
Nel panorama già complesso della distribuzione carburanti, si è aperto da tempo un fronte di particolare criticità: quello legato al punto di infiammabilità (flash point) del gasolio. Una questione tecnica trasformata, in alcuni casi, in crociata penale, con pesanti conseguenze per gli operatori della filiera – dai gestori ai retisti, dai trasportatori agli esercenti.
A farne le spese sono, ancora una volta, i Gestori e le piccole imprese che ogni giorno tengono in piedi la rete, già schiacciate da margini minimi, oneri crescenti, burocrazia invasiva e concorrenza spesso sleale. Il tutto in un clima che ha sostituito il confronto con l’intimidazione e la cooperazione con la repressione.
La lettera pubblicata da Staffetta Quotidiana – a firma del segretario generale di Assopetroli-Assoenergia, Sebastiano Gallitelli – va in questa direzione: riportare razionalità, proporzione e verità tecnica in un dibattito inquinato da slogan e forzature.
Nel pubblicare integralmente il testo, riteniamo doveroso stimolare anche tra i gestori carburanti una riflessione aperta e consapevole, affinché il principio di legalità non si trasformi in arbitrio, e la necessaria vigilanza non diventi persecuzione. La sicurezza, la legalità e la qualità dei prodotti devono restare priorità, ma in un quadro equo, competente e non penalizzante per chi lavora onestamente. Si tratta di principi già richiamati nel documento redatto dalle associazioni dei gestori esattamente un anno fa. https://www.gestoricarburanti.it/wp-content/uploads/2024/05/FAIB-FEGICA-FIGISC_ANISA-Comunicazione-su-indice-infiammabilita-del-27-05-2024.pdf
Serve equilibrio. Serve confronto. Serve, oggi più che mai, una vera cultura della proporzione.
Negli ultimi mesi, nelle aule di giustizia si va consolidando un dato rilevante per il settore distributivo: la mera non conformità del gasolio per autotrazione sul parametro del “flash point” (punto di infiammabilità), in assenza di ulteriori elementi costitutivi di reato, non configura un illecito penale. Né come frode in commercio (art. 515 CP), né come sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa (art. 40 T.U.A.).
Per oltre due anni, tali capi d’imputazione – spesso contestati insieme – sono stati mossi da Adm e Gdf contro decine di operatori, grandi e piccoli, con gravi accuse oggi sempre più frequentemente archiviate o sfociate in assoluzioni per assenza del dolo, ossia della consapevolezza e volontarietà dell’illecito.
Non poteva essere altrimenti. Chiunque conosca la filiera distributiva – oltre 1.000 depositi, migliaia di trasportatori, 22.000 punti vendita – sa bene che l’operatore (benzinaio, trasportatore, retista) non ha né può avere consapevolezza del valore del flash point del gasolio che gestisce.
Monitorare puntualmente questo parametro a ogni passaggio è irrealizzabile, anche per l’uso promiscuo delle flotte di trasporto – una prassi diffusa e non facilmente evitabile. Tale modus operandi può comportare contaminazioni accidentali (residui di benzina che abbassano il flash point del gasolio), note e riconosciute anche dagli organi di controllo.
Si tratta di criticità reali, da affrontare con misure correttive mirate, non certo con campagne penali come l’attuale “campagna carburanti”, fatta di sequestri e denunce che si dimostrano infondate già in fase preliminare o processuale.
Basti ricordare che in passato l’Amministrazione doganale aveva disciplinato la rimessa a norma di miscele accidentali come prassi amministrativa ordinaria (Circolare 60/D dell’11 agosto 2000).
Perché si sia giunti a una svolta così rigidamente penalistica resta difficile da comprendere. E dopo oltre due anni, ci si chiede quali risultati concreti in termini di gettito recuperato o contrasto all’illegalità siano stati effettivamente ottenuti. Verrà mai il momento per questo bilancio?
L’impatto sulle Pmi è chiaro: gravi danni economici, reputazionali e operativi, difficoltà con affidamenti bancari o rapporti con la PA, spese legali, fermi attività e tempi lunghi di definizione.
Ma l’effetto più grave è la percezione generale di insicurezza: un rischio immanente che può colpire anche l’operatore più diligente. Non esiste infatti buona pratica in grado di annullare il rischio di ricevere inconsapevolmente partite fuori specifica, anche da fornitori legali e tracciati.
Situazioni ben diverse dalle miscele fraudolente (“designer fuels”) di provenienza chiaramente illegale.
Dobbiamo allora affidarci solo ai Tribunali? La recente sentenza di piena assoluzione del Tribunale di Trapani, che riconosce l’assenza di dolo o colpa in uno dei tanti casi-fotocopia, è un altro segnale importante.
Resta tuttavia assente un vero cambiamento nell’approccio ai controlli. Ancora oggi, la semplice non conformità al flash point comporta automaticamente la segnalazione alle Procure, anche in presenza di documentazione completa e tracciabile.
A rendere più problematico il quadro è poi il tono della comunicazione istituzionale: enfatico, social, quasi promozionale (#VogliamoTutelarvi), poco consono a un linguaggio pubblico.
Anche la narrazione in chiave ambientale e di tutela dei motori appare forzata: non si registrano effetti sugli inquinanti locali, e il rischio meccanico è sovrastimato. Lo prova il fatto che il gasolio sequestrato viene regolarmente utilizzato dai mezzi della PA (ad es. Vigili del Fuoco), smentendo nei fatti la sua presunta pericolosità.
È giunto il momento di una riflessione seria, pacata.
Uno spazio utile potrebbe essere proprio quello della Staffetta, per stimolare un confronto aperto – anche con voci istituzionali – su visioni, dati, obiettivi e strumenti per una vigilanza antifrode moderna, proporzionata e coerente con la realtà operativa di un settore ancora vitale per il Paese.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana