Il contratto di appalto nei rapporti compagnie-gestori

da Staffetta Quotidiana le riflessioni sulla sentenza del Tribunale di Torino. Di Bonaventura Sorrentino – studio legale e tributario Sorrentino Pasca

Il Tribunale di Torino, con una recente sentenza, si è espresso sulla inapplicabilità del contratto di appalto nella rete distributiva, con riferimento al rapporto negoziale tra un gestore ed una società petrolifera.

Va fatta una considerazione di premessa: il voler a tutti i costi sussumere un contratto tipico regolamentato dal codice civile è cosa ardua, forse impraticabile.

La non piena efficacia e praticabilità dei tentativi precedenti ha già riguardato tipicamente il contratto di comodato, quello di commissione e dunque attualmente il contratto di appalto.

Tutti tentativi che notoriamente hanno lasciato lasciano “zone grigie” sia interpretative che applicative.

La questione è legata forse alle posizioni di interesse diretto (in senso legittimo e comprensibile), che vede dietro ogni suggerimento di contratto articolazioni commerciali.

Ma la regolamentazione giuridica è altra cosa e di essa va tenuto conto con fermezza interpretativa.

Un modello contrattuale “ibrido”, o meglio atipico, forse riuscirebbe a far fronte in maniera convergente alle tutele ed agli interessi delle parti, in considerazione delle diverse esigenze che derivano da fattori di eterogeneità di ruoli ma anche di territori ed ambientale (in senso commerciale).

Il Tribunale di Torino si è limitato a tener conto del contenuto tipico di un contratto di appalto, in ogni sua sfaccettatura, ed a ritenerlo non idoneo.

Va chiarito succintamente che il contratto di appalto, come definizione propedeutica ed essenziale, è regolamentato all’articolo 1655 del codice civile, che ne mette a fuoco i requisiti oggettivi e soggettivi.

La fonte normativa richiamata stabilisce: “L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.

In sintesi, come regolamentazione tipica, l’appalto è quel contratto di cui è parte un soggetto, imprenditore, che con l’organizzazione dei propri mezzi assume l’obbligazione del compimento di un’opera a fronte di un corrispettivo in denaro.

Si tratta dunque di un contratto di risultato e non di attività. Inoltre, si distingue dal contratto d’opera in quanto l’appaltatore non deve personalmente occuparsi del compimento delle opere commissionate, ma servirsi della propria organizzazione e gestirla a tal fine.

Tale contratto può avere ad oggetto tanto il compimento di un’opera quanto essere un appalto di servizi.

Forse già dalla lettura della norma si evince la non piena conformità alle esigenze delle parti ed in particolare alla convergenza del ruolo e della operatività del gestore rispetto ai paletti contrattuali che definiscono il contratto di appalto.

La questione non è applicare questo o quel contratto tipicamente regolamentato che, come sappiamo, a tutt’oggi non ha soddisfatto pienamente i soggetti interessati, ma forse la soluzione è quella di convergere sulle esigenze delle parti nell’ottica di una regolamentazione più elastica.

La sentenza di Torino sul punto è ancora più incisiva, sottolineando che nei contratti di appalto vi è la sostanziale assenza di spazi di autonoma organizzazione e decisione in capo all’appaltatore.

Un rapporto, quello in questione, che non presenta le caratteristiche di un contratto di appalto, ossia l’organizzazione dei mezzi da parte dell’appaltatore, aggirando, a parere dell’organo giudicante, di fatto la contrattualistica di settore.

Il Tribunale non si è limitato a dichiarare l’inapplicabilità del contratto di appalto ai rapporti in questione ma, chiaramente, ne ha definito l’identità, ravvisando la figura della operatività del gestore quella tipica di lavoratore dipendente.

Non è poca cosa.

È di tutta evidenza che questa prima sentenza, se dovesse essere quella definitiva (e le sentenze di grado superiore essere di identico contenuto), darebbe, con riferimento ai rapporti di lavoro pendenti, un forte scossone al settore; ciò in quanto aver identificato nel rapporto di lavoro dipendente quello tipico del rapporto tra compagnie petrolifere e gestori e dunque definendolo tale in ogni caso, potrebbe forse coinvolgere, con identiche iniziative, anche gli altri tipi di rapporto attualmente praticati, seppure diversi da quello di appalto.

Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana 

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Salvatore
Salvatore
1 mese fa

Bene il giudice ha confermato che quel tipo di contratto è inapplicabile e quindi non regolare ed è quello che si è sempre detto nei vari post precedenti alla sentenza, ma questo è solo l’inizio e vedrete cosa tireranno fuori dal cilindro…. e comunque mentre il tempo passa le gestioni rimangono in sofferenza, e nell’attesa soccombono, e come quando il dottore cerca la cura ma nel frattempo il paziente muore ????

Tony
Tony
Rispondi a  Salvatore
1 mese fa

I nostri guadagni si dimezzano
Invece i costi aumentano

Salvatore
Salvatore
Rispondi a  Tony
1 mese fa

Questo è il modo di agire delle compagnie per metterci fuori gioco… lo sanno perfettamente che noi gestori non possiamo tenere botta a lor Signori sanno che allunghiamo la nostra agonia ma poi alla fine col tempo che gioca a loro favore avranno la meglio su di noi, e aggiungo e concludo dicendo questo: che in natura il pesce grosso si mangia quello piccolo!!!

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1 mese fa

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