Faib, Fegica e Figisc hanno proclamato lo stato di agitazione per protestare contro l’aumento degli adempimenti amministrativi e fiscali. In una lettera inviata ai sottosegretari all’Economia Massimo Bitonci e Alessio Mattia Villarosa, e per conoscenza ai presidenti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato, le associazioni espongono le criticità del settore per quanto riguarda fatturazione elettronica, commissioni bancarie e, in particolare, l’obbligo alla trasmissione telematica dei corrispettivi.
Di seguito riportiamo copia integrale della lettera a firma dei presidenti Martino Landi, Roberto Di Vincenzo e Bruno Bearzi/Stefano Cantarelli
Egregi Onorevoli,
le scriventi Federazioni, loro malgrado, si vedono costrette a prendere atto che, nonostante gli impegni pubblicamente assunti ormai molti mesi fa’ e la conseguente apertura di credito politico in quel momento offerta, il confronto e l’iniziativa preannunciata sui temi sollevati dalla categoria sono rimasti, di fatto, lettera morta.
A cominciare in particolare, dal colossale onere letteralmente rovesciato sulle microimprese dei Gestori dall’introduzione degli obblighi sulla fatturazione elettronica.
Un onere che non ha alcuna possibilità di essere minimamente confrontato con nessuna altra categoria del Paese e che, nei soli primi cinque mesi di quest’anno, vale già decine di milioni di fatture (partendo da zero) da emettere, controllare, seguire e amministrare, oltre la sterminata opera di “consulenza fiscale” che i Gestori, spesso letteralmente in mezzo alla strada, hanno dovuto garantire gratuitamente ad una platea sconfinata di “partite IVA”, supplendo all’inadeguata informazione offerta dall’Amministrazione.
Senza contare, infine, il fatto che i Gestori sono stati letteralmente abbandonati alle pretese economiche imposte dai numerosi venditori di programmi ed applicazioni di ogni tipo che stanno lucrando decine di milioni di euro in ragione di anno, anche per effetto del combinato disposto dato dagli obblighi di legge imposti e dalle sostanzialmente inservibili “soluzioni tecnologiche gratuite”, che pure la stessa Amministrazione avrebbe dovuto mettere “a disposizione”.
Un costo straordinario ed aggiuntivo che compagnie petrolifere e retisti indipendenti -con cui pure inopinatamente l’Amministrazione ha concordato termini e condizioni di obblighi normativi che pure sono ricaduti solo sui Gestori- non intendono in nessun modo riconoscere ai medesimi Gestori, continuando a rendersi indisponibili a negoziare gli Accordi collettivi che pure la legge imporrebbe loro, a tutela delle microimprese di gestione ad essi collegate da un conclamato
rapporto di dipendenza economica.
Ad oggi, in patente violazione della legge e senza che l’Amministrazione abbia neanche minimamente accennato ad intervenire secondo le proprie prerogative, oltre l’87% per cento dei 23.000 punti vendita italiani sono in mano a titolari che non hanno mai sottoscritto o si rifiutano di rinnovare ed adeguare Accordi collettivi scaduti in alcuni casi da 14 anni!
Sul tema del credito d’imposta a favore dei Gestori introdotto con la legge finanziaria del dicembre 2017 a parziale compensazione dell’aumento dei costi sulle transazioni effettuate con carte di pagamento elettroniche, sarà poi bene appena accennare al fatto che, nonostante gli impegni assunti, l’Amministrazione non abbia ancora trovato il modo di impedire che il sistema bancario si appropri del beneficio riconosciuto ai Gestori attraverso l’aumento del livello delle commissioni imposte praticato fin dall’entrata in vigore del provvedimento di legge del 2017.
Con ciò, di fatto, autorizzando il passaggio ingiustificato di decine di milioni di euro di denaro pubblico direttamente nelle tasche delle banche e delle società che emettono e gestiscono carte di credito e di debito.
Ed ora, queste vicende si stanno ripetendo interamente con la questione che riguarda l’obbligo alla trasmissione telematica dei corrispettivi (ex d.lgs. 127/2015).
Un confuso, astruso e inestricabile sistema di obblighi ancora una volta imposto ai Gestori ma concordato, non si capisce a quali titolo, con compagnie petrolifere e retisti privati, che è destinato a scaricare nuovi ed ulteriori oneri amministrativi ed economici alle microimprese di gestione e ad ingrassare i produttori di hardware e software che già brindano ai nuovi successi.
Il tutto, come già in precedenza, in nome di una pretesa ed al momento drammaticamente perdente lotta all’illegalità che, in questo modo, colpisce i Gestori da due parti: da quella dei criminali, finora del tutto indisturbati, e pure da quella dello Stato che, al contrario, i Gestori avrebbe il dovere di difenderli.
Si tratta, è bene chiarirlo, di un obbligo che si vorrebbe imporre ai Gestori in nome di una vera e propria deroga del tutto iniqua alla regola generale.
Come è noto, infatti, dal medesimo obbligo sono esclusi tutti gli operatori soggetti ad aggio o a ricavo fisso (DPR n.633/72), come tabaccai e giornalai.
Si può ben dire, a questo punto, che la misura è colma!
Nel proclamare lo stato di agitazione della categoria e nel richiedere un incontro urgente presso il Ministero -oltreché a tutti i Gruppi parlamentari che, non a caso, ci leggono per opportuna conoscenza- le scriventi Federazioni intendono anticipare che, ove non fossero assunti impegni istituzionali formali e sottoscritti volti a reintegrare anche i benzinai nella lista che già vede
giustamente esclusi dai provvedimenti citati tabaccai e giornalai, formalizzeranno senza ulteriori
comunicazioni tutte le iniziative ritenute utili a tutelare i legittimi interessi della categoria, al
momento ingiustamente violati.
A cominciare dalla proclamazione dello sciopero generale già per il mese di giugno e dal ricorrere in tutte le sedi, anche giudiziali, ritenute competenti.
sui margini però quelli no…..li avete firmati per noi nuovi poveri….che siate maledetti