende oggi l’introduzione su larga scala di contratti di appalto (senza regole e senza contrattazione) non farà prigionieri. Il dilemma quindi, come nel caso ricordato da Tacito, è vivere combattendo lo strapotere delle truppe romane, o arrendersi acconciandosi a servire il “vincitore” nell’ignominia. Senza alcuna dignità. Non c’è spazio per le mezze misure o per Accordi -mediati o meno- che consentano il superamento dello stato di cose che si sono determinate.

Abbiamo, a più riprese -nonostante l’Unem tenda a nasconderlo per non contrariare il suo maggiore contributore- messo sul tavolo finanche più flessibilità di quanta i petrolieri avrebbero avuto il coraggio di chiedere, ma ogni trattativa è naufragata per la nostra ferma intenzione di chiedere il rispetto delle Leggi approvate dal Parlamento (ed ancora vigenti) e fiera opposizione a lasciare campo libero a contratti precari. Non siamo disponibili ad alcuna resa incondizionata, come abbiamo rappresentato anche al Governo che ha preferito -con grande intelligenza politica- non approvare un testo di fatto sovrapponibile ai desiderata dei petrolieri per riaprire la discussione in sede ministeriale. Al Mimit abbiamo, ripetutamente, fatto esercizi (anche di buon senso) che si sono però infranti sul “niet” di quella parte di un’industria petrolifera che vuole piantare, sulle macerie del settore, la bandierina della vittoria e della resa dell’intero popolo dei Gestori.

E’ vero, la politica sindacale non si fa ricorrendo ai Giudici ma, come si fa ad evitare questo ricorso quando vengono negati i più elementari diritti della Categoria? Come si fa a tacere di fronte all’utilizzo disinvolto di società 

controllate al 100% dai petrolieri che gestiscono -in forza del contratto sudato ed ottenuto dai Gestori-secondo i dettami della Legge (perché sanno che diversamente non sarebbe possibile). Ecco, batteremo anche questa strada così come quella dell’Europa la quale dovrà spiegarci come è possibile concedere deroghe all’articolo 101 del Trattato di Roma quando il fornitore in esclusiva (non dimentichiamocelo mai) scende direttamente al pubblico ed ha mezzi, strumenti e risorse per fare una politica di controllo del mercato?
Il vero obiettivo di eni -come dice qualche anonimo esperto del settore- è dismettere le attività di “downstream” per contrarsi sull’ upstream o, meglio ancora- sui profitti che provengono dal gas e dai prezzi che paghiamo per cucinare e scaldare le nostre case: ma se ci sarà la pace -come tutti ci auguriamo- fra Russia ed Ucraina quella dell’eni potrà rivelarsi una scelta disastrosa.

E potremmo continuare ragionando anche sulla cattura e sullo stoccaggio della Co2 in Adriatico piuttosto che sulle dismissioni della raffinazione per far posto all’ennesima bioraffineria (come sta accadendo con Livorno) che non rende un servizio al Paese, progressivamente privato di infrastrutture industriali essenziali per la crescita. Ma che importa, al momento ci sono i risultati garantiti dal gas. Ma è proprio questo l’interesse del Paese? E quando l’Italia dovrà elemosinare sui mercati internazionali dei prodotti finiti il prodotto che serve per “andare avanti”, chi si ricorderà di quanto accade oggi? Da ultimo -senza che ciò appaia come speculazione- a forza di tirare la corda e procedere con gli appalti, alla fine si rischia di incappare in incidenti che, una volta, non si sarebbero mai determinati perché il sistema di sorveglianza e di accuratezza nell’esecuzione obbedivano a logiche che non si esaurivano con il profitto. I nodi, ormai, stanno venendo al pettine per tutti: solo chi non vuole prenderne atto continua a girare la testa dall’altra parte attendendo tempi migliori. Ma, alla fine, chi pagherà questo scempio? Stipendi d’oro o bonus stratosferici serviranno forse per rimpinguare il conto in Banca ma non a mettere a tacere le coscienze. Ammesso che questi signori una coscienza l’abbiano.

Questo è quello che ci attende nell’anno che verrà e noi dovremo farci trovare preparati e pronti a difendere i nostri diritti. È il momento di agire con consapevolezza e decisione. Gli eventi ci chiamano ad essere pronti e determinati..

Buon Anno a tutti i Gestori.

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Stefano v
Stefano v
23 giorni fa

BISOGNA INSERIRE NEL DL DEL GOVERNO UN CONGRUO INDENNIZZO AI GESTORI CHE VERRANNO RISTRUTTURATI PER ACCOMPAGNARLI ALLA PENSIONE PRIMA CHE MUOIANO DA SOLI SENZA RICEVERE NIENTE.QUESTO E’ IL VERO LAVORO CHE VOLEVA SVOLGERE IL COMPIANTO SIG.TIMPANI E CON LUI LA FEGICA. UNICA COSA CHE SERVE PER ALLEVIARE I GESTORI FINO AL PENSIONAMENTO E AUMENTARE L’EROGATO DI QUELLI RIMASTI.SPERANZA VIVA.

Salvatore
Salvatore
Rispondi a  Stefano v
22 giorni fa

Chi” di speranza vive disperato muore” questo era uno o degli obbiettivi che bisognava raggiungere con le associazioni di categoria, ma ahimè le cose non sono cosi in quanto di questa roba da quanto tempo ne stiamo parlando!!! si è vero mi ripeto ma quante volte si è discusso di questi argomenti facendo soltanto parole incontri e riunioni con la controparte senza arrivare a un bel…..di niente soltanto chiacchere su chiacchere, e poi diciamo anche che personaggi come il buon Roberto Timpani non c’è ne sono più tanti, anzi diciamo che in questi ultimi anni sembra che le associazioni di categoria si sono date alla macchia … ma qui è ora di tira fuori i Coglioni per un semplice motivo è ora di dire basta le parole non servono c’è bisogno di portare a casa dei risultati in quanto le compagnie da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce , qui le gestioni sono in un mare in tempesta e se non si ottengono dei risultati qui le gestioni affondano e di fatto si fa il gioco delle compagnie che tira tira alla lunga arrivi con l’acqua alla gola oppure fallisci e non puoi fare altro che consegnare le chiavi…a meno che i Coglioni siamo noi??? e chiedo scusa se ho urtato la sensibilità di qualcuno.. e ditemi se non è cosi???

stefano v
stefano v
Rispondi a  Salvatore
22 giorni fa

l unico modo per sollevare gli erogati e salvare la categoria È LA CHIUSURA CON INDENNIZZO OBBLIGATORIO DI ALMENO 5000 IMPIANTI IL RESTO SONO CHIACCHIERE

Salvatore
Salvatore
Rispondi a  stefano v
22 giorni fa

Ma forse non ti è chiara una cosa o non mi sono spiegato bene, ma le compagnie non ti vogliono dare un bel fico secco di nulla e te lo dico nella maniera più gentile per non dire un altra parola, e non illudiamoci che anche con un intervento del governo la vedo dura ottenere qualche euro … e poi gli impianti in Italia sono il doppio di quelli che ci sono in Europa , Francia Germania Spagna ne hanno circa 10.000 contro i 21.000 attualmente nel nostro paese, e questi delle compagnie questa roba non l’accetterano in quanto oltre a chiudere gli impianti in eccesso sono disposti a dare indennizzi alle gestioni ….io alle favole non ci credo più!!!!!

Stefano v
Stefano v
Rispondi a  Salvatore
21 giorni fa

MI SPIACE MA TU NON CONOSCI IL DL CARBURANTI

Salvatore
Salvatore
Rispondi a  Stefano v
21 giorni fa

il DL CARBURANTI LO CONOSCO MA IL PROBLEMA E’ SOLO UNO CHE QUESTI SE NE FANNO UN BAFFO DEL DL CARBURANTI, E VEDRAI MOLTO PRESTO SE NON E’ COSI ???