
“A far data da oggi abbiamo dovuto chiudere, nostro malgrado, l’impianto di carburanti Europam di corso Marconi 19.” Questo il laconico messaggio lasciato dai Gestori sopra la macchinetta self-service dello storico distributore di benzina di corso Marconi, a Torino. Dal 3 gennaio, gli abitanti di San Salvario si sono ritrovati senza uno dei pochi punti strategici in cui rifornirsi, un segnale del progressivo smantellamento del tessuto locale dei Gestori tradizionali.
La chiusura dello storico impianto, con un gestore presente durante le ore diurne, non è un caso isolato. Secondo quanto emerso interpellando la Faib Confesercenti, la compagnia Europam ha revocato il contratto di comodato al gestore dopo i primi sei anni di un contratto che aveva durata “6+6”, proponendo al suo posto una gestione più precaria, basata su appalti rinnovabili di anno in anno. Non solo: tra le ipotesi più drastiche, l’impianto potrebbe riaprire esclusivamente in modalità self-service, eliminando del tutto la figura del gestore e trasformando un servizio di prossimità in un’operazione impersonale e automatizzata.
Quanto accaduto in corso Marconi è emblematico di una tendenza preoccupante: alcune compagnie petrolifere stanno optando per una “razionalizzazione” che, in realtà, precarizza il lavoro e desertifica il territorio. Contratti brevi, rinnovabili anno per anno, lasciano i Gestori in balia di un sistema che elimina ogni forma di stabilità lavorativa e riduce il rapporto fiduciario con i clienti.
Questa dinamica colpisce non solo i Gestori ma anche gli utenti, costretti a rifornirsi in impianti automatici, privi di assistenza e spesso meno sicuri. La “selfizzazione” forzata, infatti, trasferisce sui consumatori ogni responsabilità, rendendo il rifornimento più complesso per anziani, persone meno avvezze alla tecnologia o semplicemente per chi si trova in situazioni di emergenza.
Il quartiere San Salvario è uno specchio di ciò che accade in molte altre zone d’Italia: progressivamente, i distributori di benzina vengono chiusi o convertiti in impianti automatizzati, lasciando interi quartieri senza un servizio essenziale. Solo corso Massimo d’Azeglio conserva alcuni punti di rifornimento, ma anche qui si assiste a una progressiva riduzione degli impianti, con chiusure che segnano la fine di un’epoca.
Laddove un tempo c’erano Gestori pronti ad aiutare e garantire il funzionamento delle strutture, ora rimangono macchinette che, per quanto dotate di monitor con video di personaggi famosi – come da ultimo il comico Paolo Cevoli – , non possono certo sostituire l’assistenza umana, né garantire la sicurezza o il supporto in caso di problemi.
A peggiorare la situazione, il disegno di legge della riforma Urso, attualmente sepolto nelle remore di un governo di cui sono rimaste solo promesse e provvedimenti inutili come quello del prezzo medio regionale bocciato dalla corte costituzionale . Ed il timore è che tali misure, anziché sostenere i Gestori, accelerino la chiusura degli impianti tradizionali a favore di un modello completamente automatizzato, eliminando i piccoli operatori e lasciando il mercato in mano alle grandi compagnie.
La “selfizzazione” e la precarizzazione dei contratti rappresentano due facce della stessa medaglia: una strategia volta a ridurre autonomia imprenditoriale e massimizzare i profitti delle compagnie petrolifere, a scapito dei lavoratori, dei consumatori e del territorio. Il caso del distributore di corso Marconi è solo l’ultimo di una lunga serie e rischia di diventare la norma se non si interviene tempestivamente.
La razionalizzazione non può significare abbandonare la prossimità, il lavoro stabile e la sicurezza per una mera logica di automazione e profitto. È necessario ripensare il modello di gestione delle stazioni di servizio, con politiche che tutelino i lavoratori, preservino il ruolo dei Gestori e garantiscano un servizio di qualità ai cittadini. Altrimenti, il prezzo di questa “modernizzazione” sarà pagato sia del punto di vista sociale ed anche economico da tutti, e non solo al distributore.
E La Faib Confesercenti non ha saputo dare indicazioni al gestore che esistono sentenze che hanno condannato queste società per la revoca anticipata del contratto?