IERI L’ANTITRUST, OGGI L’AGENZIA DELLE ENTRATE. DUE SOGGETTI CON LO STESSO TEOREMA E LO STESSO OBIETTIVO: DISTRUGGERE LA CATEGORIA DEI GESTORI. UNA MORTE ANNUNCIATA ALLA QUALE NON POSSIAMO ASSISTERE IN SILENZIO.
DOBBIAMO TROVARE LA FORZA, LA CAPACITA’ E L’UNITA’ PER OPPORCI. PER RIBELLARCI.
Il 14 ottobre del 1999 -giusto 20 anni fa’- l’Antitrust, con un comunicato, dava conto dell’apertura della prima istruttoria contro il settore petrolifero, con l’obiettivo di “aprire il mercato” e mettere fine alle “intese verticali” (mai giudizialmente dimostrate) rappresentate dagli Accordi economici sottoscritti fra l’Industria Petrolifera e le Organizzazioni di Categoria dei Gestori.
Con un obiettivo più o meno dichiarato: interrompere un’esperienza che aveva dato, per la Categoria, notevoli frutti. Normativi ed economici.
Abbiamo scritto molte volte che, quello messo in piedi dall’Agcm era un teorema privo di fondamento, che serviva a dimostrare una tesi “precostituita” che poteva al massimo- soddisfare la curiosità intellettuale di chi, per ruolo, si limitava a guardare il mondo attraverso una lente d’ingrandimento che, focalizzando il particolare, lo faceva assurgere a generale, sfocando i contorni delle cose. Dei problemi veri della gente. Dei lavoratori.
La Storia e gli accadimenti succedutisi nel tempo, ci hanno dato ragione.
Ma, avere ragione non è sufficiente a ripristinare lo “status quo ante” e, obiettivamente, a noi non interessa che questo merito ci venga riconosciuto (ammesso che qualcuno abbia l’umiltà per farlo) perchè non avevamo e non abbiamo tesi precostituite da difendere. Né potere da esercitare.
Se avessimo il “coraggio” di riflettere insieme, con onestà intellettuale, ci accorgeremmo che, al momento dell’apertura dell’Istruttoria, in Italia c’erano 9 compagnie Petrolifere, integrate nella filiera (Agip/api/Ip/Erg/Esso/Fina/Kuwait/Shell/Tamoil), tutte rappresentate dall’Unione Petrolifera che -come avviene per i contratti di lavoro- negoziava per conto delle Aziende “i margini” dei Gestori. Le compagnie rappresentavano oltre il 75% dell’erogato italiano: i retisti -tutti convenzionati- il 25%. Oggi, il rapporto di forza si è invertito: le compagnie rimaste in Italia sono quattro (eni, ip, Q8 e Tamoil) ed i retisti ( o i loro epigoni disinvolti) la fanno da padroni. Prima c’erano i contratti stabiliti per Legge e gli Accordi economici a tutelare la parte più debole della filiera, i Gestori, che, lo ricordiamo sono obbligati all’acquisto in esclusiva; oggi continuano ad esserci i contratti ma, sopratutto i retisti (anche se Tamoil non è da meno), se ne infischiano, non li applicano, forti del disinteresse della Pubblica Amministrazione che volge, sempre più spesso, la testa dall’altra parte (quando non arriva a teorizzare che gli accordi individuali sono meglio di quelli collettivi). Per fa valere i propri diritti, quindi, i Gestori devono rivolgersi al Magistrato (con i costi e l’aleatorietà del caso).
Esistono miglia di impianti abbandonati dai Gestori che non riescono più a quadrare i conti con i margini di fame che vengono pagati: impianti che non si chiudono ma che vengono affidati con contratti di Appalto (evoluti o meno), di guardiania, di servizio, ecc. agli stessi Gestori espulsi dal sistema ovvero a soggetti ancor più “disperati” -comunitari o meno che siano (per la distinzione non esiste)-, disposti a stare 16 ore al giorno su un impianto per 800,00 €/mese.
Prima non c’era illegalità e l’Erario incassava quello che era giusto che incassasse; oggi l’illegalità sfiora il 20% dell’erogato italiano arricchendo alcuni retisti (ed ex gipiellisti) disinvolti e garantendo un pascolo alla criminalità organizzata.
Ecco, questo è il risultato dell’applicazione del teorema (certo costruito in buona fede, in nome di una concorrenza che non si è, però, mai affacciata nel settore).
Oggi il ricavo industriale lordo delle Aziende che improntano i propri prezzi al Platt’s, sono più o meno uguali a quelli che emergevano 20 anni fa’. Con una differenza, però: allora il prezzo al pubblico preso a riferimento era per un prodotto distribuito in modalità servita; oggi per un prodotto distribuito in Self. Il risultato fantasmagorico che abbiamo ottenuto in venti anni, è quello di far scendere l’automobilista dalla vettura, fare rifornimento da sé e pagare al titolare dell’impianto (non al Gestore) lo stesso “ricavo industriale che avrebbe pagato 20 anni fa’ per ottenere un servizio. Di qualità. Il Gestore, proprio in nome degli “sconti” ha visto, invece, eroso il suo margine del 35%. Potenza della capacità di solleticare illusioni. Potenza della comunicazione di chi ha sempre sostenuto che senza vincoli i prezzi sarebbero scesi! Ed ora, cosa hanno da dire al cospetto di una Categoria “massacrata” in nome del superiore interesse di un teorema professorale?
Potremmo continuare e dimostrare che il risultato conseguito dall’Agcm è esattamente opposto a quello che si prefiggeva di raggiungere. Forse anche per il disinteresse della Pubblica Amministrazione che si è accontentata della “vulgata” della diminuzione della “tensione sui prezzi” (che ha fatto la fortuna anche di qualche giornalista).
Passata -con i guasti ricordati- la stagione dell’Antitrust, oggi c’è un altro soggetto che si esercita nei confronti della nostra Categoria: l’Agenzia delle Entrate, braccio esecutivo del Mef e suggeritore di tutti i provvedimenti che sono caduti e sono in procinto di cadere sui Gestori. E, mentre l’Antitrust si muoveva immaginando che ci fosse limitazione della concorrenza, oggi l’Agenzia delle Entrate, con i provvedimenti contro i Gestori, immagina di sconfiggere l’illegalità. Altro teorema! Dopo la fattura elettronica -un disastro per nostra Categoria- ecco arrivare i corrispettivi -anch’essi elettronici- che, da subito, devono essere comunicati, giornalmente, con il Registratore di Cassa Telematico per chi supera i 400.000,00 €uro di fatturato/anno ed ha ricavi per merci diverse (spazzole, lavaggi, caramelle, ecc.) e dal 1/1/2020, da tutti.
Ovviamente i Gestori sono tutti obbligati, considerato che un fatturato di 400.000, €/anno, corrisponde ad una vendita di 258.000 lt/anno (a prezzo medio di €/lt. 1,55) al netto di una “depenalizzazione delle sanzioni” per sei mesi.
A nulla vale l’invito a ragionare sulle cose e spiegare che il prezzo sui carburanti è gravato dal 65% di tasse, che non è riscontrabile in nessun altro settore merceologico; la risposta è che “questa: è la norma”, chiedete alla politica di cambiarla.
Stesso discorso per i corrispettivi sui carburanti che dovranno essere trasmessi, dal 1/1/2020, giornalmente, all’Agenzia delle Entrate.
Inutile dire che nonostante le Organizzazioni di Categoria abbiano rappresentato che i “benzinai” sono, in larga parte in contabilità semplificata ed in regime Iva trimestrale (per effetto della norma generale che definisce il volume d’affari del Gestore su quanto in cassato al netto del prezzo corrisposto al fornitore (cioè solo il margine), si sono trovate di fronte ad un muro: contro la inintelligente applicazione di una norma “folle” non c’è niente da fare.
Ma non basta.
A tali provvedimenti si aggiungerà, ad inizio anno nuovo, anche il Das elettronico che dovrà essere validato -prima dello scarico- attraverso un collegamento con l’Agenzia delle Entrate (sempre che non cambino di nuovo).
Insomma un vero e proprio accanimento punitivo nei confronti di una Categoria che già oggi è controllata in ogni movimento.
Come se non bastasse, la fatturazione elettronica ha introdotto un’altra stortura per chi sta in contabilità semplificata.
Così come la Fegica ha denunciato a dicembre, delle fattura relative ai carichi di dicembre consegnate nel cassetto fiscale del Gestore a gennaio (e regolarmente pagate) non è stato possibile detrarre l’Iva già versata al fornitore di carburante (compensata a maggio). Non basta. Poiché quelle fatture, per il fisco, sono relative all’anno di imposta 2019 il loro costo non può essere abbattuto nell’anno di imposta 2018.
In altre parole se il Gestore ha registrato, alla fine del 2018, corrispettivi per 40.000,00 e non ha potuto detrarsi le fatture d’acquisto relative agli ultimi giorni del 2018, quei 40.000,00 €uro andranno ad incrementare il suo reddito. Cioè il Gestore dovrà pure pagarci le tasse sopra (compensandole l’anno dopo, nel quale sarà chiamato a giustificare la diminuzione del reddito).
Ed ancora: con la sostituzione degli studi di settore con l’ISA (Indice di affidabilità fiscale), i Gestori andranno -quasi tutti- sotto verifica: come potranno mai giustificare il fatto che, a fronte di un fatturato (così come è scritto su un “rigo” del modello per la dichiarazione dei redditi -secondo l’AE-) di 1,5 milioni di €uro (1 milione di litri), denunceranno ricavi lordi per 25.000,00 €uro?
Dovranno giustificarsi? Dovranno ricorrere alle Commissioni? Altri costi (pensate solo al registratore di cassa Telematico o all’intermediario che inoltrerà i corrispettivi giornalieri).
I Gestori, in altre parole, sono diventati 25.000 agenti della Guardia di Finanza, cui lo Stato demanda incombenze che non trovano altre possibilità di essere svolte, che controllano -gratuitamente- la regolarità dei contribuenti.
Sembrerebbe una follia ma è la triste realtà. Ma su questi aspetti che toccano la carne viva dei Gestori, l’Agenzia delle Entrate continua a tacere ed a giocherellare fra la sua possibilità di interpretare la norma e la sua capacità di proporre -alla Politica-correzioni normative -nel momento in cui nascono i provvedimenti- che potrebbe mettere fine a manifeste storture a danno di (guarda caso) una sola Categoria. Ma, quando si tratta di far fruire ai Gestori il “credito di imposta” per il 50% degli oneri relativi alle transazioni con le “carte di credito”, allora arrivano le interpretazioni (per non dare un vantaggio competitivo ai Gestori) e finanche l’introduzione di un emendamento che cambia la norma.
E, questa, la chiamano neutralità dell’Amministrazione. Terzietà verso i provvedimenti che interessano tutte le Categorie……….Sarà?????????
A monte, questi provvedimenti assunti in nome dell’illegalità -deve essere chiaro- non servono a contrastare quelle sacche di malaffare che esistono e persistono e finanche si fanno beffe di chi, come i Gestori, è costretto a combattere contro una “burocrazia” ottusa che si rifiuta di prendere atto che il problema non è la parte finale della filiera ma chi sta a monte. Chi rimesta nelle pieghe della norma. Chi ha la sede legale in paradisi fiscali o in Paesi d’Europa molto tolleranti (pecunia non olet). Chi importa senza chiedersi la provenienza. Chi contrabbanda basi di oli lubrificanti e, poi, le “lava” per farli diventare qualcosa simile al Gasolio. Chi acquista attraverso broker “chiacchierati” o da raffinerie dell’est europeo che dovrebbero produrre dieci volte quelle che è la capacità di raffinazione nominale. Chi acquista intere flotte di autotreni nuovi per riempirle di prodotto da rivendere sulla rete -magari no logo- (realizzate grazie all’Agcm). Chi non si fa’ scrupoli di dove andranno a finire i quattrini utilizzati per gli acquisti (dalle armi alle droga senza passare dal via). Chi ha accumulato “fortune” ed oggi acquista impianti a prezzi che fino a t r e anni fa’ sembrano fuori dal mondo. Nonostante il mercato -così raccontano- sia in crisi e non si trovano due spiccioli per i Gestori. Chi importa tutta quello che trova senza controlli (nemmeno qualitativi -altro che biodiesel), acquistandolo dove è possibile e senza che il prezzo praticato al pubblico accenda una lampadina. Ma davvero questi soggetti saranno frenati o ridimensionati, come immagina l’Agenzia delle Entrate, dall’obbligo per i Gestori di emettere (o ricevere) la fattura elettronico, lo scontrino telematico o i DAS elettronici pre-verificati allo scarico? Suvvia, siamo seri: questi provvedimenti, lo sappiano o non lo sappiano, all’Agenzia delle Entrate, finiscono solo per aiutare chi non si fa’ scrupoli e vive ai margini della norma. Cosa può essere imputato ad una Categoria che fa’ il proprio lavoro per 12 ore al giorno e per la quale si fa’ fatica a far rispettare le tutele previste dalla Legge o che, troppo spesso, paga con la vita la difesa di quell’incasso fatto di imposte e tasse che rappresenta il “malloppo” per scaricare domani. Insomma, un percorso che viene da lontano: se ieri si chiamava Antitrust (che non ha mai smesso di “perseguitare” il nostro settore), oggi si chiama Agenzia delle Entrate.
Un Giano bifronte: due faccia della stessa medaglia che hanno come obiettivo quello di spazzare la nostra Categoria. Ed avere ragione fra venti anni non avrà più senso, perché anche la Categoria non ci sarà più.
a breve andrò a far parte di quella flotta che attingerà dal reddito di cittadinanza (eufeismo). questo paese è diventato schiavista nei confronti di chi cerca di sbarcare il lunario onestamente premiando chi delinque. quelle sopra sono solo chiacchiere da bar oramai è tardi. statemi bene