Staffetta Quotidiana – Intervista a Guy Bickerstaffe e Leandro Venditti
di Gabriele Masini
A cinque mesi dal cambio al vertice , la controllata italiana della britannica EG Group presenta le proprie strategie: nuove acquisizioni negli Usa, non si escludono altre operazioni in Italia. L’adesione ad Assopetroli e la critica ai retisti che offrono una sponda alle frodi Iva. E le richieste al nuovo governo: razionalizzazione, lotta all’illegalità e semplificazione amministrativa. Parlano Leandro Venditti, direttore Sviluppo Italia, e Guy Bickerstaffe, responsabile Sviluppo del gruppo britannico EG, che abbiamo incontrato presso la sede di Roma in via Eiffel.
Partiamo dalla sua esperienza: che posizioni ha ricoperto prima di approdare in EG Italia?
Venditti: La mia esperienza fondamentale è stata con il gruppo api IP, dove sono stato 23 anni e ho ricoperto praticamente tutte le posizioni per quanto riguarda la rete, dalle funzioni tecniche, allo sviluppo, alla gestione. Quando sono uscito da IP ho iniziato a lavorare per i principali retisti, sia pompe bianche che con brand.
È passato dall’altra parte della barricata.
V. Dopo l’acquisizione di IP gestivo sostanzialmente i rapporti commerciali con i retisti, erano circa mille, che avevano da 1 a 4/500 impianti. Lì ho acquisito la conoscenza e la cultura del mondo dei retisti. E poi ho iniziato a lavorare con loro.
Poi EG.
V. Il passaggio è avvenuto quando ho conosciuto i fratelli Issa e Guy Bickerstaffe che è il responsabile sviluppo del gruppo. È lui che in questo periodo si dedica in particolare all’Italia.
Perché questa attenzione particolare all’Italia?
Bickerstaffe: C’erano alcune questioni da affrontare qui in Italia lo scorso anno, per questo ho deciso di venire qui per un po’. Avete scritto sulla Staffetta che avevamo intenzione di vendere, di fare pacchetti… non è così. Non è assolutamente nostra intenzione. Abbiamo un grande marchio, Esso, e stiamo investendo decine di milioni di euro per sostituire le tecnologie dei punti vendita. È un lavoro complesso che è ancora in corso e che, per motivazioni tecniche, sta richiedendo più tempo di quanto previsto. Al tempo stesso stiamo lavorando sul cambio di mentalità, la nostra e quella dei gestori. Dobbiamo “rienergizzare” un po’ tutti, ri-focalizzandoci sui progetti prioritari del gruppo.
Perché l’avvicendamento al vertice tra Bianca e Venditti?
B. Con Bianca non ci siamo lasciati male, ci sentiamo tuttora. Avevamo solo bisogno di un maggiore slancio per far andare le cose. C’è molto lavoro da fare in Italia: in questo paese la rete è in uno stato inferiore rispetto a tutte le altre reti che abbiamo acquistato. Ci sarà bisogno di un grande sforzo e di molti investimenti per riportarla in forma. Vogliamo avviare un lavoro di vero sviluppo, con soluzioni che siano adatte all’ambiente, cercando di portare anche qui le cose buone che facciamo in altri Paesi, non solo nel Regno Unito. Quando compriamo delle reti, “compriamo” anche persone molto preparate, che hanno ottime idee, che sanno come condurre le attività. Noi non imponiamo il nostro modo di fare, guardiamo come lavorano e vediamo cosa possiamo imparare. Così cresciamo come azienda, imparando dalle persone che lavorano per noi. La strada sicuramente è lunga ma soprattutto negli ultimi quattro mesi le cose stanno migliorando radicalmente. L’atmosfera, il morale, tutto sta andando meglio.
Vi aspettavate di trovare la rete in questo stato?
B. La rete era come ce lo aspettavamo. Abbiamo fatto la due diligence. Abbiamo visto ogni singolo punto vendita. Non era in ottimo stato ma lo sapevamo. Diciamo che c’è molto spazio per migliorare. Se compri qualcosa che è già al top è difficile migliorare. Forse, non avendo mai fatto affari in Italia, quello che abbiamo sottovalutato era la burocrazia, ad esempio i tempi per ottenere le autorizzazioni.
Porterete Starbucks nei punti vendita Esso in Italia?
B. Non ancora. Ne abbiamo in Benelux. In futuro sono sicuro che faremo qualcosa anche in Italia. Il nostro problema principale al momento è far funzionare al meglio gli impianti. È nostra intenzione essere meglio di Eni e Q8. E sappiamo di poterlo fare. Ma prima dobbiamo rendere attraenti i punti vendita.
Avete anche punti vendita in gestione diretta?
B. Non era nostra intenzione all’inizio e non lo faremo in massa. Ma c’è un certo numero di punti vendita attualmente chiusi per i quali facciamo fatica a trovare gestori. Per questo abbiamo preso la decisione di gestirli da noi. È una cosa che richiede molta attenzione. ExxonMobil ci ha affidato il suo marchio qui, nel Regno Unito, in Germania, sempre più in Francia e Benelux dove stiamo costruendo e riaprendo punti vendita. E serve molto per ottenere questa fiducia. Se fai un errore, qualcosa che danneggia il marchio, è difficile che ti perdonino. Per questo dobbiamo assicurarci di avere un controllo molto stretto. E ci piace pensare che sappiamo prenderci cura di un marchio meglio di quanto possano fare loro stessi.
Ad oggi in Italia non abbiamo ancora dimostrato ciò di cui siamo capaci. Se guardiamo al Regno Unito, lì abbiamo punti vendita fenomenali. Abbiamo buttati giù quelli vecchi, li abbiamo ricostruiti, ammodernati. Esso è molto fiera dei nostri punti vendita in UK. Vogliamo far crescere il brand.
Il mercato italiano però è diverso, probabilmente meno efficiente e ricco…
V. La rete è inefficiente ma profittevole. Se è vero che, per eccesso di punti vendita, ha un erogato medio basso, in realtà difficilmente non rende: è difficile trovare un’attività che abbia invece continuativamente redditività positiva. E questo spiega l’interesse di player come i fondi, in qualche modo la rete è vista come un porto sicuro: rende poco, meno di quanto rendeva prima, ma è sempre in territorio positivo.
Anche con l’illegalità che dilaga?
V. In specifiche situazioni può anche capitare di non guadagnare ma mediamente, anche se i margini si assottigliano sulla rete, se ben gestita, è pressoché impossibile andare in negativo. Nonostante l’illegalità.
Però alcuni impianti hanno chiuso negli ultimi anni.
V. I retisti magari chiudono un impianto per sospendere i costi od evitare perdite ma continuano a far rendere il resto della rete. L’assetto tipico di un privato di medie grandi dimensioni è avere uno o due brand, insieme al proprio marchio. È un modo di adattarsi alle varie trade area cercando di ottenere il meglio dal mix. E poi sono gli unici ormai ad investire.
B. I retisti come noi possono fare un lavoro molto migliore rispetto alle compagnie sulla rete. Non abbiamo altra scelta, è la nostra sola fonte di guadagno. Dobbiamo essere più concentrati, avere maggiore controllo sui costi e sulla qualità. E non abbiamo i costi fissi delle compagnie. Anche per questo le compagnie si stanno ritirando dalla rete.
V. In questo Esso ha sempre anticipato le tendenze del mercato.
Crescerete ancora in Italia?
B. Sì. Siamo sempre alla ricerca di nuove opportunità. Non abbiamo finito con l’Italia. È un mercato molto interessante. I consumatori italiani sono molto attenti. È l’unico mercato in cui ci sono le due corsie, per il self e il servito. Al consumatore italiano piace il servito, sceglie spesso di pagare un sovrapprezzo. Noi crediamo che il servizio oggi non sia buono come potrebbe essere, e che noi possiamo renderlo migliore. Il miglior servizio nei punti vendita lo si può trovare nei luoghi di vacanza in Florida. Quello è il nostro modello. Abbiamo investito molto nella formazione dei gestori, di chi è sul piazzale. Se l’addetto al punto vendita sa quello che fa, se è esperto e formato, ha la possibilità di offrire un servizio migliore. Non possiamo permetterci di perdere alcun cliente. E i clienti li possiamo trattenere solo con il servizio. C’è chi dice che gli italiani non lo vogliono. Ma mi dicevano anche che gli italiani non volevano Starbucks: il primo giorno di apertura del punto vendita a Milano, Starbucks ha incassato 33mila euro…
Puntate anche alle aree di servizio autostradali?
B. L’impostazione attuale in Italia non funzione secondo me. Se avessimo noi la proprietà e la gestione dell’area, potremmo fare meglio. Abbiamo stazioni di servizio autostradali in UK di nostra proprietà, non concessioni assegnate tramite gara. E gestiamo tutte le attività dell’area di servizio. In Benelux e Francia è simile a qui, con le gare per le concessioni. Il risultato è che in Italia la sosta nelle aree di servizio è un’esperienza negativa per gli automobilisti. Si fermano solo se non ne possono fare a meno. Ma non deve essere necessariamente così. Può essere invece una scelta ed un’esperienza positiva.
V. La speranza per le aree di servizio autostradali è che le gare si orientino più sulla qualità dell’offerta che sulle royalty. Le aree di servizio autostradali in UK sono le migliori che abbia visto in assoluto, con servizi, attività, spazio, tutto molto ben organizzato. Ma per questo servono grossi investimenti, ed è difficile farlo se la concorrenza si gioca in gran parte sulle royalty. La nostra speranza è che le autostrade cambino policy sulle gare: la qualità deve essere al centro e pesare di più. È l’unica via per riportare gli automobilisti nelle aree di servizio che al momento sono deserte. Il modello EG potrebbe funzionare molto bene sulle autostrade, perché lì ci sono gli spazi per sviluppare anche le attività non oil in cui EG ha una profonda competenza ed esperienza.
Sono deserte anche per i prezzi altissimi.
V. Perché tutti devono coprire i costi. E questo è il motivo per cui molte delle aree di servizio sono in overpricing rispetto alla rete ordinaria.
B. Nel Regno Unito abbiamo comprato quella che veniva considerata la peggiore area di servizio per diversi milioni di sterline. Abbiamo buttato giù tutto, edifici, pompe, pensiline, e abbiamo ricostruito da zero. Abbiamo messo tutto in un edificio, razionalizzando le strutture. Ne abbiamo comprata un’altra da Total, che era rimasta chiusa per dieci anni perché non era profittevole. E abbiamo fatto la stessa cosa. Oggi sono tra le migliori aree del regno Unito. E credo che la stessa cosa sia necessaria qui in Italia. Gli edifici e gli schemi degli anni ‘80 vanno buttati giù, non sono più adatti. Quando avremo avviato completamente le cose sulla rete ordinaria, sicuramente proveremo a crescere in autostrada.
In che tempi?
B. Non abbiamo scelto la strada più breve. Per esempio, per le soluzioni tecnologiche abbiamo scelto un operatore, Maser, dopo una lunga selezione. ExxonMobil si è sempre affidatata a Gilbarco in tutti i paesi in cui opera. Noi abbiamo scelto di cambiare. Al tempo stesso anche ExxonMobil ha cambiato il sistema per le carte di pagamento ed abbiamo quindi dovuto riallineare i rispettivi sistemi. Ora abbiamo risolto tutto e stiamo cercando di accelerare sull’aspetto dei punti vendita, nuove pensiline, pompe ecc. Ci vorrà realisticamente un altro anno per concludere il tutto. Autorizzazioni permettendo.
V. La filosofia di EG è fare interventi radicali, sistemare definitivamente i punti vendita.
B. In passato ci si limitava a fornire al punto vendita il “pacchetto Synergy”. Noi crediamo che se si interviene si debba farlo una volta per tutte, e non tornare a più riprese sul punto vendita.
È ancora possibile una razionalizzazione della rete in Italia?
V. L’ennesimo tentativo è andato a vuoto. La legge 124 ha avuto un risultato pari a zero. Scherzando tra noi diciamo che è stato chiuso un solo punto vendita ed era di EG… Il tema della razionalizzazione va portato avanti definitivamente. Chiudere i 5.000-6.000 impianti inefficienti è un must. Ma servono strumenti normativi nuovi efficaci.
Leggi o moral suasion?
V. In primis moral suasion. Il prodotto da qualche parte viene venduto: ho visto impianti affittati o venduti a operatori notoriamente discutibili da parte di quegli stessi che si agitano contro l’illegalità. Con Assopetroli su questa questione manterremo una posizione ferma: i retisti devono sentire e fare propria questa responsabilità ed essere coerenti. Gli operatori dell’illegalità, per lo più, preferiscono non possedere punti vendita: li riforniscono, li gestiscono, li affittano ma, se qualcuno glieli vende… li comprano pure. È sotto gli occhi di tutti che punti vendita destinati solo alla chiusura improvvisamente risorgono e vendono, non troppo misteriosamente, milioni di litri. Tuttavia ci troviamo di fronte quasi sempre a società depatrimonializzate che vendono prodotto sottocosto e dispongono dei siti pagandoli cifre palesemente fuori mercato ai proprietari. Siamo al punto in cui il sistema illegale dispone direi di un vero e proprio network commerciale su tutto il territorio nazionale: questo è inaccettabile.
Servono altre regole?
V. La soluzione temporanea potrebbe essere il reverse charge ma mi pare di capire che non tutti siano d’accordo. Serve allora un controllo molto stretto sulle transazioni e sulla movimentazione fisica e commercializzazione del prodotto. Prima di entrare in EG ho fatto anche consulenze nell’ambito di alcuni procedimenti giudiziari. Il nostro settore ha delle specificità e tecnicismi tali per cui occorrerebbe che le indagini e le ipotesi accusatorie, da estendere necessariamente anche a chi mette a disposizione consapevolmente gli asset, vengano supportate da tecnici specializzati di settore. Mi sembra che i procedimenti, dopo i clamori mediatici, finiscano nel giro di qualche mese con dissequestri e ripresa delle normali attività. Non abbiamo ancora visto una condanna e credo ne vedremo poche. Occorre una specializzazione maggiore da parte di chi controlla ed un lavoro di team con esperti di settore che porti ad avere ipotesi di reato più estese e gravi.
Vedremo il marchio EG sulle strade italiane?
B. Non siamo un brand petrolifero, non abbiamo prodotti né servizi nostri. Ma il marchio EG apparirà a un certo punto sui totem. Non come co-branding, perché il marchio principale sarà sempre quello petrolifero, poi gli altri marchi e infine una sorta di “operated by EG”. Così abbiamo fatto nel Regno Unito perché molti dei nostri concorrenti hanno iniziato a copiare il nostro stile. A quel punto abbiamo voluto specificare quali erano i nostri punti vendita.
I retisti si espanderanno ancora in Italia?
V. Sono gli unici per cui un’acquisizione può avere un valore strategico. In questo momento domanda e offerta non si incontrano perché chi vuole vendere ha pretese eccessive. Comunque operatori di una certa dimensione e solidi finanziariamente stanno continuamente investendo, spesso senza fare rumore.
Investirete anche in carburanti alternativi?
B. Stiamo installando le colonnine elettriche nei posti giusti: se serve un’ora per ricaricare, serve qualcosa da fare nel frattempo. Quindi i posti adatti sono quelli dove ci sono servizi, negozi, bar o posti in cui mangiare. Stiamo considerando investimenti in carburanti alternativi. Non abbiamo scelta, dobbiamo farlo. Detto questo, la nostra filosofia è costruire punti vendita dove le persone vadano volentieri, delle destinazioni in sé, non di passaggio. Nel Regno Unito abbiamo un enorme problema con i supermarket che fanno sconti sui carburanti, sottraendo volumi e riducendo i margini. Un punto vendita senza altri servizi non può sopravvivere: i costi sono troppo alti. Deve avere altre attività, altri servizi da offrire ai clienti.
Avete già programmato investimenti in Italia sui carburanti alternativi?
B. Abbiamo un programma sulle colonnine elettriche, stiamo valutando il Gnl.
V. Le compagnie sul Gnl sono ancora ferme: quando partiranno, il mercato si modificherà, perché sarà basato in gran parte sulle fuel card. E oggi l’impianto di Gnl ha ancora un costo di investimento altissimo.
Sul pricing quali sono le novità più interessanti?
V. Illegalità, bianchi e automat sono stati i maggiori fattori di cambiamento del pricing negli ultimi anni. IP e Q8 per tanto tempo hanno fatto il mercato, posizionandosi al livello più basso. Questo fino a due-tre anni fa. Ora c’è stato un certo allineamento.
Cosa chiedete alla politica?
V. Lotta all’illegalità, razionalizzazione della rete e semplificazione della macchina amministrativa. Per avere un’autorizzazione a mettere un’insegna servono 30 firme su 30 fogli in cinque copie ciascuna. Per non parlare di punti vendita in aree protette… il paradosso è che invece il possesso illegale delle stazioni è molto tutelato…
In che senso possesso illegale?
V. Chiunque oggi si impossessi di una stazione, magari togliendo il marchio e rifornendosi dove vuole, è più tutelato di chi ne è proprietario e, spesso, il tempo medio per tornarne in possesso è pressoché infinito.
Avete acquisizioni in vista?
B. Abbiamo da poco comprato 50 punti vendita a New York e stiamo completando la transazione per altri 600 punti vendita a Boston.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana
blablablablablablablablablabla…. tirate fuori i soldi per i gestori e poi ne riparliamo….