La frase più gettonata in era pandemica è solo una: uscire il meno possibile. Chi può deve lavorare da casa, gli studenti non vanno a scuola e le mamme e i papà non devono accompagnarli o andare a riprendere, non si va in palestra o al ristorante. Insomma, l’utilizzo della macchina è ridotto al minimo da più o meno un anno.
Ma in tutto ciò, i distributori di benzina come fanno ad andare avanti? Facile, anzi difficile: per loro la «situazione è drammatica ma nessuno ne parla mai», come denunciano a più riprese gli addetti ai lavori. «Solo in questi primi mesi dell’anno ho registrato un crollo dell’80 per cento – dice un preoccupato Ismaili Fatmiri, titolare del distributore Eni di viale Bornata -. Ormai la mia clientela è ridotta a dipendenti aziendali con carta Eni ma se prima del Covid erano almeno tre i pieni a settimana ora ne fanno al massimo uno.
La notte siamo costretti a tenere attivo il self service per i mezzi di soccorso e le forze dell’ordine, ma non è detto che vengano da me. Il risultato? I costi sono rimasti invariati ma il guadagno rasenta lo zero e più si va avanti e peggio è. Se non finisce presto questa emergenza sarà la fine per molti di noi». Tanti sono sull’orlo del fallimento, specialmente chi non può contare su un autolavaggio o chi si trova in piccoli paesi o in zone isolate. «Mi ritengo fortunato perché sono in uno dei quartieri più belli di Brescia e di passaggio – ammette Michel Biondi, Esso di viale Bornata – Ma nonostante tutto nel 2020 ho fatturato circa 400 mila euro in meno rispetto all’anno precedente, una perdita del 40 per cento. E’ cambiato il modo di vivere e parzialmente sarà così anche dopo la pandemia: molte aziende manterranno lo smartworking. Non vedo clienti abituali da mesi, altri fanno rifornimenti minimi e c’è anche chi viene qui a lavare la macchina per poi venderla: una spesa in meno. Noi, nel frattempo, cerchiamo di resistere, di posticipare i pagamenti con i fornitori, ma è dura».
Per la categoria sono state riservate le tranche dei 600 euro e un solo ristoro del Governo Conte. Negati tutti gli altri perché considerati servizi essenziali e quindi aperti. Con il Decreto Sostegni di Draghi e il superamento del criterio dei codici Ateco possono farne richiesta. Ma non vale per tutti. «Ho perso circa 300mila euro lo scorso anno, ma il calo è stato “solo” del 26 per cento: per quattro punti percentuali non rientro nel decreto. Ma per me quei 4 punti significano perdite enormi. La situazione è davvero tragica, si fa fatica anche ad avere liquidità sufficiente ad acquistare il carburante.
Non mi sono fermato un solo giorno, nemmeno durante il primo lockdown – ricorda Cristian Frau dell’Ip di via Orzinuovi -, ma nessuna istituzione ha mai speso una parola per noi, facevamo fatica anche a recuperare le mascherine. Non so quanto potremmo ancora andare avanti». Perché nonostante il fatturato possa essere alto, in realtà i margini di guadagno sono risibili: dai 30 ai 50 millesimi di euro ogni litro erogato esclusi i costi di gestione. «Con il distributore si pagano le spese, il guadagno interviene se c’è un servizio lavaggio e prodotti in vendita», un discorso che ora vale poco, soprattutto se ci si avvale anche di dipendenti da stipendiare. «Le possibilità economiche sono diminuite, si cerca di spendere il meno possibile con rifornimenti anche di 5 euro», ribadisce Roberto Armogida, titolare di un distributore Ip di via Orzinuovi che nel 2020 ha registrato il 30 e il 40 per cento di fatturato. Non solo. «Ci sono giorni in cui trovo sfilze di pagamenti del valore di un euro, ma anche di 50 o 60 centesimi, su cui noi però paghiamo le spese di transizione: grazie al cashback», denuncia Cristian Frau.
Fonte: Brescia Oggi
CERTI COLLEGHI HANNO PRESO IL RISTORO X 4 VOLTE IL LORO GUADAGNO SENZA COVID