All’Oil&nonOil un settore vitale nonostante le incognite
Staffetta Quotidiana – Da qualche anno non si vedeva tanto interesse per la fiera della distribuzione carburanti, quale si è visto in questi giorni all’Oil&nonOil di Verona. Sarà la congiuntura politica, con una rinnovata attenzione alla filiera e una messa in discussione del “tutto elettrico”; sarà il rientro nei ranghi del fenomeno delle frodi, grazie ai plurimi interventi normativi di prevenzione e repressione; sarà l’incertezza – inevitabile in una certa misura – sul futuro del settore e sugli investimenti da mettere a terra per rispondere alla transizione; sta di fatto che una manifestazione così affollata ed effervescente non si vedeva da un po’ di tempo.
I dossier sul tavolo sono tanti e complessi, in un contesto nazionale e internazionale in cui le sfide e le incertezze non mancano. Si parte dal tema del riordino. Il sottosegretario Bitonci ha incontrato i rappresentanti delle associazioni proprio in fiera. Gli aggiornamenti non sono stati incoraggianti: la presentazione del ddl è slittata al 2024; Pnrr, legge di bilancio e altri dossier hanno avuto la precedenza. Diversi gli aspetti ancora da risolvere: i fondi per le bonifiche da trovare e inserire in un decreto Transizione 5.0, presupposto essenziale per la chiusura di punti vendita e la razionalizzazione della rete; i contributi per la trasformazione dei punti vendita al servizio di nuove forme di mobilità. Ma il nodo che appare più intricato è quello dei contratti. Tra proprietari e gestori l’accordo sembra ancora lontano. La mancanza di unità tra le tre sigle dei gestori non aiuta. Sicuramente non c’è una soluzione buona per tutti – le grandi reti delle compagnie, gli operatori “indipendenti” più grandi, le piccole reti. Su questo Bitonci ha chiesto espressamente il contributo della filiera ma le posizioni, nonostante gli incontri interassociativi, sembrano ancora non collimare.
Non aiuta neanche a trovare una quadra il contenzioso tuttora in atto sul “cartellone” con il prezzo medio. Dopo la vittoria di Fegica e Figisc al Tar, il secondo round è andato al Mimit, con il Consiglio di Stato che ha ripristinato l’obbligo tale e quale. I giudici amministrativi entreranno nel merito in febbraio. Il Mimit ha subito rivendicato la vittoria, riproponendo la tesi secondo cui il cartello avrebbe portato a una “sensibile riduzione del margine di distribuzione in Italia, per la prima volta minore a quello degli altri grandi paesi europei e di un terzo inferiore a quello dello scorso anno” e alla “progressiva contrazione dei prezzi alla pompa dei carburanti”. Tesi quanto meno discutibile, visto che i prezzi in Italia sono da qualche anno più bassi delle medie UE e che il calo degli ultimi mesi è stato praticamente parallelo in tutti i mercati nazionali – in quanto parallelo alle quotazioni Platts. A Verona Bitonci ha giocato il ruolo del “poliziotto buono”, ammettendo di fronte ai rappresentanti del settore che “c’è stata un po’ di chiusura, ho tentato in tutti i modi di far passare il QR code. Speriamo che dopo il contenzioso si vada verso una transizione digitale, l’ho detto anche al ministro”.
Quando, sull’onda delle polemiche sul ritorno all’accisa piena in gennaio, fu approvato il DL Trasparenza con l’obbligo del cartellone, l’iniziativa del Ddl di riordino era stata presentata come la “carota” a fronte del “bastone” dell’obbligo di esposizione del prezzo medio. Ora le strade di sono chiaramente divise: l’iniziativa politica resta puntuale e immediata sul cartello quanto più resta lasca su razionalizzazione, incentivi e bonifiche.
Le associazioni di settore devono approfittare di questo slittamento per trovare una quadra tra loro, come hanno colto il mutamento di clima politico per elaborare dati e strumenti per gestire in modo diverso la transizione – proponendo alternative al “tutto elettrico”. Ne sono ottimi esempi gli studi commissionati da Unem e Assopetroli al Rie, di cui si è parlato ieri a Verona, sulle strade alternative della decarbonizzazione, sugli aspetti che le politiche europee non hanno pienamente considerato e sul contributo che la filiera può dare a una transizione che sia sostenibile da tutti i punti di vista.
Due i rischi che il settore deve evitare. Da un lato non raccontarsi storie: scendere nel dettaglio delle reali possibilità e i reali impatti delle alternative all’elettrico. Giustamente Unem e Assopetroli hanno insistito sul fatto che le loro tesi non intendono negare il ruolo primario della mobilità elettrica nella transizione. Ma è importante valutare le alternative e pesarle per quello che sono, con numeri, prestazioni, costi. Tra gli argomenti più dibattuti nel settore – e più rappresentati in fiera – c’è l’Hvo: prodotto su cui molti puntano ma che deve ancora crescere e dimostrare tutte le sue potenzialità, anche in attesa della definizione di un quadro normativo e regolamentare completo.
L’altro rischio da evitare è quello di una deriva scettica sul tema del cambiamento del clima. Nei giorni in cui si apre al Cop28 a Dubai, è importante tenere insieme le critiche a un “percorso climatico” – quello europeo – che finora ha prodotto risultati quanto meno contraddittori, con la consapevolezza che la sfida per la salvaguardia del clima riguarda tutti, ciascuno nel proprio ruolo, e che negare o minimizzarne gli effetti squalifica le stesse alternative proposte.
Per gentile concessione di Staffetta Quotidiana