I contratti nella distribuzione dei carburanti: le differenze tra Comodato e contratti illegittimi

Nel settore della distribuzione dei carburanti in Italia, la modalità di contratto ha un impatto fondamentale sulla gestione, sull’autonomia e sulla vita commerciale nella conduzione delle stazioni di servizio, e quindi sulla stabilità dei gestori stessi. Oggi, due modelli contrattuali sollevano importanti discussioni tra Gestori e aziende: il Contratto di Comodato, disciplinato per legge, e una serie di Contratti di Appalto o Associazione in Partecipazione, contratti cosiddetti di ultima generazione che spesso presentano criticità legali e riducono ogni sorta di autonomia azzerando diritti e tutele. Esaminiamo le principali differenze tra queste tipologie.

1. Durata Contrattuale e Disdetta
Contratto di Comodato (ex lege): Stabilito dal Decreto Bersani, ha una durata di 6+6 anni. Al sesto anno, l’azienda può esercitare la disdetta solo per giusta causa e deve comunicarla entro la prima metà dell’ultimo anno contrattuale. Questo permette al gestore di programmare in un quadro di regole e diritti la propria organizzazione e le proprie risorse in quella che è una conduzione commerciale della Gestione dell’attività svolta.
Contratti di Appalto/Associazione in Partecipazione/Guardiania: Sono di durata decisamente inferiore, variando da 1 a 3 anni, con la possibilità per l’azienda di recedere dal contratto in qualsiasi momento, a volte con preavvisi di appena 15-30 giorni. L’appaltatore non è formalmente un Gestore ma ne ha tutti gli oneri e le responsabilità. Viene nominato, infatti, custode e responsabile delle strutture compresi gli incassi per la quale deve dare adeguata garanzia fideiussoria. Si occupa del personale da lui reperito e di cui è eclusivamente responsabile ma secondo le regole fissate dalla committente.

2. Condizioni Economiche
Contratto di Comodato: Offre una remunerazione media di circa 40 euro per ogni 1.000 litri di carburante venduto (eccetto IVA), e prevede un accantonamento del Bonus di Fine Gestione (una sorta di TFR dei Gestori), variabile in base alla scelta del gestore, che può andare da 2,9 a 3,2 euro per 1.000 litri (se gestito tramite CIPREG – Centro Italiano per la Previdenza dei Gestori distributori di carburante) o da 2,0 euro per 1.000 litri per altre tipologie di gestione.
Contratti di Appalto e Associazione in Partecipazione: La remunerazione media per ogni 1.000 litri di carburante è generalmente inferiore, pari a circa 2 euro (IVA esclusa), e non è previsto nessun Bonus di Fine Gestione, né un accantonamento simile al TFR.

3. Bonus Fiscale
Contratto di Comodato: Consente al gestore di usufruire di un bonus fiscale, riducendo forfettariamente il reddito d’impresa. Questo sconto è riconosciuto al gestore per il suo ruolo di esattore in nome e per conto dello Stato. E’ un fattore importante nell’economicità della gestione in quanto permette di ridurre il reddito d’impresa e quindi la quota di tasse da corrispondere annualmente. 
Contratti di Appalto e Associazione in Partecipazione: Non offrono alcun tipo di bonus fiscale, risultando meno vantaggiosi sotto il profilo fiscale e quindi economico.

4. Autonomia e Reperibilità
Contratto di Comodato: I gestori godono di piena autonomia operativa, potendo usufruire di ferie, definire gli orari di apertura, stabilire  un margine leggermente più alto usufruendo del delta prezzo massimo dei carburanti e gestire attività accessorie in totale indipendenza.
Contratti di Appalto e Associazione in Partecipazione: La flessibilità è praticamente assente. Ai gestori/appaltatori viene richiesta tutta la mansione di un gestore tradizionale inoltre di essere reperibili 24 ore su 24 e di eseguire compiti specifici, come la pulizia delle piazzole e la manutenzione delle attrezzature, offrire servizi aggiuntivi all’automobilista al SERVITO, ecc… sotto pena di sanzioni economiche in caso di inadempienze.

Nell’ambito della contrattualistica, specialmente nei contratti d’appalto di servizi, la complessità e discrezionalità delle clausole inserite generano uno squilibrio che favorisce il committente (compagnia petrolifera o propietario dell’impianto) a discapito dell’appaltatore. Abbiamo riassunto qui solo alcuni dei punti principali che differenziano i contratti, traendo spunto da un documento di elaborazione sindacale, ma l’enorme disparità tra le parti emerge in modo marcato quando si analizzano le condizioni dettagliate e le norme rigide imposte agli appaltatori.

Da un lato, i contratti di appalto impongono una serie di requisiti e responsabilità a carico dell’appaltatore, la mancata osservanza anche di una minima parte di questi obblighi comporta la sospensione dei pagamenti o addirittura la risoluzione del contratto.

D’altro canto, le norme contrattuali possono riservare al committente il diritto di richiedere qualsiasi condizione  in quanto il committente può apportare modifiche unilaterali del contratto in qualsiasi momento. Nell’ultimo  Addendum da noi visionato è presente persino una clausola che in caso di cambio d’appalto, l’appaltatore è tenuto a favorire il subentro senza interruzioni, pena sanzioni economiche.

Ciò che emerge, in definitiva, da questo quadro è una condizione che, più che tutelare entrambe le parti,  consolida una posizione di totale controllo da parte della compagnia petrolifera o del propietario committente, lasciando l’appaltatore in una condizione di subordinazione  assoluta. In un contesto che dovrebbe rispettare i principi moderni di equità e trasparenza, queste pratiche appaiono come un ritorno a dinamiche di squilibrio difficilmente sostenibili, che richiederebbero una revisione per una maggiore bilanciamento dei poteri.

L’introduzione dei contratti di appalto e partecipazione solleva inevitabilmente numerosi dubbi tra gli operatori del settore ed è la principale forma di criticità nei rapporti tra aziende petrolifere e  associazioni di categoria. Questi contratti, a differenza del contratto di comodato, riducono l’autonomia del gestore e comportano un significativo abbassamento dei diritti e delle tutele previste dalle normative speciali che regolamentano il settore. La maggiore incertezza in merito alla durata contrattuale, la mancnaza di contrattazione collettiva sui margini, la mancanza di tutele in caso di rescissione e la mancanza di tutele sindacali in generale rendono i contratti di appalto il male assoluto della categoria. 

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Tony
Tony
1 mese fa

Io non ci capisco niente piu’
Con il crollo delle vendite,come potete applicare questi sconti con tutte le incombenze che porta una stazione di servizio roba da macello !!!!
Stiamo diventati gli zimbelli dell’intera categoria

SALVATORE
SALVATORE
1 mese fa

Qui siamo arrivati al punto che non si puo più parlare di un nuovo contratto di lavoro di riforma del settore, ma quale riforma qui si sta parlando di Servilismo non vogliono più gestori ma degli Schiavi questa è la realtà, e faccio fatica ad immaginare una condizione diversa da questa,questi Signori delle compagnie non vogliono persone ma solo dei servi senza diritti e dignità, con a capo un Dominus cosi chiamato nel medioevo colui che era il responsabile di quei poveri cristi che lavoravano come schiavi!!!! e se si parte con queste basi non ci si puo nemmeno sedersi a trattare discutere di riforma , e mi auguro che non si acetti nulla di tutto questo in quanto sono richieste inaccettabili e non degne di un paese evoluto????

Tony
Tony
1 mese fa

Su Ansa motori hanno scritto che forse e’ in programma 1 sciopero dei benzinai dal 14 novembre ,adesso tutti a fare il pieno……….