Il testo approvato il 19 marzo 2021 prevede un sistema differente rispetto alle precedenti edizioni dei ristori in favore delle partite IVA. Quel che ne risulta è però un aiuto che riesce a sopperire in maniera minima al calo registrato.
Per calcolare l’importo del contributo spettante, sarà necessario confrontare il fatturato medio mensile del 2020 rispetto allo stesso dato del 2019, ed applicare le percentuali previste dal decreto Sostegni, dal 20 al 60 per cento.
All’atto pratico, appurato che la perdita di volume d’affari nel 2020 è stata pari almeno al 30 per cento rispetto al 2019, e una volta verificato di non superare il limite di 10 milioni di fatturato in relazione al 2019, per il calcolo del contributo a fondo perduto bisognerà tener conto della perdita media mensile subita.
Una volta determinato il calo complessivo subito nel 2020 rispetto al 2019, sarà quindi necessario suddividere il risultato per 12. L’importo della perdita media mensile è la base sulla quale applicare la percentuale di contributo a fondo perduto fissata dal decreto Sostegno, in relazione allo “scaglione” dimensionale in cui ci si colloca.
L’ammontare del contributo a fondo perduto deve essere calcolato in misura pari all’importo ottenuto applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 e l’ammontare medio mensile di fatturato e corrispettivi del 2019.
Il calcolo basato sulla perdita media mensile è stato introdotto al fine di evitare sperequazioni in merito all’importo spettante, alla luce delle differenti misure restrittive previste su base regionale e alla stagionalità delle singole attività.
Prima di fornire alcuni esempi pratici su come calcolare l’importo del fondo perduto previsto dal decreto Sostegni, è bene fornire un riepilogo dei parametri d’accesso e delle percentuali di ristoro fissate dal provvedimento.
Il comunicato stampa diramato a margine del Consiglio dei Ministri del 19 marzo 2021 conferma la suddivisione dei beneficiari in cinque classi, sulla base del valore di ricavi e compensi registrati nel 2019:
60 per cento per i soggetti con ricavi e compensi non superiori a 100.000 euro;
50 per cento per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 100.000 euro e fino a 400.000 euro;
40 per cento per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 400.000 euro e fino a 1 milione di euro;
30 per cento per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro;
20 per cento per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro.
Per il calcolo della media mensile, i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019 dovranno considerare i mesi successivi a quello di attivazione della stessa.
Per le startup, ossia per le partite IVA attive dal 1° gennaio 2020, l’importo riconosciuto ammonta a 1.000 euro per le persone fisiche e 2.000 euro per i soggetti diversi. In ogni caso, l’importo massimo spettante non può superare i 150.000 euro.
Sono queste le regole da considerare per calcolare l’entità del sostegno riconosciuto dallo Stato alle partite IVA danneggiate dalla crisi da Covid-19 e che hanno risentito delle restrizioni imposte per ridurre i contagi.
Accedono ai nuovi contributi a fondo perduto le partite IVA che hanno registrato una perdita media di fatturato mensile nel 2020 rispetto al 2019 pari almeno al 30 per cento. Parametro che non dovrà essere considerato per le attività avviate dal 1° gennaio 2019.
Di contro, restano fuori dal nuovo strumento di sostegno i soggetti che cesseranno o avvieranno l’attività dopo la data di entrata in vigore del decreto, gli enti pubblici e gli intermediari finanziari e le società di partecipazione di cui all’articolo 162-bis del TUIR.
Due esempi pratici di calcolo del fondo.
Prendiamo quindi due diverse casistiche, per fornire un esempio pratico delle regole di calcolo dei nuovi contributi a fondo perduto.
Il primo esempio riguarda un titolare di partita IVA che nel 2019 ha registrato un totale di fatturato pari a 60.000 euro, ridotto a 30.000 euro nel 2020.
La differenza complessiva di fatturato ammonta a 30.000 euro, superando quindi lo “scoglio” della perdita minima del 30 per cento prevista dal decreto Sostegni.
Prima di applicare la percentuale di fondo perduto prevista per la propria classe di ricavi e compensi, bisognerà suddividere il dato della perdita totale di fatturato per i 12 mesi dell’anno.
La perdita media mensile registrata nel 2020 rispetto al 2019 è pari in questa fattispecie a 2.500 euro.
Applicando la percentuale di fondo perduto spettante (60 per cento) alla perdita media mensile (2.500 euro), l’importo spettante che ne risulta ammonta a 1.500 euro.
Prendiamo come secondo esempio un’attività che si colloca, invece, nella fascia di ricavi e compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro, con percentuale di fondo perduto spettante pari al 30 per cento della perdita media mensile.
Una partita IVA con fatturato totale nel 2019 di 2 milioni di euro, e di 1,2 milioni di euro nel 2020, percepirà un contributo a fondo perduto pari a 20.000 euro, considerando che il totale della perdita registrata è pari a 800.000 euro e che la media mensile della stessa è di 66.667 euro circa.
Quel che appare evidente, sulla base dei due esempi sopra riportati, è che gli ulteriori 11 miliardi di risorse stanziati per i nuovi contributi a fondo perduto non riusciranno a compensare in misura rilevante il danno economico causato dalla pandemia.
Quindi non andrà considerata la circolare 15/E del 2020 che individuava la fascia di appartenenza in base all’importo al netto del prezzo corrisposto al fornitore? Perché secondo quella circolare sarebbe il doppio (tra 0 e 100000, quindi 60 per cento).