
I prezzi dei carburanti, complice anche l’ulteriore stretta nei confronti della commercializzazione del petrolio russo, continuano a salire, raggiungendo i livelli più alti dall’agosto scorso. Sebbene il fenomeno si inserisca in un contesto globale segnato da tensioni geopolitiche e dinamiche di mercato, in Italia pesano anche scelte politiche e normative che stanno contribuendo a spingere i prezzi in alto i prezzi dei carburanti.
Questo scenario ha attirato l’attenzione di associazioni dei consumatori come Codacons e Federconsumatori, che denunciano una “escalation senza sosta” con impatti negativi su consumatori, imprese e sulla crescita economica del Paese. Tuttavia, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha difeso l’operato del governo, sottolineando come le misure adottate abbiano “contenuto i prezzi dei carburanti e il tasso di inflazione” in un contesto internazionale complesso.
Tra i fattori locali che incidono sui prezzi c’è l’aumento della quota obbligatoria di miscelazione dei biocarburanti, che ha comportato un lieve incremento dei prezzi. Inoltre, è tornato al centro del dibattito l’allineamento delle accise tra gasolio e benzina, un impegno assunto dall’Italia con l’Unione Europea per eliminare i cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi”.
La differenza di aliquota tra gasolio e benzina, considerata un incentivo dannoso per l’ambiente, vale circa tre miliardi di euro e, benché presente in quasi tutti i Paesi europei, l’Italia sembra determinata a eliminarla in tempi rapidi. Questo allineamento, seppur presentato come una misura necessaria per rispettare gli obiettivi del Pnrr, rischia di tradursi in un aumento della pressione fiscale e, inevitabilmente, in un ulteriore rincaro dei prezzi dei carburanti.
Secondo alcune stime, un incremento di un centesimo sull’aliquota del gasolio e una corrispondente riduzione sulla benzina genererebbero un surplus di circa 100 milioni di euro all’anno, destinato al rinnovo del contratto del trasporto pubblico locale. Tuttavia, questa misura appare come un escamotage fiscale, più che un reale intervento a favore dell’ambiente, e si tradurrebbe in un ulteriore aggravio per i cittadini già colpiti dall’aumento dei costi energetici.
Nonostante l’attenzione mediatica, i prezzi attuali sono ben lontani dai picchi registrati nel 2022 o dai massimi più recenti del 2024. Tuttavia, il mercato internazionale mostra segnali di risveglio, complice anche l’introduzione di nuove sanzioni sul petrolio russo. Se queste dinamiche dovessero consolidarsi, il governo potrebbe trovarsi in difficoltà nel sostenere misure già impopolari, come l’allineamento delle accise, senza scatenare un’ondata di malcontento sociale.